Lunedì, 20 Novembre 2023

SKYSCRAPER-02: migliorare l’efficacia della terapia del microcitoma polmonare rimane una sfida difficile.

A cura di Massimo Di Maio

Lo studio SKYSCRAPER-02 ha tentato di migliorare l’efficacia del trattamento di prima linea del microcitoma polmonare avanzato, aggiungendo il tiragolumab alla combinazione di chemioterapia e atezolizumab. I risultati, purtroppo, sono negativi e allungano la lista degli insuccessi sperimentali in questa neoplasia.

Rudin CM, Liu SV, Soo RA, Lu S, Hong MH, Lee JS, Bryl M, Dumoulin DW, Rittmeyer A, Chiu CH, Ozyilkan O, Johnson M, Navarro A, Novello S, Ozawa Y, Tam SH, Patil NS, Wen X, Huang M, Hoang T, Meng R, Reck M. SKYSCRAPER-02: Tiragolumab in Combination With Atezolizumab Plus Chemotherapy in Untreated Extensive-Stage Small-Cell Lung Cancer. J Clin Oncol. 2023 Nov 17:JCO2301363. doi: 10.1200/JCO.23.01363. Epub ahead of print. PMID: 37976444.

Il trattamento standard del microcitoma polmonare avanzato ha visto l’introduzione, negli ultimi anni, degli immune checkpoint inhibitors in aggiunta alla chemioterapia con platino, sulla base dei risultati di studi di combinazione chemio-immuno che hanno documentato un vantaggio in sopravvivenza globale rispetto alla chemioterapia da sola. Peraltro, la necessità di identificare trattamenti maggiormente efficaci rimane urgente, in quanto anche nei casi rispondenti il beneficio clinico molto difficilmente è di lunga durata (https://www.oncotwitting.it/patologia-polmonare/immunoterapia-quale-chance-di-controllo-di-malattia-a-lungo-termine-nel-microcitoma).

L’immunorecettore delle cellule T con domini Ig e ITIM (TIGIT) è un nuovo checkpoint immunitario inibitorio espresso sui linfociti T attivati e le cellule NK in numerosi tumori, che si lega con elevata affinità al CD155. Il checkpoint TIGIT è iperespresso nel microambiente di molti tumori umani, è coespresso con PD-1, in particolare sui linfociti infiltranti il tumore (TIL).

Tiragolumab è un anticorpo monoclonale anti-TIGIT con una regione Fc intatta, che blocca il legame del TIGIT con il CD155. In studi preclinici, l’inibizione di entrambi i checkpoint TIGIT e PD-1 ha portato ad una risposta immunitaria antitumorale sinergica ed efficace. Pertanto, è stato ipotizzato che il tiragolumab possa potenziare la risposta immunitaria antitumorale degli immune checkpoint inhibitors anti-PD1 e anti-PDL1 in pazienti con tumori con espressione di PD-L1.

Nell’ottica di potenziare il risultato ottenuto con l’immune checkpoint inhibitor in aggiunta alla chemioterapia, lo studio di fase III SKYSCRAPER-02 ha valutato l’efficacia dell’aggiunta del tiragolumab alla combinazione di carboplatino, etoposide ed atezolizumab.
I pazienti assegnati ad entrambi i bracci ricevevano chemioterapia con carboplatino ed etoposide per 4 cicli, e atezolizumab alla dose standard di 1200 mg ev. In aggiunta, i pazienti assegnati al braccio sperimentale ricevevano tiragolumab alla dose di 600 mg e i pazienti assegnati al braccio di controllo ricevevano placebo.

Endpoint primari dello studio erano la sopravvivenza libera da progressione (progression-free survival, PFS) e la sopravvivenza globale (overall survival, OS) nella popolazione di pazienti liberi da metastasi encefaliche (tale popolazione costituiva il cosiddetto “primary analysis set”). La valutazione dei medesimi endpoint in tutti i pazienti (inclusi quelli con metastasi encefaliche) rappresentava un endpoint secondario dello studio, come la risposta obiettiva e la tossicità del trattamento.

Lo studio ha visto la randomizzazione di 490 pazienti complessivi, dei quali 243 assegnati al braccio sperimentale e 247 assegnati al braccio di controllo.

Dopo un follow-up mediano pari a circa 14 mesi nel primary analysis set, l’analisi finale di PFS non ha evidenziato differenze statisticamente significative tra i bracci dello studio: nel dettaglio, la PFS mediana è risultata pari a 5.4 mesi nel braccio sperimentale e 5.6 mesi nel braccio di controllo, hazard ratio stratificato 1.11, p=0.35). Nel medesimo primary analysis set, anche l’analisi di sopravvivenza globale non ha evidenziato differenze significative tra i 2 bracci, con una OS mediana pari a 13,1 mesi in entrambi i bracci (Hazard Ratio stratificato 1.14, p=0.29).

I risultati di PFS e OS nel full analysis set (inclusi quindi i pazienti con metastasi encefaliche) sono simili a quelli ottenuti nel primary analysis set.

L’aggiunta del tiragolumab alla combinazione di chemioterapia e atezolizumab non ha comportato un incremento rilevante degli eventi avversi immuno-mediati, che si sono verificati nel 54.4% dei pazienti nel braccio sperimentale e nel 49.2% dei pazienti nel braccio di controllo, con una proporzione di eventi severi (di grado 3-4) pari rispettivamente al 7.9% e al 7.7%, e una proporzione di eventi avversi che hanno causato interruzione del trattamento pari rispettivamente all’8.4% e al 9.3%.

Purtroppo l’aggiunta del tiragolumab, a dispetto del razionale dello studio, non si è rivelata efficace. Il trattamento di prima linea del microcitoma avanzato rimane la combinazione di chemioterapia e immunoterapia.

Lo studio aveva incluso anche pazienti con metastasi cerebrali, che come noto rappresentano un’evenienza frequente nel microcitoma polmonare. Gli autori sottolineano che, nel caso di metastasi cerebrali asintomatiche, sia non trattate che pretrattate, la combinazione di chemioterapia e immunoterapia si conferma fattibile, come era emerso dalle analisi di sottogruppo degli studi che avevano valutato l’aggiunta dell’immunoterapia alla chemioterapia, in cui, sebbene sottorappresentati rispetto alla pratica clinica, erano inclusi alcuni pazienti con tali caratteristiche.

Saranno le analisi dei biomarker a “salvare” questo risultato negativo, identificando quali pazienti possono beneficiarsi dell’aggiunta del tiragolumab alla chemio-immunoterapia? Difficile dirlo. Al momento questo studio si aggiunge alla lista (lunghissima) di studi negativi in questo setting, e la terapia del microcitoma polmonare si conferma ostica nella pratica clinica e nella ricerca clinica.