Nel panorama della medicina di precisione, la possibilità di guidare le decisioni terapeutiche sulla base di profili genomici ha cambiato radicalmente l’oncologia. Ma quanto è affidabile una singola fonte di informazione molecolare? Il ROME trial, studio multicentrico di fase II, ha arruolato quasi 1800 pazienti con tumori solidi avanzati, proponendosi un obiettivo ambizioso: valutare il ruolo della profilazione molecolare nell’individuare alterazioni genomiche “actionable” e verificare il conseguente beneficio clinico della targeted therapy. Nell'attesa di leggere i risultati dello studio di cui è prossima la pubblicazione, un'analisi ancillare ha indagato in merito al ruolo predittivo della concordanza tra biopsia tissutale e biopsia liquida. Non si tratta solo di una questione tecnica, ma di un interrogativo clinico cruciale: il successo delle terapie target dipende dalla solidità della base diagnostica. È sufficiente affidarsi al tessuto? O è la biopsia liquida, più rapida e meno invasiva, a offrire la chiave? Oppure, la verità sta nella combinazione dei due approcci? La risposta non è scontata, perché tumore e microambiente evolvono, generando un mosaico di alterazioni che sfidano la capacità di cattura delle singole tecnologie. In questo contesto, il ROME trial ha cercato di chiarire se la concordanza fra metodiche possa trasformarsi in un predittore di efficacia terapeutica.
Botticelli A, et al. The Impact of Concordance Between Liquid and Tissue Biopsy for Actionable Mutations: Insights from the Rome Trial. Clin Cancer Res 2025; doi: 10.1158/1078-0432.CCR-25-0430.
La genomica oncologica ha dimostrato come l’identificazione di mutazioni driver possa orientare verso farmaci mirati, migliorando outcome e riducendo tossicità. La biopsia tissutale rimane lo standard per caratterizzazione istologica e molecolare, ma presenta limiti legati all’invasività, alla rappresentatività della sola sede campionata e all’impossibilità di monitorare in tempo reale l’evoluzione clonale. Al contrario, la biopsia liquida – basata sull’analisi del DNA tumorale circolante (ctDNA) – consente una valutazione dinamica, catturando informazioni da sedi metastatiche multiple, seppur con limiti di sensibilità in tumori scarsamente “sheddanti” e con maggiore variabilità tecnica.
Il ROME trial (NCT04591431) è uno studio prospettico, randomizzato, open-label, multicentrico, di fase II. Sono stati arruolati 1794 pazienti adulti con tumori solidi avanzati/metastatici in seconda o terza linea, ECOG PS 0–2, con adeguata funzione d’organo. Criteri di esclusione: metastasi encefaliche non controllate, malattie concomitanti severe, tumori esclusivamente ossei/encefalici. Tutti i pazienti hanno eseguito NGS su tessuto (FoundationOne CDx, 324 geni) e su plasma (FoundationOne Liquid CDx, 311 geni).
I dati genomici sono stati valutati da un Molecular Tumor Board (MTB) multidisciplinare, che ha discusso ogni caso settimanalmente. L’MTB stabiliva la presenza di alterazioni “actionable” e la loro priorità secondo la scala ESCAT ESMO. Nei casi eleggibili, i pazienti venivano randomizzati 1:1 a terapia a bersaglio molecolare/immunoterapia (Tailored Therapy, TT) vs standard of care (SoC) scelto dall’oncologo. I farmaci TT comprendevano agenti anti-HER2 (trastuzumab, lapatinib, T-DM1, pertuzumab, ecc.), anti-EGFR, anti-BRAF, ALK/ROS1/RET inhibitors, mTOR/PI3K inhibitors, checkpoint inhibitors e altri, forniti dalle aziende partner.
Sono stati definiti retrospettivamente tre sottogruppi:
L’endpoint di questa analisi esploratoria era valutare l’impatto della concordanza/discordanza sugli outcome clinici. Analisi statistiche: curve di Kaplan-Meier per OS e PFS, test del χ² per variabili categoriali, modelli di Cox proporzionali per HR e IC95%.
La concordanza fra biopsia liquida e tissutale è stata osservata nel 49.2% dei casi (197 pazienti). Alterazioni presenti solo nel tessuto: 34.8% (139 pazienti). Solo nel plasma: 16.0% (64 pazienti). Le principali fonti di discordanza: differenze biologiche (43%), high TMB rilevato in un solo test (35%), fallimenti tecnici (21%), mismatch MSI (1%).
T+L group (concordanti):
T only group:
L only group:
Analisi ulteriori hanno mostrato che la sopravvivenza era più favorevole nei pazienti con concordanza T+L anche considerando sottogruppi per numero di metastasi (≤2 vs >2) o frazioni di ctDNA (low vs high). La concordanza risultava più frequente nei pazienti con alta frazione tumorale circolante (62.4% vs 43%, p < 0.001).
Il ROME trial, prima di raccontare i risultati dello studio nella sua interezza (pubblicazione attesa fra non molto), fornisce un messaggio molto interessante: la concordanza fra biopsia tissutale e liquida è associata a un beneficio clinico superiore in termini di OS e PFS nei pazienti trattati con terapia target. Quando le due metodiche identificano la stessa alterazione actionable, l’affidabilità della scelta terapeutica aumenta, riflettendo probabilmente la presenza di driver biologici dominanti. Viceversa, l’affidarsi a una sola fonte di informazione – sia essa il tessuto o il plasma – riduce la forza predittiva e attenua il beneficio clinico. Il dato suggerisce che la doppia caratterizzazione genomica non è ridondante, ma complementare, e che il grado di concordanza potrebbe divenire un biomarcatore predittivo indipendente. Tuttavia, l’elevato tasso di fallimenti tecnici (~20% dei discordanti) e la limitata numerosità di alcuni sottogruppi impongono cautela: l'analisi è esploratoria, non pre-specificata, quindi non powered per sottogruppi.
In sintesi, il ROME trial dimostra che l’approccio integrato tessuto+plasma è più che una duplicazione diagnostica: è uno strumento per raffinare la predizione di beneficio terapeutico, con potenziali implicazioni per la pratica clinica e per la progettazione dei trial futuri di medicina personalizzata.