Immunoterapia
Sabato, 19 Ottobre 2019

La gestione delle tossicità immuno-mediate nella pratica clinica

A cura di Massimo Di Maio

Il melanoma è stato il primo tumore in cui è stata introdotta nella pratica clinica sia la monoterapia con immune checkpoint inhibitors sia la terapia di combinazione: in questi anni, si è accumulata esperienza relativa alla frequenza e alla gestione delle tossicità immuno-mediate.

Wang LX, Quach HT, Moodabigil NV, Davis EJ, Sosman JA, Dusetzina SB, Johnson DB. Health care utilization and steroid-refractory toxicities from immune checkpoint inhibitors. Cancer. 2019 Oct 3. doi: 10.1002/cncr.32542. [Epub ahead of print] PubMed PMID: 31580492.

Il melanoma ha visto, negli ultimi anni, la dimostrazione di efficacia prima della monoterapia con ipilimumab, poi della monoterapia con farmaci anti-PD-1 (nivolumab e pembrolizumab), poi della terapia di combinazione di nivolumab e ipilimumab.

Come è ben noto, tali trattamenti hanno rivoluzionato le linee guida e la storia di malattia di molti pazienti, consentendo un controllo di malattia spesso molto lungo. Peraltro, è ben noto che questi farmaci possono comportare tossicità immuno-mediate potenzialmente anche molto severe.

Con l’introduzione di tali farmaci nella pratica clinica, sta aumentando la letteratura che descrive l’outcome di questi pazienti nella “real life”, descrivendo la probabilità di tossicità, i dettagli della gestione degli eventi avversi, la necessità di ospedalizzazione.

In questo ambito si inserisce l’analisi degli autori americani pubblicata sulle pagine di Cancer. Lo studio ha valutato retrospettivamente 344 pazienti affetti da melanoma metastatico, trattati con un farmaco anti-PD-1 (nivolumab agente singolo oppure pembrolizumab agente singolo) oppure con la combinazione di ipilimumab e nivolumab, presso la Vanderbilt University Medical Center, nel periodo compreso tra il 2009 e il 2018.

Importante sottolineare che tutti i pazienti trattati con la combinazione hanno ricevuto ipilimumab alla dose di 3 mg/kg e nivolumab alla dose di 1 mg/kg.

Gli autori hanno raccolto l’informazione relativa all’incidenza, al tipo, al grado, alla gestione e all’esito delle tossicità immuno-relate, nonché il dato relativo alle ospedalizzazioni, sia per tossicità immuno-relate che per progressione di malattia.

La probabilità di sviluppare un evento avverso immuno-mediato è risultata maggiore nel gruppo di pazienti sottoposti a terapia di combinazione (72%) rispetto ai pazienti sottoposti a trattamento con anti-PD-1 da solo (37%, p<0.001). In particolare, la probabilità di sviluppare una tossicità di grado 3 o peggiore è risultata pari a circa l’8% con l’anti-PD-1 da solo, rispetto a circa il 30% con la combinazione di nivolumab e ipilimumab.

Analogamente, i pazienti sottoposti a terapia di combinazione hanno manifestato:

  • una maggiore probabilità di dover ricevere un trattamento sistemico con steroidi (61% vs 20%, p<0.001);

  • una maggior probabilità di dover ricorrere a re-escalation della dose di steroidi (23% vs 6%, p<0.001);

  • una maggior probabilità di soffrire di tossicità refrattarie ad alte dosi di steroidi (23% vs 3%);

  • una maggior probabilità di dover ricevere trattamento immunosoppressivo di seconda linea (17% vs 2%, p<0.001).

La probabilità di ospedalizzazione per eventi avversi immuno-relati è risultata maggiore nel gruppo di pazienti sottoposti al trattamento combinato con ipilimumab e nivolumab rispetto ai pazienti trattati con anti-PD-1 in monoterapia (32% vs 7%, p<0.001), e analogamente maggiore è stata la probabilità di ospedalizzazioni ripetute (11% vs 3%, p=0.001).

La probabilità di ospedalizzazione per cause legate alla malattia è risultata simile nei 2 gruppi di pazienti. Considerando le 176 ospedalizzazioni legate non a tossicità ma a progressione di malattia nel gruppo di pazienti seguiti fino alla morte, il 69% di tali ospedalizzazioni si era verificata nei 90 giorni precedenti il decesso.

La prognosi è risultata particolarmente sfavorevole in caso di ospedalizzazione precoce (nei 90 giorni successivi all’inizio del trattamento) per motivi clinici legati alla malattia, con un tempo mediano dal ricovero alla morte di 58 giorni.

Discutere “l’altra faccia della luna” dei trattamenti antitumorali e dell’immunoterapia in particolare, vale a dire commentare non solo i risultati positivi in termini di controllo di malattia e di miglioramento dell’aspettativa di vita, ma anche i rischi di eventi avversi immuno-mediati e la possibilità di mancato controllo della malattia è sicuramente molto istruttivo.

I pazienti trattati nell’analisi erano tutti affetti da melanoma, ma negli ultimi anni il numero di indicazioni al trattamento immunoterapico è aumentato, e ragionevolmente aumenterà nel prossimo futuro anche il numero di pazienti trattati con le combinazioni. A questo riguardo, è opportuno specificare che la casistica di pazienti trattati nell’analisi con la combinazione aveva ricevuto dosi di ipilimumab (3 mg/kg) e di nivolumab (1 mg/kg) diverse da quelle adottate nella combinazione più recentemente sviluppata, e meglio tollerata, in altre indicazioni.

La tossicità rimane comunque un problema non trascurabile, e i numeri relativi al rischio di ricovero, di ricoveri multipli, di difficoltà nello scalare le dosi di corticosteroidi e di necessità di trattamento immunosoppressivo di seconda linea lo confermano.

I dati relativi alle ospedalizzazioni per cause legate alla malattia ci ricordano anche che la progressione precoce è un evento possibile, che quando si verifica è mediamente associato a un andamento di malattia sfavorevole, con prognosi infausta nel breve-medio termine.