Immunoterapia
Giovedì, 29 Ottobre 2020

Immunoterapia e antiangiogenici nel trattamento del tumore renale: update del KEYNOTE-426

A cura di Giuseppe Aprile

Tumore renale e trattamenti di prima linea. Appare chiaro che il nuovo standard si basa sull'immunoterapia in combinazione. Pubblicati i risultati di una analisi esploratoria del KEYNOTE-426 che mira a verificare efficacia e safety a lungo termine della combinazione tra pembrolizumab e axitinib. 

Powles T, et al. Pembrolizumab plus axitinib versus sunitinib monotherapy as first-line treatment of advanced renal cell carcinoma (KEYNOTE-426): extended follow-up from a randomised, open-label, phase 3 trial. Lancet Oncol 2020, epub ahead of print Oct 23

La terapia di prima linea del cracinoma renale cambia ancora. Dopo la rivoluzionaria epoca dei TKI upfront del primo decennio degli anni 2000 (sorafenib, sunitinib, pazopanib), l'efficacia nell'utilizzo di immunoterapia nel tumore renale è nota da tempo.

Negli anni successivi alla pubblicazione dei dati sul nivolumab in monoterapia, quattro trial randomizzati hanno dimostrato il vantaggio per la combinazione con due immunoterapici [Motzer RJ, et al. Nivolumab plus ipilimumab versus sunitinib in advanced renal-cell carcinoma. N Engl J Med 2018; 378: 1277–90] ovvero di un immunoterapico in associazione a un antiangiogenetico [Rini BI, et al. Pembrolizumab plus axitinib versus sunitinib for advanced renal-cell carcinoma. N Engl J Med 2019; 380: 1116–27; Motzer RJ, et al. Avelumab plus axitinib versus sunitinib for advanced renal-cell carcinoma. N Engl J Med 2019; 380: 1103–15; Rini BI, et al. Atezolizumab plus bevacizumab versus sunitinib in patients with previously untreated metastatic renal cell carcinoma (IMmotion151): a multicentre, open-label, phase 3, randomised controlled trial. Lancet 2019.]


In particolare, nello studio KEYNOTE-246 la combinazione di pembrolizumab con axitinib è stata confrontata vs sunitinib in uno studio di fase III randomizzato. Al momento della prima analisi ad interim, che era prepianificata, la combinazione si è affermata come possibile nuovo standard terapeutico per questa patologia per il beneficio in tutti i sottogruppi di rischio analizzati e il significativo prolungamento di PFS e OS nei pazienti che ottenevano una risposta obiettiva.
In questo secondo lavoro, gli autori analizzano l'efficacia e la safety a lungo termine della combinazione tra il PD-1 inibitore e l'antiangiogenico somministrata ai pazienti inclusi nel trial KEYNOTE-426. Gli endpoint primari dello studio erano PFS e OS nella popolazione ITT.

Ad un follow-up di oltre 30 mesi, il vantaggio statisticamente significativo in sopravvivenza mediana rimane confermato per i pazienti randomizzati al braccio sperimentale (OS mediana non raggiunta con pembrolizumab e axitinib vs 35·7 mesi [95% CI 33·3–not reached] con sunitinib, HR 0·68 [95% CI 0·55–0·85], p=0·0003. In modo concorde, vi era un vantaggio in PFS mediana di circa 4 mesi (15·4 mesi [12·7–18·9] vs 11·1  mesi [9·1–12·5]; 0·71 [0·60–0·84], p<0·0001).


Da notare che la differenza in sopravvivenza era interamente trainata dai gruppi IMDC con rischio intermedio o alto, sebbene il trial non fosse disegnato per osservare un differente effetto tra categorie di rischio e, in generale, gli eventi nella categoria a basso rischio fossero numericamente inferiori.


In termini di tossicità, non sono emerse novità di rilievo con il proseguimento del follow-up dei pazienti nello studio. Le tossicità di grado 3 o superiore più frequenti nei due braccio di trattamento sono state l'ipertensione arteriosa (95 [22%] su 429 pazienti  nel braccio di combinazione vs 84 [20%] su 425 nel braccio con il TKI), la citonecrosi epatica con aumento di ALT (54 [13%] vs 11 [3%]), e la diarrea (46 [11%] vs 23 [5%]).

Segnaliamo che il 60% dei pazienti randomizzati al braccio di pembrolizumab e axitinib ha ottenutonuna risposta (vs 40% di quelli randomizzati al trattamento standard), con un 10% di risposte complete.

Considerata la modalità di valutazione della risposta radiologica (RECIST 1.1 e BICR) e l'importanza della profondità di risposta come valutazione più granulare dell'effetto del trattamento, è interessante anche la post-hoc analisi per la associazione tra la profondità di risposta e la sopravvivenza. Questa specifica analisi è stata condotta con due modalità: una stratified Cox proportional hazard model con la percentuale di modifica in continuo considerata come una covariata tempo-dipendente e una landmark analysis con lo stesso parametro considerato però come una variabile categorica. Anche in questo trial, come atteso, si confermava la associazione tra profondità di risposta e sopravvivenza overall.

Lo studio conferma il vantaggio a lungo termine della combinazione di pembrolizumab e axitinib in un contesto di trattamento moderno, che vede la combinazione immuno-based come nuovo standard di prima linea di terapia per pazienti con carcinoma renale.

La conferma del posizionamento dell'immunoterapia in prima linea e la sua sinergia con la strategia antiangiogenica rivestono ancora maggiore importanza se consideriamo che il vantaggio in sopravvivenza overall per la combinazione, noto dalla prima analisi, si mantiene nel tempo nonostante la metà dei pazienti randomizzati a solo sunitinib avesse poi ricevuto immunoterapia alla progressione (vs 8% nel braccio sperimentale).

In tema di sinergia tra farmaci, inoltre, potrebbe essere differente il ruolo dei singoli agenti nel contribuire al risultato complessivo: mentre l'axitinib è maggiormente responsabile dello shrinkage, il pembrolizumab potrebbe poi essere più determinante nel mantenere l'effetto di riduzione volumetrica nel tempo. Nell'attesa di ottimizzare la combinazione nella pratica clinica, è confortante sapere che il suo profilo di tolleranza rimane buono. Tuttavia, la scelta futura di quale trattamento offrire al paziente dipenderà anche dal differente profilo in tossicità delle possibili combinazioni [Massari F, et al. Safety evaluation of immune-based combinations in patients with advanced renal cell carcinoma: a systematic review and meta-analysis. Expert Opin Drug Saf 2020]


Sebbene sia sempre errato dal punto di vista del purista della statistica, è facile cadere nella tentazione di comparare i risultati del con quello di altri trial di prima linea che hanno testato l'efficacia di un immunoterapico in combinazione vs il solo sunitinib (CheckMate-214, Keynote-426, IMmotion-151, JAVELIN Renal 101), ma va anche tenuto in conto - come segnalato nel sagace commento di Giuseppe Procopio - che i dati in arrivo da due altri studi [CheckMate 9ER e CLEAR] potrebbero ulteriormente complicare la scelta della migliore terapia.

Per quanto riguarda una nota sui sottogruppi, in particolare quello relativo ai pazienti con neoplasia renale ad istologia sarcomatoide, rimandiamo all'interessante analisi proposta nel tweet del 11 luglio (https://www.oncotwitting.it/patologia-genito-urinaria/item/1133-l-importanza-di-identificare-trattamenti-piu-efficaci-negli-studi-e-poterli-poi-usare-nella-pratica-clinica#top_tab_acc1)