Immunoterapia
Giovedì, 03 Dicembre 2020

Rivoluzione nel tumore del colon: immunoterapia è il nuovo standard se la neoplasia è MSI-H

A cura di Giuseppe Aprile

I dati dello studio Keynote-177 cambiano l'algoritmo terapeutico per la malattia colorettale avanzata. Pembrolizumab surclassa la chemioterapia di prima linea e si afferma come nuovo standard di trattamento. 

André T, et al. Pembrolizumab in Microsatellite-Instability-High Advanced Colorectal Cancer. N Engl J Med 2020 Dec 3;383(23):2207-2218.

La condizione di instabilità microsatellitare (MSI-H) rappresenta un marcatore fenotipico e molecolare della alterazione di un sistema del riparo del DNA; questa condizione genetica è riportata in circa il 15% dei tumori colorettali in fase precoce e nel 5% di quelli in fase avanzata.
Gli studi osservazionali su popolazione, inoltre, caratterizzano i pazienti con neoplasia MSI-H come avere maggiore frequenza di localizzazione destra, età mediana più giovane alla diagnosi e stadio più precoce rispetto alle forme instabili, con anche specifiche caratteristiche istologiche e molecolari (più frequente l'istotipo mucinoso, il grading elevato e la mutazione di BRAF, presente in circa il 30% dei casi). 
Lo studio dello stato di MSI non solo è importante nella fase diagnostica per differenziare una possibile sindrome di Lynch da un caso sporadico (vedi algoritmo per lo screening universale presentato nelle Linee Guida CRC AIOM 2020), ma anche nella fase di trattamento della malattia. Conoscere lo stato di MSI potrebbe pesare nella scelta della terapia adiuvante nel setting precoce, mentre nel setting avanzato di malattia dati di vari studi clinici hanno suggerito una minore risposta alla chemioterapia per neoplasie gastrointestinali con MSI-H-dMMR.
 
I dati sull'utilizzo di immunoterapia in linea successiva provengono dagli studi di fase II in open-label KEYNOTE-164 (Le D, et al. J Clin Oncol 2020) e CheckMate 142 (Overman MJ, et al. Lancet Oncol 2017 e J Clin Oncol 2018) che hanno testato rispettivamente pembrolizumab e nivolumab (con e senza ipilimumab) in pazienti con neoplasia colorettale pretrattata. Restava però il quesito di quali risultati avrebbe prodotto utilizzare l'immunoterapia upfront in pazienti con malattia avanzata.
 
Lo studio Keynote-177 è un trial di fase 3 randomizzato, open-label, in cui pazienti con neoplasia avanzata MSI-H, ECOG PS 0-1 e malattia misurabile secondo criteri RECIST sono stati randomizzati 1:1 a ricevere immunoterapia con pembrolizumab 200 mg flat dose ogni 3 settimane (per un massimo di 35 cicli) vs chemioterapia standard a scelta dell'investigatore, che poteva optare per una doppietta con bevacizumab o cetuximab dipendentemente dal profilo molecolare della neoplasia. Lo studio prevedeva un duplice primary endpoint: PFS e OS, anche considerato che era permesso il crossover a pembrolizumab in caso di progressione. La risposta era valutata radiologicamente ogni 9 settimane. Poco meno del 75% dei pazienti sono stati arruolati in Europa o Nord America.
Le caratteristiche basali dei 307 pazienti inclusi nella sperimentazione erano ben bilanciate tra i due bracci di trattamento: età mediana 63 anni, ECOG PS 0 in circa la metà dei soggetti, primitività localizzata al colon ascendente nei due terzi dei casi, pregresso trattamento adiuvante nel 25% dei pazienti. Vi era un modesto maggior numero di neoplasie RAS mutate (27% vs 22%) o BRAF mutate (28% vs 22%) nel braccio assegnato a chemioterapia standard rispetto a quanto riportato per il braccio sperimentale.
 
Le curve di PFS - che da sole bastano a giustificare la pubblicazione sul N Engl J Med del 3 dicembre - sono molto chiare: una PFS mediana di 16.5 mesi per pembrolizumab vs 8.2 mesi con la terapia standard (HR 0.60; 95%CI 0.45-0.80, p<0.0002), con una stima di PFS a 24 mesi nettamente a favore del braccio sperimentale (48% vs 18%).
In modo concorde anche il tasso di risposta favoriva il braccio con immunoterapia (44% vs 33%), come anche la sua durata.
 
Il dato sulla sopravvivenza è al momento non completamente chiaro e a causa dell'insufficiente numero di eventi previsto per l'analisi finale (125/190), ma anche in questo caso era favorito il trattamento sperimentale con un numero di decessi inferiore rispetto a quello documentato nel braccio standard (56 vs 69).
Il profilo di safety dell'immunoterapia non ha presentato novità rispetto all'atteso, con meno effetti collaterali rispetto a quello con la tradizionale chemioterapia e biologico.
Nonostante nel 2017 FDA abbia già approvato l'uso agnostico di pembrolizumab come terapia di salvataggio per tutte le neoplasie MSI-H, il messaggio 2020 portato dallo studio è una fucilata: l'immunoterapia è il nuovo standard di trattamento per i pazienti con carcinoma colorettale MSI-H. 
Saranno anche "solo" il 4-5% di tutti i pazienti con neoplasia del colon in stadio IV, ma stiamo comunque parlando di molte centinaia di pazienti/anno.
 
Un risultato che certamente scuote i precedenti algoritmi di terapia e che deve necessariamente essere accolto dalle autorità regolatorie per una veloce approvazione del farmaco, in attesa del quale partirà a breve l'uso nominale del prodotto.
 
Quali commenti aggiungere a una evidenza talmente forte da cambiare immediatamente la pratica clinica? 
 
Nei primi 4 mesi di trattamento si assiste alla progressione della maggior parte dei pazienti che ricevono immunoterapia, sarà quindi necessario capire se esistano marcatori di selezione o di precoce resistenza primaria al trattamento. Inoltre, il vantaggio non è evidente nella popolazione RAS mutata: se sia frutto di una minor sample size o di mancanza di dati informativi non è chiaro. In ogni caso, mentre aspettiamo le analisi finali dello studio, avremo anche i risultati di trial che testano la combinazione di immunoterapia con chemioterapia e antiangiogenici (trial COMMIT) o la combinazione di nivolumab e ipilimumab (Checkmate 142, dati presentati ad ASCO 2020) che amplieranno le conoscenze sulla immunoterapia upfront.
Le curve di PFS però diventano quasi piatte nel tempo, e l'idea che utilizzando al meglio l'immunoterapia sia possibile guarire pazienti con malattia avanzata non è più solo un sogno.