Immunoterapia
Sabato, 16 Settembre 2017

L’immunoterapia alla ribalta anche nel tumore del polmone localmente avanzato

A cura di Massimo Di Maio

Dopo i vari risultati positivi nella malattia avanzata, presentati all’ESMO e pubblicati sulle pagine del New England i risultati dello studio PACIFIC, che valutava l’efficacia di durvalumab dopo chemio-radioterapia nei pazienti con NSCLC localmente avanzato

Antonia SJ, Villegas A, Daniel D, Vicente D, Murakami S, Hui R, Yokoi T, Chiappori A, Lee KH, de Wit M, Cho BC, Bourhaba M, Quantin X, Tokito T, Mekhail T, Planchard D, Kim YC, Karapetis CS, Hiret S, Ostoros G, Kubota K, Gray JE, Paz-Ares L, de Castro Carpeño J, Wadsworth C, Melillo G, Jiang H, Huang Y, Dennis PA, Özgüroğlu M; PACIFIC Investigators. Durvalumab after Chemoradiotherapy in Stage III Non-Small-Cell Lung Cancer. N Engl J Med. 2017 Sep 8. doi: 10.1056/NEJMoa1709937. [Epub ahead of print] PubMed PMID: 28885881.

Le attuali linee guida italiane ed internazionali raccomandano, per i pazienti affetti da tumore del polmone non a piccole cellule (NSCLC) in stadio localmente avanzato, un trattamento combinato chemio-radioterapico. In particolare, la chemio-radioterapia concomitante ha dimostrato un beneficio in sopravvivenza globale rispetto alla somministrazione sequenziale, anche se a prezzo di una maggiore tossicità. In ogni caso, dopo un periodo più o meno lungo di controllo di malattia, i pazienti vanno incontro a progressione di malattia, e in questo setting, al pari della malattia avanzata, c’è grande necessità di progressi terapeutici.

Il razionale per l’impiego dei nuovi farmaci immune checkpoint inhibitors nel NSCLC localmente avanzato si basa sui numerosi risultati ottenuti con vari farmaci della classe (tra tutti, nivolumab, pembrolizumab ed atezolizumab hanno già dimostrato efficacia nel contesto di studi di fase III) nei pazienti affetti da NSCLC avanzato.

Lo studio clinico PACIFIC (studio profit condotto da AstraZeneca; ClinicalTrials.gov Identifier NCT02125461) era disegnato come studio randomizzato di fase III. Lo studio prevedeva l’inclusione di pazienti con NSCLC localmente avanzato, sottoposti a 2 o più cicli di chemio-radioterapia con platino, con ECOG performance status 0-1, che fossero liberi da progressione al completamento del suddetto trattamento.

Lo studio prevedeva la randomizzazione in rapporto 2:1. I pazienti assegnati al braccio sperimentale ricevevano trattamento con durvalumab (anticorpo monoclonale anti-PD-L1, alla dose di 10 mg / kg di peso corporeo, somministrazione endovenosa), ogni 2 settimane fino ad un massimo di 12 mesi. I pazienti assegnati al braccio di controllo ricevevano placebo. Il protocollo prevedeva l’inizio del trattamento da 1 a 42 giorni dopo il completamento del trattamento chemio-radioterapico.

Lo studio prevedeva 2 endpoint co-primari:
  • la sopravvivenza libera da progressione (progression-free survival, PFS), per la quale era prevista una valutazione centralizzata indipendente;
  • la sopravvivenza globale (overall survival, OS).

Lo studio prevedeva 458 eventi per l’analisi finale di PFS, e 491 eventi per l’analisi finale di OS. Prevedeva inoltre l’esecuzione di un’analisi ad interim per la sola PFS al raggiungimento di 367 eventi, mentre non era prevista analisi della sopravvivenza globale al momento dell’analisi ad interim. Lo studio aveva una potenza del 95% nell’evidenziare un Hazard Ratio 0.67 in PFS, e una potenza dell’85% nell’evidenziare un Hazard Ratio 0.73 in sopravvivenza globale.

Endpoint secondari erano:

  • la probabilità di sopravvivenza libera da progressione a 12 mesi e a 18 mesi;
  • la proporzione di risposte obiettive; 
  • la durata della risposta;
  • il tempo al decesso o alla comparsa di metastasi a distanza;
  • la tollerabilità del trattamento.

Lo studio ha visto la randomizzazione di 713 pazienti: 473 sono stati assegnati al braccio sperimentale (durvalumab), e 236 sono stati assegnati al braccio di controllo (placebo).

All’analisi ad interim, la PFS mediana dal momento della randomizzazione è risultata pari a 16.8 mesi con il durvalumab e 5.6 mesi con il placebo (Hazard Ratio 0.52; intervallo di confidenza al 95% 0.42 - 0.65; p<0.001).

La probabilità di sopravvivenza libera da progressione a 12 mesi è risultata pari a 55.9% con durvalumab rispetto a 35.3% con placebo.

La probabilità di sopravvivenza libera da progressione a 18 mesi è risultata pari a 44.2% con durvalumab versus 27.0% con placebo.

La proporzione di risposte obiettive è risultata significativamente maggiore con durvalumab (28.4% vs. 16.0%; P<0.001), con una più lunga durata della risposta.

Il tempo al decesso o alla comparsa di metastasi a distanza è risultato significativamente più lungo con durvalumab (mediana 23.2 mesi vs. 14.6 mesi; P<0.001).

Il durvalumab è risultato associato ad un profilo di tossicità accettabile: eventi avversi di grado 3 o 4 si sono verificati nel 29.9% dei pazienti trattati con durvalumab, rispetto al 26.1% dei pazienti assegnati al placebo. L’evento avverso severo più comune è stato la polmonite, peraltro con incidenza simile nei due bracci (4.4% vs. 3.8%).

Lo studio PACIFIC, presentato in sessione presidenziale all’ESMO di Madrid, rappresenta la prima dimostrazione di beneficio associato con l’impiego di un farmaco immune checkpoint inhibitor nel NSCLC localmente avanzato. In assoluto, inoltre, il risultato positivo ottenuto con il durvalumab impiegato come mantenimento, al completamento della chemio-radioterapia concomitante, rappresenta il primo miglioramento rispetto alla terapia che da molti anni rappresenta il trattamento standard, senza significativi progressi da troppo tempo.

La presentazione all’ESMO, al pari della simultanea pubblicazione sul New England Journal of Medicine, ha riguardato i risultati dell’analisi ad interim, e quindi sono stati presentati, come pianificato nel protocollo, i soli dati di PFS senza i risultati in termini di sopravvivenza globale. D’altra parte, il netto vantaggio in PFS, accompagnato da un inequivocabile vantaggio in termini di tempo alla comparsa di metastasi a distanza, rappresentano un ottimo presupposto per “scommettere” che il risultato sarà positivo anche in sopravvivenza globale, pur prevedendo che una quota dei pazienti assegnati al braccio di controllo avrà ricevuto o riceverà, tra i trattamenti somministrati dopo la progressione di malattia, anche un’immunoterapia.

Il confronto degli eventi avversi nei 2 bracci dello studio, in una popolazione di pazienti “provata” dal precedente trattamento chemio-radioterapico, è rassicurante, in quanto ad esempio nessuna differenza significativa è stata registrata in termini di polmonite.

E’ ragionevole pensare che i risultati di questo studio, corredati dalla presentazione dei risultati di sopravvivenza globale, rappresenteranno la base per l’aggiornamento delle linee guida del trattamento del NSCLC localmente avanzato.