Miscellanea
Giovedì, 26 Novembre 2020

Telemedicina per i pazienti oncologici: opportunità nel post pandemia [ma non senza supporto emotivo]

A cura di Giuseppe Aprile

Sfavorevoli eventi tellurici sono sfruttati dalle migliori menti adattative come occasione di miglioramento e progresso per se stessi e per l’intero genere umano. Ora, la cicatrice esperienziale dell'allontanamento, della "cura a distanza" del paziente oncologico - necessaria e inevitabile durante la pandemia di Covid-19 - potrebbe portare buoni frutti nella normalità del futuro? 

Knudsen KE, Willman C, Winn RA. Optimizing the use of telemedicine in oncology care: post-pandemic opportunities. Clin Cancer Res. 2020 Nov 23:clincanres.3758.2020. doi: 10.1158/1078-0432.CCR-20-3758. Epub ahead of print. 

Da almeno due decenni la telemedicina è entrata a pieno titolo nelle attenzioni dei sanitari.

Non solo la sua rilevanza e il suo impatto sulla società e sulla salute sono riconosciuti a livello internazionale, ma essa ha prodotto avanzamenti organizzativi e miglioramenti clinici in varie patologie [cardiovascolari, neurologiche, pneumologiche, endocrinologiche, nelle malattie dell’anziano fragile]. Le applicazioni pratiche della telemedicina hanno guidato i miglioramenti del rapporto ospedale-territorio e hanno facilitato la gestione di patologie croniche che assorbono la maggior parte delle risorse umane ed economiche dedicate [e dedicabili] ad ogni sistema sanitario nazionale e regionale.

In Italia esistono linee di indirizzo nazionali redatte a cura del Ministreo della Salute che ne definisce la strategia, le modalità e i campi di applicazione. Si evince che per Per Telemedicina si intende una modalità di erogazione di servizi di assistenza sanitaria, tramite il ricorso a tecnologie innovative, in particolare alle Information and Communication Technologies (ICT), in situazioni in cui il professionista della salute e il paziente si trovano a distanza fisica. La decentralizzazione facilita sollevando da spostamenti fisici, ma al contempo pone quesiti irrisolti. In questo ambito è p[evista una trasmissione sicura di informazioni e dati di carattere medico nella forma di testi, suoni, immagini o altre forme necessarie per la prevenzione di condizioni morbose, la diagnosi, il trattamento e il successivo controllo dei pazienti. Pur non sostituendo la medicina tradsizionale, la telemedicina avrebbe importanti vantaggi, applicabili anche al paziente oncologico.

Durante l’epoca della pandemia da Covid-19, dall’inizio del 2020 l’applicazione della telemedicina ha avuto strada facile in tutti i centri oncologici ad alto  e medio volume.

In questo viewpoint gli autori si focalizzano su possibilità e limiti della telemedicina applicata al campo oncologico, su come ottimizzarla e su come trasformare la cicatrice lasciata da un’esperienza tragica in un passo avanti per la comunità. Per la natura della pubblicazione, non esiste un disegno o un impianto statistico.

Sebbene il 75% degli ospedali nordamericani abbia un elevato grado di informatizzazione e utilizzo della tecnologia, persistono resistenze e barriere all’implementazione della telemedicina, che risulta utilizzata in meno del 1% dei casi anche durante eventi di crisi sanitaria. 

Durante la pandemia, tuttavia, si è assistito alla necessità di un cambiamento. Pazienti isolati hanno ridotto significativamente la partecipazione ai programmi di screening, hanno rinviato la presentazione in ospedale in seguito a sintomi, portando a un maggior incidenza di casi diagnosticati in setting avanzato che presumibilmente si tradurrà in un incremento di mortalità causa-specifica.

In questo panorama molti centri hanno aumentato l’utilizzo della telemedicina, riportando che circa un terzo delle visite di screening, di follow-up e delle valutazioni oncologiche [non destinate a confermare o prescrivere trattamenti oncologici attivi] ora si svolge per via virtuale.

Sebbene la soddisfazione del paziente valutato rimanendo al proprio domicilio sembri in questo contesto buona, molti punti rimangono controversi:

-       la possibilità di valutare categorie a maggiore rischio [basso livello socioeconomico, minoranze etniche, popolazione anziana o senza caregiver]

-       l'equità di utilizzo e la possibile sperequazione nella digitalizzazione [ non sarebbe sufficiente avere uno smarthphone, ma necessario scaricare aplicazioni ad hoc per usufruire del servizio sanitario a distanza, avere un account email attivo, accdere a fibre ad alta veliocità non disponibili in ogni posizione geografica, ecc…]

-       la applicazione di polizze assicurative e rimborso delle prestazioni nel sistema sanitario nazionale [creazione di codici appositi, validità del referto senza visita, ecc…]

Il lavoro prosegue con alcune domande, in parte provocatorie o demagogiche, ma che invitano alla riflessione sui possibili cambiamenti da adottare nel futuro:

-       come mitigare le iniquità nell’accesso e nella accettazione della telemedicina?

-       Come ottimizzare l’esperienza nel paziente, nel paradigma di una cura patient-centered, in modalità vituale?

-       Quale sarà l’impatto della telemedicina sugli outcome clinici e sui PRO del paziente oncologico?

-       come potrà impattare la telemedicina nella possibilità per un paziente di essere incluso in un trial clinico?

-       Come umanizzare la telemedicina, trovando un raccordo tra la necessità tecnologica in modalità virtuale e la abitudine al dialogo, alla carezza, alla comunicazione non verbale, tanto gradita al malato di tumore?

Il report pubblicato su Clin Cancer Res offre spunti di pensiero riguardo la telemedicina applicata all’oncologia, ma certamente non presenta soluzioni facilmente percorribili. Il messaggio del viewpoint può essere letto su vari piani. Uno meramente clinico [il paziente è sempre al centro, anche se a distanza], uno organizzativo [decentrare la prestazione per preservare la salute del singolo e della collettività], uno di riflessone sociale [forse parte di quello che consideriamo attività sanitaria di valore, non lo è].

Sebbene l’evoluzione della tecnologia tenda ad allontanarci dalla materialità corporea [Harari YN. 21 Lezioni per il XXI secolo. 2018], in Italia e in altri paesi mediterranei, dove il paziente oncologico ha come valore il senso di appartenenza a una comunità e beneficia del contatto diretto con il sanitario, la separazione tra online e offline non sembra facile da integrare, come anche pare arduo il proseguire a capofitto verso una [arida] strada ipertecnologica senza un adeguato supporto emotivo.

Se trovassimo la chiave per aggregare il progresso tecnologico a quello di conoscenza biologica, spina dorsale dell’oncologia di precisione, senza dimenticare di mitigare le sfumature di preoccupazione dei nostri pazienti [Garutti M, et al. Seven Shades of Black Thoughts: COVID-19 and Its Psychological Consequences on Cancer Patients. Front Oncol 2020], avremmo fatto grandi passi avanti. Da un modello di organizzazione in rete, in fondo ci si aspetta esattamente questo. Alcune regioni italiane, ci stanno già lavorando [https://salute.regione.veneto.it/web/rov/pazienti-oncologici-e-pandemia-sars-cov-2].