Miscellanea
Giovedì, 09 Marzo 2017

Alla ricerca di NEMO?

A cura di Giuseppe Aprile

Lo studio NEMO indaga il ruolo di binimetinib (MEK inibitore) in pazienti con melanoma avanzato e mutazione di NRAS naïve o dopo fallimento dell’immunoterapia. Vantaggio in PFS raggiunto (vs dacarbazina), ma nessuna differenza in sopravvivenza overall.

Dummer R, et al. Binimetinib versus dacarbazine in patients with advanced NRAS-mutant melanoma (NEMO): a multicentre, open-label, randomised, phase 3 trial. Lancet Oncol 2017; epub ahead of print March 8th.

Il melanoma con mutazione di NRAS ha caratteristiche di maggiore aggressività clinica.

Nonostante i recenti progressi nella terapia del melanoma avanzato, sia in pazienti con malattia BRAF mutata che in quelli senza la mutazione, rimane da stabilire lo standard terapeutico nei pazienti con malattia NRAS mutata, presente in circa il 20% dell’intera popolazione.

Lo studio NEMO – un trial di fase 3 randomizzato - si propone di valutare l’azione di binimetinib in questa categoria di pazienti (mutazione di NRAS Gln61Arg, Gln61Lys o Gln 61Leu; pazienti non prima trattati o in progressione all’immunoterapia), confrontandone l’efficacia con dacarbazina in una randomizzazione 2:1. I pazienti inclusi ricevevano il farmaco sperimentale alla dose di 45 mg bid ovvero il chemioterapico a dosi standard di 1000 mg/mq ev ogni 3 settimane.

Endpoint primario dello studio era la PFS, valutata in cieco centralmente nella popolazione intention-to-treat. I fattori di stratificazione includevano lo stadio di malattia, il PS basale e la precedente esposizione a immunoterapia.

 

In meno di 2 anni sono stati screenati oltre 1500 pazienti e randomizzati circa 400 (269 al braccio sperimentale vs 133 al braccio standard).

Come atteso, vi era un soddisfacente equilibrio tra le caratteristiche di base dei pazienti nei due bracci di trattamento. In particolare, il PS dei pazienti era 1 in circa un quarto dei pazienti (28% nel braccio sperimentale vs 27% in quello standard), il valore di LDH era elevato in una simile proporzione di pazienti (26% vs 24%), la precedente esposizione a immunoterapia era identica (21%  i entrambi i bracci dello studio).

L’endpoint primario è stato raggiunto: PFS mediana era 2.8 mesi nel braccio sperimentale vs 1.5 mesi in quello di chemioterapia (HR 0.62; 95%CI 0.47-0.80, p<0.001), sebbene non vi fosse alcun vantaggio in termini di sopravvivenza overall (HR 1, 95%CI 0.75-1.33). Inoltre, il controllo di malattia era nettamente a favore del braccio sperimentale (56% vs 24%) sebbene il dato vada interpretato con cautela per un maggiore numero di soggetti non valutabili nel braccio sperimentale (31% vs 15%).

Da notare vi fosse una simile percentuale di esposizione a immunoterapici (ipilimumab, nivolumab o pemrolizumab) dopo il termine del trattamento in studio.

Il profilo di tossicità complessivamente discreto (limitato il numero di tossicità di grado 4, modesta tossicità oculare e cardiaca), nonostante il 61% dei pazienti nel trattamento sperimentale richiedessero riduzioni di dose e il 20% interrompessero la terapia a causa di effetti collaterali. 

Vantaggio statisticamente significativo, ma clinicamente ancora poco convincente, per binimetinib nel melanoma con mutazione di NRAS. Sebbene il dato sia nel complesso positivo, confermando le evidenze precliniche  e gli studi precoci, è forse ancora preliminare per consolidare l'utilizzo dell'inibitore di MEK in pazienti con malattia NRAS mutata (naïve o in progressione a immunoterapia). D'altra parte si sa, NEMO est propheta in patria.