Miscellanea
Sabato, 06 Maggio 2017

Se sapessimo stimare meglio la prognosi…

A cura di Massimo Di Maio

La stima dell’aspettativa di vita dei pazienti oncologici può essere fallace, comportando a volte l’impiego di terapie che potrebbero essere evitate. Uno studio francese prova a migliorare la capacità di identificare i casi in cui l’aspettativa di vita è breve

H. Bourgeois, F. Grudé, P. Solal-Céligny, O. Dupuis, E Voog, G. Ganem, F Denis, M. Zinger, L. Juhel-Voog, C. Lafond, P. Maillart, O. Capitain, R. Delva, P. Soulié, S. Abadie-Lacourtoisie, V. Guérin-Meyer, M.E Morin-Meschin, J.M. Commer, A. Gangler, B. d’Aillières, A. Zannetti, E. Bourbouloux, D. Berton-Rigault, S. Lebouvier-Sadot, M. Kaassis, J. Baudon, Y.H. Lam, A. Bizieux, M. Marcq, J Edeline, F Le Du, C. Lefeuvre, P. Deguiral, V. Delecroix, E. Blot, J. Egreteau, M.J. Goudier, R. Lamy, M. Ferec, X. Artignan, S. Corbinais, H. Morel, A.C. Hardy-Bessard, C. Alleaume, E. Naudeix, O. Cojocarasu, JP Metges, C Riché, D. Déniel-Lagadec, F. Marhuenda, P. Ingrand, J.Y. Douillard; Clinical validation of a prognostic tool in a population of outpatients treated for incurable cancer undergoing anti-cancer therapy: PRONOPALL study.. Ann Oncol 2017 mdx172. doi: 10.1093/annonc/mdx172

Nel 2008, uno studio pubblicato sul Journal of Clinical Oncology (Barbot AC, J Clin Oncol 2008; 26:2538-43) aveva provato a caratterizzare la prognosi dei pazienti oncologici ospedalizzati, sulla base di una serie di caratteristiche cliniche e di laboratorio. Lo studio era stato condotto su 177 pazienti ricoverati in 2 ospedali francesi, selezionati sulla base di un’aspettativa di vita stimata dal clinico inferiore a 6 mesi. In quel lavoro, l’analisi univariata aveva identicato 10 fattori significativamente associati alla probabilità di essere vivi a 2 mesi dalla valutazione: il numero di siti metastatici, la presenza di metastasi cerebrali, un Karnofsky performance status compromesso, la presenza di dispnea a riposo, l’anoressia, la presenza di edema, la presenza di confusione, un basso valore di albumina, la presenza di marcata leucocitosi, e gli elevati livelli di LDH. All’analisi multivariata, 4 fattori avevano confermato un ruolo prognostico indipendente:

  • il performance status secondo Karnofsky (diviso in 3 categorie: inferiore o uguale a 30%, da 40% a 60%, uguale o superiore a 70%);
  • il numero di siti metastatici (diviso in 2 categorie: minore di 2, maggiore o uguale a 2);
  • l'albuminemia (divisa in 3 categorie: minore di 24 g/l, da 24 a 33 g/l, maggiore o uguale a 33 g/l)
  • il valore di LDH (maggiore o uguale a 600 IU oppure inferiore a 600 IU).

La combinazione dei 4 suddetti fattori consentiva agli autori di dividere i pazienti in 3 categorie:

  • Una categoria a prognosi peggiore (sopravvivenza mediana inferiore a 2 mesi, nessun paziente vivo a 4 mesi;
  • Una categoria a prognosi intermedia (il 25% dei pazienti era vivo a 4 mesi);
  • Una categoria a prognosi migliore (l’80% era vivo a 4 mesi).

Gli autori francesi hanno validato tale score in un secondo studio, recentemente pubblicato su Annals of Oncology.
Lo studio multicentrico aveva il nome di PRONOPALL, ed ha visto l’inclusione di pazienti oncologici, trattati in regime di day hospital, che avessero almeno uno dei seguenti criteri di inclusione:aspettativa di vita inferiore a 6 mesi a giudizio del clinico; performance status ≥ 2; progressione di malattia durante il precedente trattamento chemioterapico. I parametri impiegati per il calcolo dello score sono stati i medesimi del precedente studio, con l'eccezione del performance status, espresso secondo la scala ECOG invece che secondo la scala di Karnofsky.

Endpoint dell'analisi erano la probabilità di vita a 2 mesi e la sopravvivenza mediana.

Lo studio ha incluso 302 pazienti, seguiti presso 16 centri, tra l’ottobre 2009 e l’ottobre 2010. Di questi, 262 pazienti (pari all’87%) erano valutabili per l’analisi. L’età mediana era pari a 66 anni (range compreso tra 37 e 88 anni), e il 59% erano di sesso femminile. Il 46% dei pazienti aveva un performance status pari a 0 o 1, il 37% aveva un PS 2 e il 17% un PS scaduto pari a 3 o 4.
La sede primitiva di tumore era la mammella nel 29% dei casi, il colon-retto nel 28%, il polmone nel 13%, il pancreas nel 12%, l’ovaio nell’11% e altre sedi nell’8%. Circa un terzo dei pazienti (32%) aveva una singola sede di metastasi, un altro terzo (35%) aveva 2 sedi di metastasi, e il 31% oltre 2 sedi. Il livello mediano di LDH era pari a 398 IU/L [range, 118-4314]; il valore mediano di albuminemia era pari a 35 g/L [range, 13-54].

Applicando alla casistica lo score prognostico PRONOPALL:

  • Nel gruppo a prognosi migliore (130 pazienti), l’aspettativa di vita a 2 mesi era pari al 92%, e la sopravvivenza mediana pari a 301 giorni;
  • Nel gruppo a prognosi intermedia (111 pazienti), l’aspettativa di vita a 2 mesi era pari al 66%, e la sopravvivenza mediana pari a 79 giorni;
  • Nel gruppo a prognosi peggiore (21 pazienti), l’aspettativa di vita a 2 mesi era pari al 24%, e la sopravvivenza mediana pari a 35 giorni.

La differenza tra i tre gruppi in termini di sopravvivenza globale risultava statisticamente significativa (p <0.0001).

Lo studio ha validato lo score prognostico precedentemente proposto dagli autori francesi, consentendo di stimare meglio la prognosi di pazienti oncologici dalla limitata aspettativa di vita, sulla base di 4 parametri (performance status, numero di siti metastatici, albuminemia e LDH).

In particolare, lo score consente di identificare un sottogruppo di pazienti a prognosi particolarmente infausta, nei quali la miglior strategia terapeutica è ragionevolmente l’astensione da ulteriore trattamento antitumorale attivo, e la somministrazione della sola terapia di supporto.

La somministrazione di chemioterapia (o di altri trattamenti antitumorali attivi) nelle settimane che precedono il decesso, nella maggior parte dei casi, non è tanto un segnale di “accanimento” terapeutico e della prescrizione di terapie “ad oltranza”, quanto piuttosto un segnale della limitata capacità prognostica che, in alcuni casi, non consente all’oncologo di identificare correttamente pazienti dalla limitata aspettativa di vita.

Da questo punto di vista, studi come quello degli autori francesi hanno il merito di proporre alla comunità oncologica strumenti di applicazione relativamente semplice, che possono aiutare nella caratterizzazione prognostica e quindi migliorare le decisioni terapeutiche.