Miscellanea
Giovedì, 08 Marzo 2018

Approval accelerato per farmaci oncologici: chi ci guadagna dal fast track?

A cura di Giuseppe Aprile

Pubblicato il terzo report sui farmaci che hanno ottenuto approvazione FDA con iter accelerato (1992-2017). Scorciatoia vantaggiosa per Big Pharma o utile anticipo del successo terapeutico?

Beaver J, et al. A 25-Year Experience of US Food and Drug Administration Accelerated Approval of Malignant Hematology and Oncology Drugs and Biologics JAMA Oncol 2018, epub ahead of print.

Dai primi anni 90, in acceso clima mediatico sul tema AIDS, la Food and Drug Administration (FDA) ha formalmente introdotto una novità importante sulla registrazione dei farmaci. Nel 1992, infatti, è nata la possibilità di approvare un farmaco con una modalità molto più rapida, basata spesso su dati favorevoli ma preliminari, a patto che l’introduzione del farmaco costituisse una breakthrough novelty nel trattamento di una malattia grave e potenzialmente mortale. I minori standard di evidenza chiesti alle imprese farmaceutiche nell'approvazione iniziale, dovevano tuttavia essere poi sanati da rigorosi studi post-marketing che validassero l'efficacia e la sicurezza del farmaco approvato.

Per qualificarsi come farmaco meritevole di valutazione per approvazione accelerata, la molecola deve dimostrare di impattare in una malattia molto seria e potenzialmente mortale su un endpoint che ragionevolmente faccia prevedere un beneficio a lungo termine, in particolare su malattie senza alternative terapeutiche.

A questa linea teorica non mancano tuttavia gli scettici. Quelli che sostengono che, una volta il farmaco abbia penetrato il mercato e sia radicato nella consuetudine prescrittiva e d'uso, la company produttrice abbia ben poca motivazione a condurre ulteriori studi metodologicamente rigorosi. Quelli che portano come prova dei dubbio legittimo l'evidenza che prima dal ritiro dal mercato per mancanza di conferme di efficacia comunque possano passare anche molti anni di (immeritati) profitti per l'industria.

Il paper recentemente pubblicato su JAMA Oncology - tra gli autori ricordiamo alcune colonne portanti della Food and Drug Admistration - passa in rassegna 25 anni di approval accelerato per farmaci oncoematologici. Quanti dei fast-track hanno poi tradito le aspettative? Quante di queste molecole approvate con tempo abbreviato non hanno successivamente confermato il vantaggio in sopravvivenza una volta impattato sull'endpoint surrogato? (che di solito era la risposta)

Nel corso degli ultimi venticinque anni l'approval accelerato è stato concesso a 64 prodotti farmaceutici oncoematologici, per un totale di 93 nuove indicazioni.

Di questi farmaci, 53 erano nuove molecole con un innovativo meccanismo d'azione (spesso first-in-class).

L'endpoint largamente più utilizzato per concedere l'approval in fast track è stata la risposta (87% dei casi), seguita dagli endpoint time-to-event quali la PFS (9%) o la DFS/RFS (4%); da notare che quasdi i tre quarti degli studi che portavano alla approvazione rapida (72%) erano fasi II a singolo braccio.

Il dato interessante è che nel 55% dei casi (51/93) le approvazioni accelerate erano confermate dai dati successivi, prodotti in un tempo mediano di circa 3,5 anni dopo la approvazione (range 6 mesi-12 anni). Per il 40% delle approvazioni (40/93) non si hanno ancora dati di conferma o smentita (il giudizio è ad oggi sospeso), mentre solo il 5% delle approvazioni date in fast-track sono poi state revocate. In questo caso, il tempo mediano alla revoca è stato di 9 anni.

Sebbene il giudizio sia sospeso in oltre un terzo delle approvazioni concesse, i casi in cui FDA ha ritrattato un iniziale approval accelerato sono stati molto pochi.

Quindi i sistemi regolatori che dovrebbero fare: attendere l'evidenza formale posticipando la possibilità del trattamento in clinica o confermare l'accesso al mercato sulla base di dati preliminari con endpoint surrrogati intermedi?

Il fast-track ha il grande pregio di esporre i pazienti a un nuovo farmnaco potenzialmente di straordinario valore. Ma rimane importante, tuttavia, che la decisione di confermare o meno l'approvazione condizionata sia tempestiva (pochi anni) e valutata accuratamente da una commissione di tecnici e un consulto di esperti. Inoltre, in questo periodo temporale, potrebbe essere negoziato con l'azienda un minor prezzo fino alla momento in cui sono fornite prove di efficacia.

La posizione però potrebbe generare sperequazioni tra Paesi industrializzati. Un esempio pratico è l'immunoterapia per pazienti con carcinoma colorettale avanzato, pretrattati, con instabilità dei microsatelliti (3-5% dei pazienti), approvato in US ma non approvabile da EMA sulla base dello studio di fase 2.

Considerato il trand dell'oncologia di precisione nel trattare con molecole particolarmente attive piccoli sottogruppi molecolari di pazienti con patologie frequenti, le Agenzie Regolatorie dovranno necessariamente trovare nuove sinergie da un lato con le associazioni dei malati e dall'altro con l'industria.