Miscellanea
Giovedì, 29 Marzo 2018

E' utile digiunare prima della chemioterapia?

A cura di Giuseppe Aprile

Privazione di cibo prima del trattamento antitumorale: argomento di moda sulle riviste divulgative e molto discusso sui social. Ma esiste un reale fondamento scientifico? Pubblicata la posizione del gruppo di lavoro AIOM-SINPE-FAVO.

Caccialanza R, et al. To fast, or not to fast before chemotherapy, this is the question. BMC Cancer 2018, epub ahead of print.

Sempre più spesso si parla di digiuno come misura per aumentare l'effetto della chemioterapia e ridurre i suoi potenziali effetti collaterali. Non solo sulle pagine patinate di riviste di costume o con finalità divulgativa, ma anche sui social network e in rete, con il rischio di distorsione delle evidenze, speculazioni di "nutrizionisti" non accreditati e output di messaggi ambigui o fuorvianti.

In questo contesto sociale va a collocarsi questa importante pubblicazioni del gruppo di lavoro collaborativo tra AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica), SINPE (Società Italiana di Nutrizione Artificiale e Metabolismo) e FAVO (Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia), capitanato da Riccardo Caccialanza e Paolo Pedrazzoli.

Per la natura della pubblicazione non esiste un disegno statistico.

Gli autori confermano che la grande maggioranza delle informazioni a proposito del digiuno e della restrizione calorica prima del trattamento antiblastico sia stato condotto in vitro o su animali.

Il digiuno preterapia ha la possibilità di proteggere le cellule sane dagli insulti tossici riducendo l'espressione di specifici oncogeni quali RAS e il pathway di AKT o riducendo IGF-1 e aumentando il fenomeno dell'autofagia (Longo VD, et al. Cell Metab 2014). Inoltre, dati sperimentali suggeriscono il digiuno possa potenziare l'efficacia dei TKI come il sorafenib utilizzato in modelli di epatocarcinoma  (Lo Re O, et al. J Cell Physiol 2018) o la chemioradioterapia in modelli murini con neoplasia gliale.

Nonostante queste iniziali evidenze precliniche, i dati clinici sul digiuno preterapia, sulla restrizione calorica preventiva o sulle diete periodiche con micronutrienti che simulano il digiuno (le cosiddette fasting mimicking diets) sono oggi scarsissimi e si limitano a studi pilota o serie aneddotiche, mentre alcuni studi adeguatamente campionati sono in corso.

Al momento attuale, quindi, il messaggio da fare passare deve essere estremamente cauto.

 

 

Gli autori sottolineano la scarsa evidenza di dati clinici a supporto del digiuno o della restrizione calorica preterapia e in modo equilibrato evidenziano limiti e rischi potenziali di un messaggio equivoco, distorto e potenzialmente molto pericoloso.

Il digiuno può indurre malnutrizione e innescare il fenomeno sarcopenico, notoriamente associato a un peggioramento dell'outcome clinico, una peggiore tolleranza ai trattamenti e un deterioramento della qualità di vita. Inoltre, pazienti con marcato sottopeso o perdita ponderale sono spesso esclusi dai trial clinici (quindi le informazioni sono ridotte). 

Inoltre vi è il pericolo della disinformazione o dell'informazione distorta. Sebbene non vi siano dati scientifici a supporto dell'indicazione alla restizione calorica, vi è un fiorire di pubblicazioni divulgative sul tema con il concreto rischio che il suggerimento di una dieta ipocalorica diventi un business commerciale nocivo alla salute.

Il compito di stabilire il ruolo delle più opportune abitudini alimentari per affrontare al meglio il difficile periodo della terapia oncologica deve rimanere alla ricerca seriamente condotta ed essere supportato da evidenze cliniche di alto valore scientifico. E anche per questo l'impegno del gruppo di lavoro AIOM-SINPE-FAVO continua con grande entusiasmo.