Patologia gastrointestinale
Mercoledì, 26 Novembre 2014

Va operato il tumore del colon in presenza di metastasi epatiche?

A cura di Giuseppe Aprile

Ad ora irrisolto il quesito se sia meglio operare la neoplasia primitiva colorettale in presenza di metastasi epatiche non resecabili ovvero sia preferibile non effettuare l'intervento. Uno studio retrospettivo francese tenta di rispondere alla domanda.

Faron M, et al. Is primary tumour resection associated with survival improvement in patients with colorectal cancer and unresectable synchronous metastases? A pooled analysis of individual data from four randomised trials. Eur J Cancer 2014; epub ahead of print 24 Nov.

Il dibattito riguardo all'indicazione all'intervento della neoplasia primitiva asintomatica rimane acceso, anche se una Cochrane metanalisis del 2012 (Cirocchi R, et al. Non-resection versus resection for an asymptomatic primary tumour in patients with unresectable stage IVcolorectal cancer) non evidenziava vantaggi in sopravvivenza neé in qualità di vita per i pazienti sottoposti a chirurgia pallliativa del primitivo.

Nel corso degli ultimi 10 anni si sono alternati atteggiamenti opposti sulla gestione della neoplasia in sede in presenza di malattia diffusa non resecabile. Tale incertezza è stata aumentata da alcune osservazioni, anch'esse contraddittorie, la cui interpretazione ha talvolta creato pregiudizi: la chemioterapia non ha effetto sulla neoplasia primitiva; la neoplasia in sede può infettarsi, sanguinare, perforarsi o portare alla subocclusione se non resecata immediatamente; la chirurgia del tumore primitivo ritarda l'avvio del trattamento sistemico; la causa di morte del paziente è molto più spesso legata alle sedi metastatiche che alla neoplasia primitiva.

In questo confuso panorama, lo studio analizza l'outcome di 810 pazienti inclusi in 4 successivi studi randomizzati: FFCD 9601, FFCD 2000-05, ACCORD 13 e ML-16987. Di essi, 478 (59%) erano stati trattati chirurgicamente sulla neoplasia primitiva. I pazienti arruolati nella analisi avevano lesioni secondarie diagnosticate entro 100 giorni dall'evidenza del tumore primitivo.

Gli obiettivi dello studio erano: confermare l'osservazione del vantaggio prognostico della resezione del primitivo documentata nel FFCD-9601, verificare l'interazione tra la resezione del primitivo ed altre covariate sulla overall survival e documentare il potenziale valore prognostico della resezione sulla OS dopo le opportune correzioni. Endpoint primario dello studio era overall survival.

L'analisi ha incluso 810 pazienti. Nei due gruppi considerati (478 pazienti sottoposti a resezione vs 332 non sottoposti a resezione), i pazienti indirizzati a chirurgia palliativa avevano un peso inferiore (p=0.008), una più frequente localizzazione colica (p<0.001), ed una malattia biochimicamente meno aggressiva per un più basso valore di CEA, fosfatasi alcalina e di WBC (tutti p<0.001).

Nell'analisi multivariata, la chirurgia sul primitivo si è dimostrata associata in modo indipendente ad una migliore OS mediana (19.2 mesi vs 13.3 mesi, HR 0.63, 95%CI 0.53-0.75, p<0.001) come anche ad una prolungata sopravvivenza libera da progressione (HR 0.72, 95%CI 0.70-0.95, p<0.001).

Lo studio documenta un miglioramento della sopravvivenza per i pazienti che vengono inviati al chirurgo anche in presenza di lesioni secondarie epatiche non resecabili (HR per OS 0.63 in analisi multivariata, p<0.001) e si allinea ai dati di un'altra recente pubblicazione (Tarantino I, et al. Ann Surg 2014) che dimostra un effetto favorevole ancora più marcato per la chirurgia palliativa del tumore primitivo.

Tuttavia, l'analisi francese non discrimina con precisione se i pazienti con neoplasia resecata siano proprio quelli a prognosi più favorevole né, nell'epoca della strategia di maintenance, quale sia il timing ottimale per programmare la chirurgia resettiva della neoplasia colorettale.

In sintesi, la questione riguardo alla possibilità di resezione rimane aperta, ma l'ago della bilancia sembra ora spostarsi verso l'indicazione alla chirurgia.