Patologia gastrointestinale
Giovedì, 20 Ottobre 2016

Peritoneo: luci e ombre di una membrana misteriosa

A cura di Giuseppe Aprile

Da foglietto protettivo dei visceri addominali a potenziale ricettacolo di cellule neoplastiche. Lo studio internazionale promosso dall’ARCAD riafferma come il coinvolgimento peritoneale da carcinoma del colon sia un evento di per sé sfavorevole, ma con opportunità terapeutiche inaspettate.

Franko J, et al. Prognosis of patients with peritoneal metastatic colorectal cancer given systemic therapy: an analysis of individual patient data from prospective randomised trials from the Analysis and Research in Cancers of the Digestive System (ARCAD) database. Lancet Oncol. 2016 Oct 12

La membrane peritoneale, costituita da una sierosa di mesotelio sottile e trasparente, riveste gli organi contenuti nella cavità addominale e si continua nei legamenti di sostegno dei visceri cavi. E’ noto il coinvoglimento peritoneale possa avvenire per contiguità, caduta gravitaria o diffusione ematica in differenti patologie neoplastiche. Nel caso dei tumori colorettali, il peritoneo rappresenta la terza localizzazione più frequente (10% dei casi circa), dopo fegato e polmoni. La carcinosi peritoneale produce frequentemente sintomi e invariabilmente causa malassorbimento, cachessia, dismotilità intestinale portando in breve tempo all’exitus.

Lo studio proposto dal gruppo internazionale ARCAD si propone di valutare e quantificare l’effetto prognostico sfavorevole del coinvolgimento peritoneale, analizzando dati individuali di oltre 10.500 pazienti inclusi in 14 trial di prima linea e condotti dal 1997 al 2008. In questa analisi, per valutare l’impatto prognostico del coinvolgimento peritoneale su PFS e OS, sono stati usati modelli multivariati di Cox corretti per età, sesso, ECOG performance status, localizzazione primaria della neoplasia, precedent trattamenti sistemici e BMI basale.  Da notare che la sola presenza di ascite senza conferma radiologica basale non era considerata come coinvolgimento peritoneale. Endpoint primario dello studio era la sopravvivenza overall calcolata dal giorno della randomizzazione a quello del decesso per qualsiasi causa. Una analisi post-hoc ha anche considerate l’impatto della biologia molecolare, in particolare della presenza di mutazione di BRAF.

87% dei pazienti non aveva coinvolgimento peritoneale (4.385 pazienti avevano un solo sito metastatico, 4.793 più di una localizzazione a distanza).

2% dei pazienti aveva malattia metastatica esclusivamente nel peritoneo (194 casi)

11% dei pazienti aveva malattia peritoneale con coinvolgimento simultaneo di altre sedi

I pazienti con malattia peritoneale – paragonati a quelli senza coinvolgimento del peritoneo - erano più frequentemente donne (41% vs 35%, p=0.0003), con malattia originata in sede colica (84% vs 66%, p<0.0001) e con PS scaduto (10% vs 5%). Inoltre, era chiara una relazione tra la mutazione di BRAF e la localizzazione sierosa addominale: i pazienti con malattia peritoneale esclusiva erano BRAF mutati nel 18% dei casi, quelli con malattia anche peritoneale nel 12% dei casi, quelli senza coinvolgimento peritoneale nel 9% dei casi (p fra gruppi =0.028).

Per i pazienti con una singola sede metastatica la sopravvivenza differiva in accordo alla localizzazione: OS mediana di 25 mesi se solo polmone, di 19 mesi se solo fegato, di 16 mesi se solo peritoneo.

Nella analisi completa invece, la OS mediana dei pazienti senza malattia peritoneale (limitata a un solo organo) era pari a 20 mesi, quella dei pazienti con malattia peritoneale isolata pari a 16.3 mesi, quella dei pazienti con malattia non peritoneale non isolata (estesa a più organi) di 15.7 mesi e quella dei pazienti con malattia peritoneale non esclusiva di 12.6 mesi (adjusted HR 1.40, 95%CI 1.14-1.71, p<0.001).

Lo studio conferma come la localizzazione peritoneale in presenza di malattia diffusa sia un fattore prognostico negativo. La malattia peritoneale isolata, invece, sembra avere un minore impatto negativo, probabilmente per la possibilità di trattamenti personalizzati con chirurgia e chemioipertermia (da effettuarsi solo in centri selezionati!). Tali opzioni terapeutiche, pur non diffusamente accettate nella comunità scientifica, sono comunque citate anche dalle più recenti linee guida ESMO e AIOM.

Rimangono tuttavia da chiarire i motivi dello svantaggio prognostico: peggior tolleranza al trattamento sistemico con possibili riduzioni di dose? Maggior incidenza di disturbi della nutrizione con cachessia neoplastica? Resistenza intrinseca per caratteristiche di biologia molecolare?....