Patologia genito-urinaria
Sabato, 27 Agosto 2016

Quando la prognosi è anche nell’emocromo

A cura di Massimo Di Maio

Uno studio coreano evidenzia la cattiva prognosi delle pazienti con carcinoma della cervice uterina, sottoposte a radioterapia, quando si registri un alto valore di globuli bianchi e un alto rapporto tra neutrofili e linfociti.

Cho Y, Kim KH, Yoon HI, Kim GE, Kim YB. Tumor-related leukocytosis is associated with poor radiation response and clinical outcome in uterine cervical cancer patients. Ann Oncol. 2016 Aug 8. pii: mdw308. [Epub ahead of print]

Sono numerosi gli studi, in larga parte retrospettivi, che hanno documentato il ruolo prognostico negativo della leucocitosi e dell’elevato rapporto tra neutrofili e linfociti in una lunga lista di neoplasie solide.

Obiettivo dello studio recentemente pubblicato su Annals of Oncology da un gruppo di ricercatori coreani era la descrizione dell’impatto prognostico della leucocitosi correlata al tumore (TRL, tumor-related leukocytosis), vale a dire l’innalzamento dei globuli bianchi apparentemente non attribuibile ad un’infezione, sull’outcome di una serie di pazienti con carcinoma della cervice uterina candidate a ricevere trattamento radioterapico.

Le pazienti eleggibili per l’analisi avevano ricevuto radioterapia per una neoplasia della cervice uterina (stadio IA – IVA), con o senza chemioterapia contenente platino, tra il 1986 e il 2012.

L’eventuale leucocitosi veniva registrata prendendo retrospettivamente in considerazione sia l’emocromo basale che quelli eseguiti durante il trattamento radioterapico: la paziente era considerata come positiva per la TRL se si fosse registrato un numero di leucociti superiore a 9000/mm3 in almeno 2 occasioni al momento della diagnosi e durante il trattamento.

Oltre a valutare la TRL, gli autori analizzano anche l’impatto prognostico del rapporto tra il valore di neutrofili e il valore di linfociti (neutrophil-to-lymphocyte ratio, NLR).

Endpoint principali dell’analisi erano:

  • la sopravvivenza libera da recidiva loco regionale (Locoregional failure-free survival, LFFS);
  • la sopravvivenza globale (overall survival, OS).

Complessivamente, sono state incluse nell’analisi 2456 pazienti. Età mediana delle pazienti era 55 anni, e l’analisi si è basata sui dati di un follow-up mediano pari ad oltre 5 anni.

Secondo la definizione sopra riportata, 398 pazienti (pari al 16% della casistica) hanno riportato TRL: tali pazienti si presentavano mediamente più giovani, con tumori di maggiori dimensioni, stadio più avanato e maggiore frequenza di metastasi linfonodali.

La probabilità di remissione completa con il trattamento radioterapico è risultata significativamente peggiore nel gruppo di pazienti con leucocitosi rispetto alle alter: 89.9% vs. 96.3%, p=0.042).

La sopravvivenza libera da recidiva locoregionale è risultata significativamente peggiore nelle donne con leucocitosi rispetto alle altre: a 10 anni, 69% vs 87%, p<0.001.

Anche la sopravvivenza globale è risultata significativamente peggiore nelle donne con leucocitosi rispetto alle altre: a 10 anni, 63% vs 81%, p<0.001.

In considerazione delle significative differenze tra i gruppi in termini di vari importanti fattori prognostici, gli autori presentano anche un’analisi basata sul propensity score matching, e un’analisi multivariata, che confermano l’impatto prognostico significativo della leucocitosi.

Anche il rapporto tra neutrofili e linfociti dimostrava un impatto prognostico all’analisi multivariata. Sia nel gruppo di donne con leucocitosi, sia nel gruppo di donne senza leucocitosi, l’outcome delle pazienti con elevato NLR risultava significativamente peggiore.

Anche nel setting oggetto di questa pubblicazione, la presenza di leucocitosi correlata al tumore e l’elevato rapporto tra neutrofili e linfociti si confermano, come in molti altri setting, associati ad una prognosi peggiore.

Le implicazioni pratiche di questo risultato sono purtroppo, almeno al momento, molto scarse, in quanto non è dimostrato che una terapia diversa e/o più aggressiva comporti un miglioramento della prognosi per queste pazienti.

L’altro limite di questo studio è che, come riconosciuto dagli stessi autori nella discussione, l’analisi è basata su una casistica trattata in un periodo di tempo veramente lungo (più che ventennale), con la conseguente eterogeneità in termini di qualità della raccolta dei dati e in termini di tipologie di trattamenti somministrati.