Patologia genito-urinaria
Giovedì, 07 Giugno 2018

Nefrectomia citoriduttiva: è davvero necessaria?

A cura di Giuseppe Aprile

Presentati in plenaria all'ASCO 2018 e immediatamente pubblicati sul New Engl J Med i risultati del CARMENA, lo studio che sfida un paradigma durato un ventennio: nell'epoca delle terapie target la nefrectomia citoriduttiva è davvero necessaria?

Mejean A, et al. Sunitinib Alone or after Nephrectomy in Metastatic Renal-Cell Carcinoma. New Engl J Med 2018, June 3rd epub ahead of print

Negli ultimi 20 anni, l'evidenza di due studi randomizzati condotti nell'epoca delle citochine ha reso granitica la convinzione che la nefrectomia palliativa producesse un beneficio in sopravvivenza anche nel paziente con tumore renale avanzato.

Tuttavia, il paradigma di trattamento della malattia metastatica si è modificato in modo drammatico, con la disponibilità nella pratica clinica di varie nuove terapie (TKI, antiangiogenici, immunoterapia) in prima e seconda linea di trattamento. In epoca recente, la nefrectomia è stata comunque confermata come opzione di vantaggio per pazienti con malattia resecabile in casistiche retrospettive, ma solo quando con fattori di rischio IMDC 1, 2 o 3.

Lo studio CARMENA, un trial di fase 3 randomizzato coordinato dal gruppo francese, nell'arco di 8 anni ha randomizzato 450 pazienti a ricevere nefrectomia seguita dopo 3-6 settimane da terapia sistemica con sunitinib (50 mg/die 4 settimane on / 2 off) ovvero la sola terapia medica. Criteri di eleggibilità nella sperimentazione erano la diagnosi istologica di neoplasia renale a cellule chiare tecnicamente resecabile, assenza di precedente trattamento, PS 0-1, e malattia metastatica cerebrale inon presente o controllata. I pazienti sono stati randomizzati 1:1 e stratificati per rischio secondo criteri MSKCC e centro; endpoint primario dello studio era la sopravvivenza overall. Il disegno era quello di non inferiorità, con un margine di non inferiorità per HR di 1.20.

Nel complesso 226 pazienti sono stati randomizzati al braccio di chirurgia renale seguita da terapia con sunitinib vs 224 al solo trattamento con il TKI. L'età mediana dei pazienti inclusi era di circa 63 anni, con il 40% di casi in entrambi i bracci di poor risk secondo MSKCC.

La dimensione della neoplasia primitiva era compresa tra 8,5 e 9 cm in entrambi i bracci di trattamento, con poco meno dell'80% dei pazienti che presentavano lesioni secondarie polmonari.

I dati sono stati presentati dopo un follow-up mediano di 51 mesi (326 eventi), il trial è stato interrotto alla seconda interim analysis e i dati considerati definitivi.

Il trattamento con solo sunitinib si è dimostrato non inferiore alla sequenza di nefrectomia seguita da terapia medica: HR 0.89, 95%CI 0.71-1.10; la percentuale di pazienti vivi a 12 mesi era 64.4% vs 55.2%; a 24 mesi di 42.6% vs 35%; a 36 mesi di 29.1% vs 25.9%, confermando che la curva di sopravvivenza dei pazienti trattati con solo sunitinib era sempre favorevole rispetto a quella del braccio che riceveva anche chirurgia.

L'analisi separata per livello di rischio secondo MSKCC score era concorde ai dati riportati per l'intera popolazione.

Inoltre, i pazienti trattati con solo sunitinib avevano vantaggio in PFS mediana (8.3 vs 7.2 mesi) e in tasso di risposte e controllo della malattia.

Lo studio CARMENA cambia un caposaldo della terapia e dimostra in modo inequivocabile che quando vi sia indicazione al trattamento medico, la terapia sistemica con sunitinib sia non inferiore alla stessa terapia preceduta dalla nefrectomia.

Oltre a migliorare l'outcome globale del trattamento, risparmiare una chirurgia non necessaria evita un atto chirurgico con rischi di mortalità, morbidità e ritardo nell'inizio della efficace terapia sistemica. E se sono gli stessi chirurghi urologi a presentare i dati... come fare a non esserne definitivamente convinti?

E allora nefrectomia a nessuno o rimane allora un setting particolare nel quale valutare la proposta di nefrectomia palliativa? Probabilmente la chirurgia mantiene una ragionevole indicazione per pazienti con sintomi da malattia locale (sanguinamento, dolore) o per pazienti con basso carico di malattia (meglio se limitata ai polmoni), buon performance status e favorevole classe di rischio.