Patologia mammaria
Martedì, 07 Ottobre 2014

Meglio ben accompagnati che soli: antiangiogenesi e chemioterapia.

A cura di Fabio Puglisi

Depotenziare il trattamento chemioterapico mantenendo invariata l'inibizione dell'angiogenesi. Lo studio IMELDA propone tale strategia terapeutica in pazienti con carcinoma mammario metastatico HER2 negativo. 

Gligorov J, et al. Maintenance capecitabine and bevacizumab versus bevacizumab alone after initial first-line bevacizumab and docetaxel for patients with HER2-negative metastatic breast cancer (IMELDA): a randomised, open-label, phase 3 trial. Lancet Oncol 2014, [Epub ahead of print]

 

 

In pazienti con carcinoma mammario metastatico HER2 negativo, lo studio AVADO aveva dimostrato un vantaggio dalla combinazione di docetaxel e bevacizumab rispetto alla sola chemioterapia. Lo stesso studio riportava una mediana di durata del trattamento con docetaxel pari a 5.5 mesi. Ciò potrebbe avere limitato i potenziai benefici della combinazione, dal momento che il bevacizumab sembra essere più efficace se associato alla chemioterapia rispetto all'utilizzo come agente singolo. Prolungare il docetaxel fino alla progressione è peraltro irrealistico e lo stesso studio AVADO proponeva un massimo di 9 cicli, consentendo di proseguire con il solo bevacizumab. 

Lo studio IMELDA, attraverso un disegno randomizzato, open-label, di fase III, ha analizzato la strategia di depotenziare il trattamento chemioterapico impiegando la capecitabina al posto del docetaxel in pazienti con carcinoma mammario HER2 negativo (malattia misurabile) sottoposte a 3-6 cicli di terapia di prima linea con bevacizumab (15 mg/kg) e docetaxel (75–100 mg/m²) q21.
In assenza di progressione di malattia dopo la fase iniziale di trattamento, la randomizzazione (1:1) assegnava uno dei seguenti trattamenti:

  • combinazione di bevacizumab e capecitabina
  • monoterapia con bevacizumab

Il bevacizumab era somministrato alla dose di 15 mg/kg q21. La capecitabina alla dose di 1000 mg/m² due volte die nei giorni 1-14 q21. 

Endpoint primario: progression-free survival (dalla randomizzazione) nella popolazione intention-to-treat.

 

Lo studio, iniziato nel 2009, ha visto una chiusura prematura dell'arruolamento nel 2011. In quel momento, 284 pazienti avevano ricevuto il trattamento iniziale con bevacizumab e docetaxel. Di queste, 185 (65%) hanno proseguito con la seconda fase di terapia e, a seguito della randomizzazione, sono state assegnate a ricevere capecitabina/bevacizumab (N=91) o solo bevacizumab (n=94). La progression-free survival è risultata significativamente superiore nel braccio di combinazione (mediana 11.9 mesi, 95% IC 9.8–15.4) rispetto al braccio con il solo anti-VEGF (4.3 mesi, 95% IC 3.9–6.8), con un hazard ratio (HR) pari a 0.38 (95% IC 0.27–0.55, p<0.0001). Inoltre, il mantenimento con chemioterapia e bevacizumab ha determinato un vantaggio in overall survival (mediana 39 mesi vs 23.7 mesi, HR 0.43, 95% IC 0.26–0.69, p=0.0003). Gli eventi avversi di grado ≥3 sono stati più comuni nel braccio bevacizumab/capecitabina (49%) rispetto al braccio con il solo bevacizumab (27%). In particolare, l'hand-foot syndrome si è rivelata la principale tossicità di grado 3 (31%) sperimentata con la combinazione.

Lo studio IMELDA supporta la terapia di mantenimento con bevacizumab e capecitabina in pazienti con carcinoma mammario avanzato HER2 negativo e in assenza di progressione dopo una terapia di I linea con bevacizumab e docetaxel. Il beneficio è stato ottenuto sia in termini di progression-free survival (endpoint primario) e di overall survival.

La strategia di mantenere il blocco di VEGF proseguendo il trattamento chemioterapico è realizzabile attraverso l'impiego di un agente orale ben tollerato, quale la capecitabina.

Inoltre, è interessante ipotizzare un ruolo predittivo per timidina fosforilasi, enzima coinvolto nei passaggi di conversione da capecitabina a 5-fluorouracile e implicato nei processi di angiogenesi tumorale (Bonotto M, et al Clin Breast Cancer 2013;13:167-72). In presenza di tumori con iperespressione di timidina fosforilasi, il beneficio dalla combinazione bevacizumab/capecitabina potrebbe essere maggiore.