Patologia mammaria
Martedì, 11 Ottobre 2016

Svelato l’enigma del sorriso di MONALEESA-2: si chiama ribociclib

A cura di Fabio Puglisi

Lo studio MONALEESA-2 (Mammary Oncology Assessmentof LEE011’s Efficacy and Safety) calca la scena con il ribociclib e fa subito centro. A oggi, si tratta della migliore performance mai osservata nel trattamento del carcinoma mammario avanzato con espressione dei recettori ormonali (HR+) e con stato di HER2 negativo.

Hortobagyi GN, et al. Ribociclib as First-Line Therapy for HR-Positive, Advanced Breast Cancer. N Engl J Med 2016 [Epub ahead of print]

Le chinasi ciclino-dipendenti 4 e 6 (CDK4/6) insieme alla ciclina D1 (codificata dal gene CCND1 ) regolano la progressione del ciclo cellulare. Una iperespressione di CDK4/6 e una amplificazione di CCND1, presenti frequentemente nei carcinomi mammari con espressione dei recettori estrogenici (HR+), rappresentano mediatori chiave della resistenza endocrina.
L’inibizione del pathway che coinvolge ciclina D, CDK4/6, INK4 e proteina del retinoblastoma è una strategia terapeutica emergente per il trattamento del carcinoma mammario avanzato HR+, sia come opzione di prima linea sia in pazienti con resistenza all’endocrinoterapia (alias già trattate con agenti antiormonali).

Il Ribociclib (LEE011) è una piccola molecola, inibitore selettivo di CDK4/6, che esita nel blocco della fosforilazione della proteina del retinoblastoma prevenendo la progressione del ciclo cellulare e inducendo un arresto in fase G1.

MONALEESA-2 (Mammary Oncology Assessmentof LEE011’s Efficacy and Safety) è uno studio randomizzato, placebo-controlled, di fase III che ha valutato efficacia e sicurezza di ribociclib in combinazione con letrozolo per il trattamento di prima linea del carcinoma mammario avanzato HR+, HER2+.

In totale, lo studio ha arruolato 668 donne in stato postmenopausale non trattate in precedenza con agenti sistemici per la malattia avanzata.
Una precedente terapia neoadiuvante o adiuvante con inibitore dell’aromatasi non steroideo non era consentita, a meno di un intervallo libero da malattia superiore ai 12 mesi.
Fra i criteri di esclusione, vi era un intervallo QT corretto per la frequenza cardiaca sulla base della formula di Fridericia (QTcF) superiore a 450 msec.

Randomizzazione:
• ribociclib 600 mg die per 3 settimane consecutive ogni 4 + letrozolo 2.5 mg die
• placebo + letrozolo

Stratificazione per presenza/assenza di metastasi epatiche o polmonari.

Riduzioni di dose del ribociclib (da 600 mg a 400 mg a 200 mg die) erano consentite al fine di gestire gli effetti collaterali. Le pazienti che interrompevano la terapia con ribociclib/placebo potevano proseguire con letrozolo. Il crossover non era concesso.

Endpoint

  • primario: progression-free survival valutata dal ricercatore
  • secondari: overall survival, tasso di risposte, sicurezza

Le valutazioni mediante TC o RM sono state effettuate al basale, ogni 8 settimane per i primi 18 mesi, quindi ogni 12 settimane fino alla progressione.

Un’analisi ad interim prepianificata è stata effettuata in gennaio 2016 dopo aver osservato 243 eventi (progressione o morte). I criteri prespecificati per definire la superiorità di ribociclib rispetto al placebo richiedevano un hazard ratio ≤ 0.56 con un valore di p<1.29 x 10−5.



Durata mediana del follow-up: 15.3 mesi.

Casistica: 668 pazienti, 334 assegnate al braccio ribociclib + letrozolo e 334 a placebo + letrozolo.

  • Età mediana: 62 anni
  • Malattia avanzata de novo: 227 pazienti (34.0%: 34.1% nel gruppo ribociclib e 33.8% nel gruppo placebo)
  • Disease-free interval > 24 mesi in 397 patients (59.4%)
  • Malattia viscerale: 393 pazienti (58.8%)
  • Malattia unicamente ossea: 147 (22.0%)

La superiorità di ribociclib rispetto a placebo è stata formalmente dimostrata, avendo osservato una progression-free survival (PFS, endpoint primario) significativamente più lunga:
• hazard ratio: 0.56 (95% IC, 0.43-0.72), p=3.29 x 10−6
• mediana: 95% IC da 19.3 mesi a non raggiunta vs. 14.7 mesi (95% IC, 13.0-16.5)

PFS a 12 mesi: 72.8% con ribociclib (95% IC, 67.3-77.6) e 60.9% (95% IC, 55.1-66.2) con placebo
PFS a 18 mesi: 63.0% con ribociclib (95% IC, 54.6-70.3) e 42.2% (95% IC, 34.8-49.5) con placebo.
Il beneficio in PFS è stato osservato in tutti i sottogruppi predefiniti.
Tasso di risposta (malattia misurabile al basale): 52.7% con ribociclib e 37.1% con placebo (p<0.001).
Clinical benefit rate (malattia misurabile al basale): 80.1% con ribociclib e 71.8% con placebo (p = 0.02).

Effetti collaterali di grado 3 o 4 occorsi in più del 10% delle pazienti:
• neutropenia (ribociclib 59.3%; placebo 0.9%)
• leucopenia (ribociclib 21.0%; placebo 0.6%)
Tasso di interruzione della terapia a causa di eventi avversi: ribociclib 7.5; placebo 2.1%

Fra le tossicità specifiche, il prolungamento dell’intervallo QTcF a > 480 msec si è verificato nel 3.3% delle pazienti trattate con ribociclib alla dose di 600 mg, per lo più nelle prime 4 settimane di trattamento. La limitazione dell’incidenza di tale effetto collaterale è verosimilmente dovuta alla gestione proattiva mediante interruzione del trattamento o riduzione di dose (l’effetto è infatti dose-dipendente).

 

Lo studio MONALEESA-2 dimostra un chiaro vantaggio in termini di progression-free survival dall’aggiunta del ribociclib al letrozolo in pazienti con carcinoma mammario avanzato HR+, HER2-.

Nell’interpretazione dei risultati va notato che la popolazione in studio includeva una percentuale elevata di pazienti con prevedibile endocrinosensibilità (diagnosi di malattia avanzata de novo o disease-free interval >24 mesi). Tuttavia, l’analisi per sottogruppo ha evidenziato un vantaggio in PFS indipendentemente dallo stadio alla diagnosi (precoce verso avanzato).

Buon profilo di sicurezza, leucopenia e neutropenia gli effetti collaterali principali. Raccomandata attenzione nella selezione delle pazienti e monitoraggio proattivo per ridurre l’incidenza del prolungamento dell’intervallo QT.