Patologia mammaria
Lunedì, 21 Novembre 2016

Chemioterapia o terapia endocrina? Rispondiamo con la "real-life based medicine".

A cura di Fabio Puglisi

In accordo alle linee guida correnti, la terapia endocrina è il trattamento di prima linea raccomandato nelle forme luminali di carcinoma mammario metastatico.  D'altro canto, la chemioterapia, nelle forme con espressione dei recettori ormonali, dovrebbe essere proposta in presenza di malattia life-threatening. Eppure, quasi il 40% delle pazienti riceve un trattamento chemioterapico anche quando le raccomandazioni suggerirebbero una terapia antiormonale.

Bonotto M, et al. Chemotherapy versus endocrine therapy as first-line treatment in patients with luminal-like HER2 negative metastatic breast cancer: A propensity score analysis. Breast 2016;31:114-120.

In accordo alle linee guida internazionali, la terapia endocrina (ET) dovrebbe essere preferita alla chemioterapia (CT) quale trattamento di prima linea del carcinoma mammario metastatico con espressione dei recettori ormonali (forme luminali). La CT dovrebbe essere riservata alle situazioni di malattia life-threatening

Uno studio di real-life ha esaminato l'uso in prima linea di ET o CT in una popolazione italiana di donne con carcinoma mammario metastatico caratterizzato da espressione dei recettori ormonali e stato di HER2 negativo. 

In particolare, si è cercato di rispondere alle seguenti domande:

  • Quale associazione esiste tra fattori paziente- o patologia-relati e scelta terapeutica (ET vs. CT)?
  • Può la scelta terapeutica (ET vs. CT) influenzare l'outcome?

Lo studio ha analizzato una casistica consecutiva di 604 donne trattate presso i Centri di Udine e di Napoli nel periodo tra il 2004 e il 2014. Sono stati esclusi 158 casi con stato di HER2 positivo o incerto.

Analisi statistica

  • Test di associazione per identificare i determinanti  della decisione terapeutica (ET vs. CT).
  • Metodo del propensity score per stimare l'impatto della strategia di prima linea sull'outcome (overall survival e progression free survival). Tale approccio è stato utilizzato al fine di ridurre i bias legati alla natura retrospettiva dello studio.

L'analisi è stata condotta su 446 pazienti. Di queste, 171 (38%) hanno ricevuto un trattamento chemioterapico di prima linea.

In analisi multivariata, gli unici fattori predittivi della scelta terapeutica (minore propensione all'impiego della chemioterapia) sono risultati l'età ≥ 70 anni (OR 0.25, 95%IC. 0.13-0.49) e la presenza di sola malattia ossea (OR 0.26, 95%IC 0.13-0.53). 

Nella popolazione in cui è stato applicato il propensity score, non è stata osservata alcuna differenza tra chemioterapia e terapia endocrina di I linea, sia in termini di overall survival (rispettivamente 37.5 mesi e 33.4 mesi, log-rank test, P = 0.62) sia in termini di progression-free survival (rispettivamente 13.3 mesi e 9.9 mesi, log-rank test, P = 0.92).

Sebbene le linee guida suggeriscano di utilizzare un agente antiormonale quale trattamento di prima linea del carcinoma mammario luminale e con stato di HER2 negativo, quasi il 40% delle donne viene trattato con chemioterapia in presenza di tale condizione.

L'età ≥ 70 anni e/o la presenza esclusiva di metastasi ossee (bone-only disease) hanno orientato gli oncologi verso l'utilizzo della terapia endocrina. 

Nelle forme luminali, sebbene con i limiti di un'analisi retrospettiva, non è stata osservata alcuna differenza tra chemioterapia e endocrinoterapia in termini di outcome. Tale osservazione supporta quanto raccomandato dalle linee guida e cioè l'indicazione a prediligere il trattamento antiormonale. 

Lo studio, grazie alla correzione con il metodo del propensity score, ha consentito di analizzare una casistica retrospettiva di real-life, in un ambito in cui sarà difficile ipotizzare la realizzazione di studi prospettici randomizzati.