Patologia mammaria
Lunedì, 20 Febbraio 2017
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Colesterolo e carcinoma mammario: quale relazione?

A cura di Fabio Puglisi

RIchiedere una valutazione dei livelli di colesterolemia in pazienti con carcinoma mammario ha molteplici implicazioni cliniche:

  • potenziale controindicazione all'impiego di inibitori dell'aromatasi
  • potenziale effetto collaterale da inibitori dell'aromatasi
  • potenziale interferenza con la prognosi

Un'analisi ancillare dello studio BIG 1-98 valuta l'associazione tra utilizzo di agenti ipocolesterolemizzanti e rischio di recidiva.

Borgquist S, et al. Cholesterol, Cholesterol-Lowering Medication Use, and Breast Cancer Outcome in the BIG 1-98 Study. J Clin Oncol 2017 (in press)

E' stato ipotizzato che i farmaci ipocolesterolemizzanti possano avere un ruolo nel prevenire le recidive da carcinoma mammario. Tali agenti agirebbero attenuando il segnale sul recettore estrogenico attraverso una riduzione dei livelli del  27-idrossicolesterolo, metabolita del colesterolo. L'impatto del trattamento endocrino sui livelli di colesterolo e l'ipercolesterolemia di per se potrebbero quindi contrastare l'efficacia stessa degli inibitori dell'aromatasi. 

Il BIG 1-98 è uno studio randomizzato di fase III  in doppio cieco che, tra il 1998 e il  2003, ha arruolato 8010 donne in post-menopausa con una diagnosi di carcinoma mammario positivo per i recettori estrogenici. 

Bracci di trattamento (durata del trattamento: 5 anni):

  • tamoxifen 20 mg die
  • letrozolo 2.5 mg die
  • sequenza tamoxifen x 2 anni ---> letrozolo x 3 anni
  • sequenza letrozolo x 2 anni ---> tamoxifen x 3 anni

Sottostudio (condotto su 7963 pazienti che avevano ricevuto almeno una dose di terapia endocrina)

  • I livelli sistemici di colesterolo totale e l'uso di agenti ipocolesterolemizzanti sono stati valutati all'ingresso in studio e ogni 6 mesi per 5.5 anni.  È stata quindi analizzata l'associazione tra uso di agenti ipocolesterolemizzanti e outcome

Endpoint considerati:

  • disease-free-survival
  • breast cancer–free interval
  • distant recurrence–free interval

 

Le pazienti trattate con tamoxifene hanno sperimentato una riduzione dei livelli sierici di colesterolo, mentre fra le pazienti assegnate a letrozolo non sono state osservate variazioni della colesterolemia rispetto ai valori pre-trattamento endocrino.  

Delle 789 pazienti che hanno iniziato una terapia ipocolesterolemizzante durante il trattamento antiormonale, la maggior parte apparteneva al braccio di monoterapia con letrozolo (n = 318). A seguire, la frequenza di utilizzo era così distribuita:  tamoxifen-letrozolo (n = 189),  letrozolo-tamoxifen (n = 176), tamoxifen (n = 106).

Iniziare un trattamento ipocolesterolemizzante durante la terapia antiormonale è associato a un outcome migliore in termini di:

  • disease-free-survival (hazard ratio [HR], 0.79; 95% CI, 0.66 to 0.95; P = .01)
  • breast cancer–free interval (HR, 0.76; 95% CI, 0.60 to 0.97; P = .02)
  • distant recurrence–free interval (HR, 0.74; 95% CI, 0.56 to 0.97; P = .03)

L'effetto prognostico del trattamento ipocolesterolemizzante non è stato osservato fra le pazienti trattate con il solo tamoxifen. 

Il 27-idrossicolesterolo, metabolita del colesterolo, agisce come ligando del recettore estrogenico. Pertanto, nelle pazienti con carcinoma mammario, è stata ipotizzata una relazione tra livelli di colesterolo e prognosi.

Questa ipotesi è supportata dalla sottoanalisi dello studio BIG 1-98. In particolare, fra le pazienti che hanno utilizzato farmaci ipocolesterolemizzanti (statine e non) durante la terapia endocrina adiuvante (letrozolo) è stata osservata una riduzione del rischio di recidiva. 

L'analisi è osservazionale e deve essere confermata da studi prospettici.