Patologia mammaria
Martedì, 11 Luglio 2017

Casi equivoci? Sentiamo Beppe.

A cura di Fabio Puglisi

Beppe Viale, esperto indiscusso di patologia mammaria, ci coinvolge in un interessante approfondimento sulla gestione dei casi equivoci per espressione dei recettori ormonali e dello stato di HER2.

Viale G. Controversies in treatment selection for patients with equivocal ER and HER2 results. Breast 2017 [Epub ahead of print]

 

Stato dei recettori ormonali

L’espressione dei recettori estrogenici (ER) e progestinici (PgR) nel carcinoma mammario ha un ruolo prognostico e predittivo di risposta alla terapia endocrina.
Per lo più è riportata come variabile continua andando dallo zero al 100% di cellule neoplastiche positive alla colorazione immunoistochimica. Quando si parla di stato dei recettori ormonali la variabile diventa dicotomica (positivo vs negativo) e bisogna attribuire un cut-off point (valore soglia) che, necessariamente, è arbitrario (1%, 5%-10% e 20%).
In accordo alle più recenti raccomandazioni di St. Gallen, recepite e caldeggiate dalle linee guida ASCO/CAP, il carcinoma mammario è definito ER-positivo se almeno l’1% delle cellule invasive è immunoreattivo. Di conseguenza, la terapia endocrina trova indicazione in pazienti i cui tumori mostrano almeno l’1% di cellule ER-positive.
La valutazione dell’intensità di colorazione, in aggiunta alla definizione della percentuale di cellule immunoreattive, è talora riportata in termini di score, come nei metodi di Allred e dell’H-score. Tuttavia, le stesse linee guida ASCO/CAP non raccomandano l’utilizzo della valutazione combinata intensità/percentuale per il rischio di errori di interpretazione da parte dei clinici.

Stato di HER2

Lo stato di HER2 si valuta con l'immunoistochimica (IHC) e con le tecniche di ibridazione in situ (ISH). In accordo alle linee guida ASCO/CAP, un risultato da IHC è considerato equivoco se:
• colorazione completa di membrana di intensità da debole a moderata o colorazione parziale di membrana da moderata a intensa in >10% delle cellule invasive
• colorazione completa intensa di membrana nel 10% o meno delle cellule tumorali.
D’altro canto, un test ISH è considerato equivoco se:
• media del numero di geni HER2 tra 4 e 6 e rapporto geni HER2/centromeri del cromosoma 17 < 2

 

Stato dei recettori ormonali

Nel caso dello stato di ER, il termine “equivoco” non dovrebbe essere usato, anche se esiste controversia circa il ruolo prognostico e predittivo di ER in presenza di una scarsa espressione (cioè percentuale tra l’1% e il 9% di cellulle positive o Allred score 3-5 o H score 1-30). In letteratura, piuttosto, si usa la definizione di “ER-poor”.
Trattandosi di casi poco frequenti (circa il 2-3% di tutti i tumori mammari), non si dispone di studi prospettici che abbiano definito la strategia terapeutica ottimale.
Gli unici dati disponibili provengono analisi di sottogruppo retrospettive effettuate nel contesto di trial clinici randomizzati o studi osservazionali condotti utilizzando database di singole Istituzioni.
Generalmente, le pazienti con tumori ER-poor sono più giovani e di razza non bianca. Inoltre, gli stessi tumori sono per lo di grado e/o stadio più elevato, HER2-positivi, e PgR-negativi. Morfologicamente, in analogia con le forme triple-negative (o basal-like), si caratterizzano per un pattern di crescita sheet-like, per una infiltrazione linfocitaria intratumorale e per la presenza di necrosi. Molecolarmente, sono spesso non-luminali. Solo il 25% circa dei casi ER-poor presenta un’espressione di ESR1 mRNA ed è tipizzato come Luminal B o Normal-like dal classificatore “Prediction Analysis of Microarray (PAM50)”.
La prognosi a lungo termine dei tumori ER-poor è controversa, con la maggior parte degli studi che ne definiscono una posizione intermedia tra le forme ER-negative e le cosiddette ER-rich.
Altrettanto poco chiaro è il ruolo predittivo, non essendo nota l’entità del beneficio dal trattamento endocrino in pazienti con carcinoma mammario ER-poor. Fra le varie analisi, merita di esser citata quella dei bracci di monoterapia dello studio BIG1-98 (confronto tra tamoxifen e letrozolo per 5 anni in pazienti postmenopausali). Dopo valutazione centralizzata, un vantaggio dal trattamento endocrino è stato osservato fra le pazienti con tumori ER-poor e non fra le pazienti con forme ER-negative.
Negli studi SOFT e TEXT, le pazienti in pre-menopausa con tumori la cui espressione di ER era > 50% hanno sperimentato una DFS migliore rispetto alle pazienti con tumori a minore espressione di ER (10%-49% o 1%-9%). Da notare, tuttavia, che in tali studi la determinazione centralizzata dello stato di ER ha evidenziato una espressione >50% nel 96% dei tumori. Pertanto, un’analisi del ruolo predittivo del livello di espressione di ER non è stata possibile.
Malgrado le incertezze e le controversie riguardo alla strategia terapeutica ottimale per il sottogruppo raro delle pazienti con carcinoma mammario ER-poor, un beneficio potenzialmente salvavita dalla terapia endocrina non può essere escluso. Pertanto, l’approccio clinico più sicuro può prevedere sia la terapia antiormonale che la chemioterapia.

Va ricordato che uno stato ER-positivo con bassa espressione può essere dovuto ad artefatti con esiti falsamente positivi in tumori ER-negativi o, più comunemente, con sottostima del livello di immunoreattività per ER. Le possibili conseguenze sono estremamente rischiose:
1. Privare le pazienti di trattamenti potenzialmente efficaci
2. Negare o inficiare l’accesso a clinical trials sulla patologia triple-negative o ER-positiva (luminale)

Stato di HER2

Sulla base di una recente analisi che ha analizzato più di 8000 casi di 3 Istituzioni americane, la prevalenza dei casi equivoci alla FISH è risultata del 5.2%. Tipicamente, si tratta di casi ER positivi e di grado elevato.

Se il risultato della valutazione dello stato di HER2 è equivoco, si dovrebbe ricorrere al test reflex sullo stesso campione utilizzando un test alternativo (es: tecniche di ibridazione in situ se l’analisi iniziale era stata l’immunoistochimica). Tuttavia, in circa il 12% dei casi equivoci con IHC, le tecniche ISH producono ugualmente risultati equivoci.
Quando a un risultato equivoco si associa un test reflex equivoco sullo stesso campione o su un campione alternativo, le linee guida ASCO/CAP raccomandano che l’oncologo possa considerare una terapia anti-HER2. La scelta dovrebbe essere individualizzata in base a caratteristiche e preferenze della paziente, dopo aver discusso riguardo all’evidenza disponibile.
Purtroppo, non si dispone di evidenza nei casi equivoci dal momento che gli stessi non erano eleggibili per i trial pilota di terapia adiuvante con trastuzumab.
Lo studio NSABP B47 (chemioterapia adiuvante con o senza trastuzumab), proposto a pazienti con stato di HER2 “basso” (IHC score 1+ o 2+ e ISH ratio <2), potrà fornire informazioni su beneficio ed eventuale entità dello stesso in tale popolazione.
Oltre ai risultati equivoci, un’altra area di incertezza è la selezione del trattamento per pazienti i cui tumori presentano un numero medio di copie del gene HER2 <4 ma un rapporto HER2/cromosoma 17 ≥2.
Le linee guida ASCO/CAP raccomandano di considerare tali casi come HER2 amplificati e di valutare un trattamento anti-HER2.
In effetti, in caso di ratio ≥2, le pazienti erano eleggibili per gli studi pilota di trastuzumab adiuvante. Tuttavia, in accordo ai risultati del trial BCIRG-006, le pazienti il cui tumore presentava un rapporto HER2/cromosoma 17 ≥2 ma un numero medio di copie del gene HER2 <4 non hanno ricavato vantaggio dal trastuzumab sia in termini di disease-free survival che di overall survival.

Nonostante decadi di studi preclinici clinici sul ruolo prognostico e predittivo dello stato dei recettori ormonali e di HER2 nel carcinoma mammario, ci sono ancora aree di incertezza e di controversia nel trattamento di alcuni casi i cui risultato sono giudicati “equivoci”.

In particolare, per i casi con modesta espressione dei recettori estrogenici (ER-poor) e per i casi con stato di HER2 “equivoco” non si dispone di evidenza scientifica a sostegno delle scelte terapeutiche.

Nell’attesa di generare nuove informazioni, l’oncologo può affrontare tali situazioni con buon senso clinico e con le indicazioni fornite dalle raccomandazioni ASCO/CAP. E se proprio non se ne esce, non resta che chiamare Beppe.