Patologia mammaria
Martedì, 05 Settembre 2017

Last but not least

A cura di Fabio Puglisi

"Last but not least" è un modo di dire inglese a indicare qualcuno o qualcosa che è in coda alla lista ma che non è ultimo per importanza. L'espressione si adatta anche all'ultima linea di terapia antitumorale: sarà pure l'ultima che il paziente riceve ma la decisione riguardo al suo impiego non è meno importante di quella che ha caratterizzato le scelte dei trattamenti precedenti.

Uno studio italiano fa il punto sulle scelte delle ultime linee di terapia in pazienti con diagnosi di carcinoma mammario metastatico.

Cinausero M, et al. Determinants of Last-line Treatment in Metastatic Breast Cancer. Clin Breast Cancer 2017 [Epub ahead of print]

La prescrizione inappropriata di chemioterapia nel periodo di fine vita è stata definita come la pratica oncologica più futile e, al contempo, più diffusa. Pertanto, il tasso di morte entro un mese dall’ultima linea di terapia è considerato un indicatore di qualità delle cure.
L’oncologo medico, quindi, s’interfaccia sempre più spesso con la difficoltà di effettuare una stima accurata della prognosi in pazienti con malattia metastatica e con la necessità di evitare trattamenti aggressivi e superflui nel fine vita.

Diversi studi hanno riportato che un trattamento attivo viene somministrato in prossimità della morte, anche fino alle ultime due settimane, in una percentuale non trascurabile di pazienti (range, 3.4%-43%).
L’identificazione di fattori che possano guidare il processo di decisione terapeutica è quindi di cruciale importanza. Fra i potenziali indicatori prognostici nelle fasi avanzate di malattia, il performance status (PS) è il più studiato. Al PS si aggiungono poi l’anoressia, il calo ponderale, la dispnea e i sintomi neurologici.

Uno studio condotto in pazienti con carcinoma mammario metastatico ha cercato di definire i fattori clinico-patologici che meglio stimano la prognosi nella fase avanzata e ha analizzato l’associazione tra le diverse variabili e l’intervallo tra l’ultima prescrizione di terapia e la morte.

Disegno dello studio: analisi retrospettiva su 593 pazienti consecutive con diagnosi di carcinoma mammario metastatico trattate presso il Dipartimento di Oncologia dell’Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Udine, tra il 2004 e il 2014.
Le informazioni cliniche sono state ricavate dai dati riportati sulle cartelle elettroniche e lo studio si è focalizzato sul sottogruppo di pazienti in cui si era verificato l’evento morte.
L’endpointlast-line survival” è stato definito come l’intervallo tra l’inizio dell’ultima linea di trattamento e la morte per qualsiasi causa.
L’associazione tra le caratteristiche clinico-patologiche e la morte entro i 30 o i 90 giorni dalla ultima prescrizione terapeutica è stata esplorata con modelli di regressione logistica uni- e multivariata ed espressa in termini di odds ratio (OR).
L’esposizione ai trattamenti precedenti è stata definita “lieve” nel caso di ≤ 3 linee ed “elevata” nel caso di > 3 linee di terapia.
La prognosi della penultima linea di trattamento è stata espressa in termini di progression-free
survival (PFS) e analizzata mediante le curve di Kaplan-Meier e il log-rank test.
In ultimo, gli oncologi medici sono stati classificati in base al campo di interesse e all’intervallo dalla laurea alla prescrizione della terapia (definiti “esperti” se intervallo >10 anni).

Dall’intera coorte di 593 pazienti, sono stati selezionati 410 casi nei quali si è verificato l’evento morte.
L’età mediana all’ultima linea terapeutica è stata pari a 67.15 anni (range, 31-92), il numero mediano di linee terapeutiche pari a 3 (range, 1-13), e 183 pazienti hanno ricevuto > 3 linee terapeutiche. Una chemioterapia di ultima linea è stata prescritta in 277 pazienti (67.6%), mentre in 133 (32.4%) pazienti l’ultimo trattamento è stato di tipo antiormonale. La last-line survival mediana è stata di 100 giorni. Fra i 410 casi di decesso, 195 (47.6%) sono occorsi entro 90 giorni e 61 (14.9%) entro 30 giorni dall’ultima prescrizione.
In analisi multivariata, un PS secondo ECOG P> 1 è associato con una morte entro i 90 giorni dall’ultima prescrizione (OR 2.16; 95% IC 1.12-4.19; P = .022). L’ittero e un PS > 1 sono associati a una maggiore probabilità di morte entro i 30 giorni dall’ultima prescrizione (OR 6.63; 95% IC 1.17-37.66; P = .033 e OR 4.72; 95% IC 2.04-10.90; P < .0001, rispettivamente).

Dopo aver stratificato in base al numero di linee precedenti, un ECOG PS score > 1 è associato significativamente all’evento morte entro i 30 giorni in entrambi i sottogruppi
(OR 4.69; 95% IC, 1.45-15.13; P= .01; OR 7.50; 95% IC, 2.24-25.11; P < .0001, rispettivamente). Fra le pazienti che avevano ricevuto > 3 linee precedenti, la presenza di un’alterata funzionalità epatica (OR,4.63; 95% IC, 1.03-20.77; P = .045) e la valutazione di uno specialista di carcinoma mammario (OR 0.09; 95% IC, 0.02-0.39; P < .0001) sono associati in modo significativo rispettivamente a un maggiore o minore rischio di morte entro i 30 giorni dall’ultima prescrizione.

Degna di nota l’osservazione che non sono emersi cambiamenti nelle prescrizioni entro i 30 giorni dalla morte dopo la pubblicazione ASCO degli statementsChoosing Wisely” (http://www.choosingwisely.org/societies/american-society-of-clinical-oncology/).

Nel processo decisionale terapeutico, le scelte riguardo alle ultime linee di trattamento hanno pari importanza di quelle relative alle prime linee. 

Il performance status ECOG è il fattore principale che guida le decisioni cliniche e fornisce informazioni sulla prognosi in pazienti con carcinoma mammario avanzato.

Fra le pazienti maggiormente pre-trattate (> 3 precedenti linee terapeutiche), una ridotta funzione epatica e la valutazione da parte di un medico oncologo con expertise in patologia mammaria sono i fattori significativamente associati con una maggiore o minore probabilità di morte entro i 30 giorni dall’ultima prescrizione di trattamento attivo.

Lo studio sottolinea ancora una volta l’importanza di identificare fattori predittivi del beneficio terapeutico che, nelle fasi avanzate di malattia, possono limitare il ricorso a trattamenti futili e, in ultimo, migliorare la qualità di vita dei pazienti.