Patologia mammaria
Martedì, 21 Agosto 2018

Quando la mutazione dei geni BRCA diventa bersaglio terapeutico

A cura di Fabio Puglisi

Gli inibitori di PARP affermano il loro ruolo nel trattamento del carcinoma mammario avanzato in pazienti con mutazioni germline di BRCA1/2. Dopo l'olaparib, è la volta del talazoparib.

Litton JK, et al. Talazoparib in Patients with Advanced Breast Cancer and a Germline BRCA Mutation. N Engl J Med 2018 [Epub ahead of print] 

Le cellule tumorali con mutazioni deleterie nei geni per la suscettibilità al carcinoma mammario (BRCA1/2) sono deficitarie nei meccanismi di riparazione del danno alla doppia elica del DNA, risultando altamente dipendenti dai meccanismi di riparazione su singolo filamento. 
Tali pathway sono regolati dall'enzima poly(adenosine diphosphate–ribose) polymerase (PARP). Nelle cellule con mutazione BRCA1/2, l'inibizione di PARP causa morte cellulare per accumulo di danno irreparabile al DNA. Oltre a un'inibizione catalica, gli inibitori di PARP inducono "PARP trapping" a livello dei siti dove il DNA è danneggiato.  La capacità di formare complessi PARP–DNA (trapping) varia tra i diversi inibitori di PARP e non è correlata all'inibizione catalitica di PARP. 
Modelli preclinici hanno indicato che il trapping di PARP a livello del DNA può essere più efficace nell'indurre morte delle cellule tumorali rispetto alla sola iinibizione enzimatica. 

L'agente talazoparib ha mostrato una potente attività inibitoria di PARP, sia con inibizione catalitica che di PARP-trapping

Lo studio di fase 3 "EMBRACA" ha confrontato l'efficacia e la sicurezza di talazoparib verso chemioterapia standard a scelta del clinico nel trattamento del carcinoma mammario metastatico in pazienti con mutazione germline di BRCA1/2.

Popolazione dello studio: pazienti con carcinoma mammario metastatico e mutazione germline di BRCA1/2 deleteria o sospetta tale sulla base dell'analisi genetica centralizzata (Myriad Genetics). Trattamenti pregressi: < 3 linee di chemioterapia per la malattia avanzata; precedente trattamento con antracicline, taxani o entrambi a meno di controindicazioni; precedente terapia con platino ammessa; nessun limite riguardo a precedenti terapie antiormonali.

Disegno dello studioopen-label, randomizzato 2:1, di fase III. Confronto tra talazoparib con una terapia single-agent a scelta del clinico (capecitabina, eribulina, gemcitabina, vinorelbina). Stratificazione per numero di precedenti linee di chemioterapia (0 vs. 1-3), stato dei recettori ormonali (triple negative vs. HR+), storia di metastasi encefaliche (sì vs. no). 

Terapia sperimentale: talazoparib 1 mg die per os, assunto in modo continuativo con o senza cibo. Crossover da terapia standard a talazoparib non consentito. 

Endpoint primario: progression–free survival.

In totale, 431 pazienti hanno partecipato allo studio (popolazione intention-to-treat): 287 assegnate a ricevere talazoparib e 144 assegnate a ricevere la terapia standard.

La progression-free survival mediana è risultata significativamente più lunga nel braccio talazoparib rispetto al braccio standard (8.6 mesi vs. 5.6 mesi; hazard ratio per progressione o morte 0.54; 95% CI 0.41-0.71; P<0.001).

Ad una prima analisi ad interim con il 57% degli eventi previsti, l'hazard ratio per morte è risultato pari a 0.76 (95% CI, 0.55 to 1.06; P=0.11.

Il tasso di risposta obiettiva è risultato più alto con talazoparib rispetto alla terapia standard (62.6% vs. 27.2%; odds ratio, 5.0; 95% CI, 2.9-8.8; P<0.001).

Tossicità: gli effetti collaterali più comuni sono stati l'anemia, la fatigue e la nausea per il gruppo trattato con talazoparib e la nausea, la fatigue e la neutropenia per il gruppo trattato con terapia standard. Gli effetti collaterali ematologici di grado 3–4 (per lo più anemia) sono occorsi nel 55% delle pazienti trattate con talazoparib e nel 38% delle pazienti trattate con terapia standard; in termini di effetti collaterali di grado 3 non ematologici, le percentuali sono state rispettivamente del 32% e del 38%. L'analisi dei patient-reported outcomes ha favorito il talazoparib.

In pazienti con carcinoma mammario localmente avanzato o metastatico e mutazione germline di BRCA1/2, la terapia con l'inibitore di PARP talazoparib ha determinato un prolungamento significativo della progression-free survival rispetto alla terapia standard.

Principali vantaggi con l'impiego di talazoparib rispetto alla terapia standard:

  • riduzione del 46% nel rischio di progressione o morte (hazard ratio per PFS: 0.54)
  • raddoppiamento nel tasso di risposte obiettive (62.6% vs. 27.2%)

Il trattamento con talazoparib ha un buon profilo di tossicità come avvalorato dal miglioramento in termini di patient-reported outcomes.

Lo studio EMBRACA non è ancora maturo per l'analisi dell'overall survival
Tuttavia, i risultati preliminari sono promettenti, dal monento che circa un terzo delle pazienti ha ricevuto una terapia a base di platino dopo la partecipazione allo studio (in entrambi i bracci) e il 18% delle pazienti del braccio standard ha ricevuto una successiva terapia con inibitore di PARP.

Il confronto con lo studio OlympiAD viene spontaneo. A parte la differenza nell'inibitore di PARP impiegato (talazoparib vs. olaparib), la popolazione dello studio EMBRACA includeva pazienti con carcinoma localmente avanzato e aveva una proporzione inferiore di pazienti con performance status secondo ECOG di 0 (53.3% vs.72.2%). 

Fra i potenziali limiti dello studio EMBRACA, il disegno open-label (corretto con l'analisi centralizzata e in cieco dell'endpoint primario) e il mancato confronto con regimi a base di platino. Va notato che lo studio consentiva l'uso di agenti a base di platino tra le terapie precedenti (ciò ha riguardato il 20% delle pazienti) a condizione che non vi fosse stata una progressione durante il trattamento per malattia avanzata o una recidiva entro i 6 mesi dal trattamento adiuvante o neoadiuvante.