Patologia mammaria
Martedì, 04 Settembre 2018

Doppio blocco anti-HER2 e terapia anti-ormonale: lo studio PERTAIN

A cura di Fabio Puglisi

Uno studio di fase II valuta la combinazione di pertuzumab, trastuzumab e inibitore dell'aromatasi nel trattamento di donne con carcinoma mammario HER2-positivo e HR-positivo in stadio avanzato. 

Rimawi M, et al. First-Line Trastuzumab Plus an Aromatase Inhibitor, With or Without Pertuzumab, in Human Epidermal Growth Factor Receptor 2-Positive and Hormone Receptor-Positive Metastatic or Locally Advanced Breast Cancer (PERTAIN): A Randomized, Open-Label Phase II Trial. J Clin Oncol 2018; [Epub ahead of print]

Il PERTAIN (NCT01491737) è uno studio randomizzato di fase II, in aperto, multicentrico, condotto in otto paesi e in ottanta Centri.

Popolazione dello studio: Donne con diagnosi di carcinoma mammario metastatico o localmente avanzato, positivo per recettori ormonali e per HER2, non precedentemente trattate con terapia sistemica ad eccezione dell'endocrinoterapia.

Trattamento: Pertuzumab e.v. (dose di carico di 840 mg seguita da 420 mg ogni 3 settimane) associato a trastuzumab e.v. (8 mg/kg seguiti da 6 mg/kg ogni 3 settimane) e anastrozolo
(1 mg die per os) o letrozolo (2,5 mg die per os). Altro braccio di trattamento: lo stesso regime (trastuzumab associato a inibitore dell’aromatasi) ma senza pertuzumab.
A discrezione dello sperimentatore, era possibile effettuare un’induzione con docetaxel ogni 3 settimane o paclitaxel settimanale per 18-24 settimane.

Endpoint primario: progression free survival (PFS).

Stratificazione: chemioterapia di induzione e tempo dalla terapia antiormonale adiuvante.

Da febbraio 2012 a ottobre 2014, sono state arruolate 129 pazienti per braccio (popolazione intent-to-treat); di queste 75 in un braccio e 71 nell'altro sono stati scelti per ricevere la chemioterapia di induzione.

La progression free survival mediana è risultata pari a 18.89 mesi (IC 95%, 14.09-27.66i) nel braccio con pertuzumab e trastuzumab e pari a 15.80 mesi (IC 95%, 11.04-18.56) nel braccio senza pertuzumab (hazard ratio stratificato, 0.65, IC 95%, 0.48-0.89; P = 0.0070).
L'aggiunta di pertuzumab ha mostrato un vantaggio in tutti i sottogruppi predefiniti.
Fra le pazienti che non avevano ricevuto la chemioterapia di induzione, l’HR è risultato pari a 0.55 (IC al 95%, 0.34-0.88), con una PFS mediana di 21.72 mesi (IC 95%, 12.42-32.95) nel braccio con pertuzumab e trastuzumab, e di 12.45 mesi (IC 95%, 6.21-18.53) nel braccio con solo trastuzumab.
Fra le pazienti che avevano ricevuto la chemioterapia di induzione, l’HR è risultato pari a 0.75 (95%
CI, 0.50-1.13), con una PFS mediana di 16.89 mesi (IC 95%, 12.35-27.37) e di 16.85 mesi (IC 95%, 11.86-20.50) rispettivamente nei bracci con e senza pertuzumab.

Eventi avversi gravi sono stati riportati in 42 (33.1%) di 127 e in 24 (19.4%) di 124 pazienti rispettivamente con il trattamento pertuzumab-trastuzumab e con il trattamento senza pertuzumab. Una tossicità di grado ≥ 3 è stata osservata rispettivamente in 64 (50.4%) di 127 pazienti e in 48 (38.7%) di 124 pazienti. Non si sono verificate morti tossiche.

Lo studio PERTAIN ha dimostrato l’efficacia della combinazione del doppio blocco anti-HER2 (pertuzumab e trastuzumab) con un inibitore dell’aromatasi in pazienti con carcinoma mammario positivo per recettori ormonali e per HER2, in stadio localmente avanzato o metastatico.

Il trattamento si è rivelato particolarmente vantaggioso in alcuni sottogruppi, quali quello delle pazienti che non avevano ricevuto chemioterapia di induzione o nei casi con un intervallo libero da malattia ≥ 12 mesi dalla terapia endocrina adiuvante.
Da notare che le pazienti alle quali è stata assegnata una chemioterapia di induzione si contraddistinguevano per le seguenti caratteristiche:

  • età più giovane
  • malattia allo stadio IV alla diagnosi
  • maggior coinvolgimento viscerale
  • più organi coinvolti (tre o più)
  • tempo mediano più breve dalla diagnosi iniziale di tumore mammario

Va detto che lo studio PERTAIN non era stato progettato per mostrare le differenze in funzione della chemioterapia di induzione. Pertanto, la libertà di scelta degli investigatori nel definire quali
pazienti dovessero ricevere la terapia di induzione potrebbe aver introdotto un bias di selezione.