Patologia polmonare
Domenica, 18 Maggio 2014

Erlotinib o chemioterapia come seconda linea nei pazienti non mutati? Il dibattito PROSEgue...

A cura di Massimo Di Maio

Pubblicato su Lancet Oncology lo studio italiano PROSE, trial randomizzato di fase III che valutava l'interazione tra efficacia della chemio vs erlotinib e categoria prognostica sulla base del test VeriStrat. Si identificano due gruppi distinti per prognosi ed efficacia relativa dei trattamenti.

Gregorc V et al. Predictive value of a proteomic signature in patients with non-small-cell lung cancer treated with second-line erlotinib or chemotherapy (PROSE): a biomarker-stratified, randomised phase 3 trial. Lancet Oncol Early Online Publication (May 13 2014)

I pazienti con NSCLC avanzato che abbiano fallito una prima linea di chemioterapia possono essere trattati con chemioterapia (docetaxel, pemetrexed se non usato prima) o con erlotinib, tutte opzioni registrate con questa indicazione, indipendentemente dallo stato mutazionale di EGFR. Lo studio italiano TAILOR, pubblicato lo scorso anno, ha mostrato un'efficacia peggiore con erlotinib rispetto al docetaxel nei pazienti wild-type, creando un interessante dibattito scientifico sulla scelta della terapia di seconda linea.

In questo setting, sono ora pubblicati in extenso i risultati dello studio italiano PROSE, coordinato dalla dr.ssa Gregorc e condotto in 14 centri nel nostro paese. Lo studio randomizzava i pazienti a ricevere seconda linea con chemioterapia (docetaxel o pemetrexed) o erlotinib, con l'obiettivo primario di valutare l'interazione tra l'efficacia dei trattamenti e la categoria prognostica ("good" o "poor") misurata mediante VeriStrat, test sviluppato per identificare pazienti a differente prognosi quando trattati con inibitori di EGFR. Endpoint primario del trial era la sopravvivenza globale.

Complessivamente, 142 pazienti sono stati randomizzati a chemioterapia, e 143 ad erlotinib. Il test Veristrat identificava una buona prognosi in circa il 70% dei pazienti e una cattiva prognosi nel rimanente 30%.

Il risultato interessante è la dimostrazione di un'interazione significativa tra l'efficacia del trattamento e la categoria prognostica.
Nel dettaglio, la chemioterapia risulta significativamente migliore di erlotinib nei pazienti a cattiva prognosi (Hazard Ratio 1.72; intervallo di confidenza al 95% 1.08–2.74], p=0.022).
Al contrario, non si sono osservate differenze significative tra erlotinib e chemioterapia nei pazienti a buona prognosi secondo il VeriStrat (Hazard Ratio 1.06; intervallo di confidenza 0.77–1.46, p=0.714).

I risultati dello studio PROSE suggeriscono l'utilità del test VeriStrat nell'identificare una mnoranza di pazienti (quelli a cattiva prognosi) nei quali erlotinib è associato con un 'efficacia peggiore rispetto alla chemioterapia.

Nei rimanenti pazienti, a buona prognosi, lo studio non ha evidenziato differenze di efficacia tra i trattamenti, anche se va sottolineato che non era dimensionato per evidenziare differenze in ciascuno dei due sottogruppi. Gli autori concludono che, in assenza di chiare indicazioni per l'impiego di erlotinib o della chemioterapia nel sottogruppo di pazienti a buona prognosi, la decisione clinica in questo setting rimane aperta.