Patologia polmonare
Sabato, 29 Agosto 2020

Libretto per il cammino sulla RETta via – parte seconda

A cura di Massimo Di Maio

Dopo la tiroide del tweet di ieri, il polmone: dimostrando elevata attività nei casi RET, selpercatinib guadagna una “fetta della torta” e la lista delle alterazioni molecolari con risvolti terapeutici diventa sempre più lunga.

Drilon A, Oxnard GR, Tan DSW, Loong HHF, Johnson M, Gainor J, McCoach CE, Gautschi O, Besse B, Cho BC, Peled N, Weiss J, Kim YJ, Ohe Y, Nishio M, Park K, Patel J, Seto T, Sakamoto T, Rosen E, Shah MH, Barlesi F, Cassier PA, Bazhenova L, De Braud F, Garralda E, Velcheti V, Satouchi M, Ohashi K, Pennell NA, Reckamp KL, Dy GK, Wolf J, Solomon B, Falchook G, Ebata K, Nguyen M, Nair B, Zhu EY, Yang L, Huang X, Olek E, Rothenberg SM, Goto K, Subbiah V. Efficacy of Selpercatinib in RET Fusion-Positive Non-Small-Cell Lung Cancer. N Engl J Med. 2020 Aug 27;383(9):813-824. doi: 10.1056/NEJMoa2005653. PMID: 32846060.

 

Le fusioni del gene RET sono riscontrate nell’1-2% dei casi di tumore del polmone non a piccole cellule, e sono caratterizzate da un’elevata tendenza a metastatizzare a livello del sistema nervoso centrale.

Negli anni scorsi, alcuni farmaci a bersaglio molecolare caratterizzati da attività su vari target, tra cui RET (come il cabozantinib ed il vandetanib), sono stati sperimentati nei casi di NSCLC con fusione di RET, ottenendo qualche risposta obiettiva e qualche segnale di beneficio clinico, ma risultati nel complesso modesti e limitati dalla tollerabilità del trattamento e dalla necessità di ridurre le dosi o interromprere la terapia per la tossicità.
Il selpercatinib (precedentemente conosciuto con il nome di LOXO-292) è una piccola molecola, inibitore selettivo dell’attività chinasica di RET. Diversi modelli sperimentali hanno mostrato la sua elevata attività nei confronti di varie alterazioni di RET, non solo fusioni, ma anche mutazioni puntiformi attivanti. Selpercatinib è caratterizzato inoltre da un’elevata penetrazione della barriera emato-encefalica, con evidenze precliniche di elevata attività intracranica.

Sulla base di queste premesse e di evidenze precliniche, lo studio LIBRETTO-001 è stato disegnato come studio di fase 1-2, per valutare l’attività e la sicurezza di selpercatinib in pazienti affetti da tutti i tipi di tumori solidi, caratterizzati dalla presenza di un’alterazione molecolare di RET (sia fusioni che mutazioni puntiformi). Nella pubblicazione apparsa a fine agosto 2020 sulle pagine del New England Journal of Medicine (simultaneamente a quella dedicata al tumore della tiroide, oggetto del tweet dei giorni scorsi) sono descritti i risultati ottenuti nei casi di tumore del polmone NSCLC caratterizzato dalla presenza di fusione di RET.

Lo studio ha previsto l’arruolamento di pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule (non-small cell lung cancer, NSCLC), sia già precedentemente trattati con chemioterapia a base di platino, sia naive al trattamento per la malattia metastatica. Le due popolazioni corrispondevano a due coorti del medesimo studio di fase 1-2.

Lo studio è stato condotto presso 65 centri, in 12 nazioni.
Il selpercatinib era somministrato per bocca, tutti i giorni senza interruzioni, fino a progressione di malattia, morte, tossicità inaccettabile o rifiuto del consenso.

Nella fase 1, era prevista una dose-escalation, e i pazienti hanno ricevuto selpercatinib a dosi comprese tra 20 mg una volta al giorno e 240 mg 2 volte al giorno. Era prevista anche un’eventuale dose escalation nel singolo paziente, sulla base della tollerabilità valutata dagli sperimentatori.
Nella fase 2, tutti I pazienti sono stati trattati alla dose di 160 mg due volte al giorno. Al momento della progressione di malattia, i pazienti potevano ricevere selpercatinib “beyond progression” in caso di beneficio clinico a giudizio degli sperimentatori.

Endpoint primario dello studio era la proporzione di risposte obiettive (complete o parziali), determinate sulla base di una valutazione centralizzata indipendente.

Endpoint secondari includevano la durata della risposta, la sopravvivenza libera da progressione, la sicurezza e tollerabilità del trattamento.

L’articolo presenta i dati di attività ottenuti nei primi 105 pazienti inseriti in studio, affetti da tumore del polmone non a piccolo cellule, positivo per la presenza di fusione di RET, precedentemente sottoposti a chemioterapia con platino.

In questa serie di pazienti pretrattati, la somministrazione di selpercatinib è risultata associata a una proporzione di risposte obiettive pari al 64% (intervallo di confidenza al 95%, 54% - 73%).

La durata mediana della risposta è risultata pari a 17.5 mesi (intervallo di confidenza al 95%, 12.0 mesi – non ancora raggiunto). Dopo un follow-up mediano pari a 12.1 mesi, il 63% delle risposte era ancora in corso.

In aggiunta al report dedicato ai pazienti pretrattati, l’articolo descrive i dati relativi a 39 pazienti che, a differenza dei suddetti 105, non avevano ricevuto precedenti trattamenti sistemici per la malattia avanzata. In tale serie di pazienti non pretrattati è stata osservata una proporzione di risposte obiettive ancora maggiore, pari all’85% (intervallo di confidenza al 95%, 70% - 94%), e a 6 mesi dall’inizio il 90% delle risposte era ancora mantenuto.

Al momento dell’inizio del trattamento, 11 pazienti presentavano una malattia metastatica nota e misurabile a livello del sistema nervoso centrale. In tale sottogruppo di pazienti, è stata osservata una proporzione di risposte obiettive intracraniche pari al 91% (intervallo di confidenza al 95%, 59% - 100%).

Per quanto riguarda la tollerabilità del trattamento con selpercatinib, gli eventi avversi più comuni tra quelli severi (grado 3 o 4) sono stati l’ipertensione (riportata nel 14% dei soggetti), un rialzo delle transaminasi, in particolare ALT (12%) e AST (10%), iponatriemia (6%) e linfopenia (6%).
Sul totale dei 531 pazienti trattati nello studio, 12 (pari al 2%) hanno interrotto il selpercatinib a causa di eventi avversi correlati al trattamento.

I risultati pubblicati sulle prestigiose pagine del New England Journal of Medicine evidenziano una notevole attività del selpercatinib nei casi di tumore del polmone caratterizzato dalla presenza della fusione di RET.

Gli autori sottolineano la buona tollerabilità che ha accompagnato la dimostrazione di attività del trattamento: bassa è risultata la percentuale di pazienti costretti a interrompere il trattamento per eventi avversi non gestibili con le riduzioni di dose.

Giustamente, oltre al dato percentuale delle risposte obiettive, è importante sottolineare la durata della risposta, molto lunga. Tale dato, pur in assenza di un dato randomizzato che consenta di “quantificare” il beneficio rispetto ai trattamenti già disponibili, è sicuramente un elemento a favore della rilevanza clinica del risultato e della sua diretta applicabilità nella pratica clinca. In altre occasioni, approvazioni basate su studi di fase II, in assenza di un'evidenza randomizzata, hanno suscitato critiche sul livello di evidenza disponibile per l'impiego clinico, ma di fronte ad un'attività tanto elevata e duratura, il paragone indiretto con le opzioni terapeutiche precedentemente disponibili appare impietoso per queste ultime. 

Poter ottenere una risposta, anche sulla malattia intracranica, e poterla mantenere molto a lungo significa prospettare un importante impatto sulla storia naturale del tumore.

La “torta” delle alterazioni molecolari (e soprattutto delle opzioni farmacologiche impiegabili in clinica) si arricchisce di un’altra fetta percentualmente non grande (parliamo dell’1-2% dei casi totali) ma che corrisponde, vista l’incidenza assoluta non piccola, a un numero di casi di tumore del polmone tutt’altro che piccolo.

Peraltro, l’impiego di un farmaco ad elevata selettività per le alterazioni di RET consente di ottenere un’elevata attività, peraltro mediamente molto duratura, pagando un prezzo di tossicità mediamente ragionevole e giudicato accettabile dagli sperimentatori.

La caratterizzazione molecolare è , da vari anni, parte essenziale dell’iter diagnostico dei tumori del polmone in stadio avanzato. Dieci anni fa la “storia” è iniziata con le mutazioni di EGFR, poi con ALK, poi a seguire varie altre alterazioni molecolari, cui ora si aggiunge a buon diritto RET.

Negli Stati Uniti, il selpercatinib è stato approvato a maggio 2020, sia nei tumori del polmone che nei tumori della tiroide positivi per alterazioni di RET, a pochi anni di distanza dall'inizio dello sviluppo clinico del farmaco.

Al momento, selpercatinib non è disponibile nella pratica clinica in Italia, ma è possibile richiedere l’uso nominale in caso di positività per alterazioni di RET.