Patologia polmonare
Sabato, 09 Maggio 2015

La rivoluzione della terza generazione…

A cura di Massimo Di Maio

Il New England Journal of Medicine pubblica, contemporaneamente, i dati di due nuovi inibitori “di terza generazione” dell’Epidermal Growth Factor receptor: AZD9291 e rociletinib. Grande attività in pazienti pretrattati e tossicità diversa dai “vecchi” inibitori.

Jänne PA, Yang JC, Kim DW, et al. AZD9291 in EGFR inhibitor-resistant non-small-cell lung cancer. N Engl J Med. 2015 Apr 30;372(18):1689-99

Sequist LV, Soria JC, Goldman JW, et al. Rociletinib in EGFR-mutated non-small-cell lung cancer. N Engl J Med. 2015 Apr 30;372(18):1700-9

La comparsa di resistenza, è noto, rappresenta la regola durante il trattamento con gli inibitori di EGFR per i pazienti con NSCLC avanzato con mutazione di EGFR. Nonostante l’elevata percentuale di risposte obiettive, infatti, tutti i pazienti, dopo un tempo più o meno lungo, presentano progressione di malattia che si associa ad una modifica delle caratteristiche molecolari delle cellule tumorali. In molti casi, come noto, le cellule resistenti presentano la mutazione T790M dell’EGFR, che determina un’insufficiente attività di gefitinib, erlotinib ed afatinib.

Negli ultimi mesi, si sono succedute in occasione dei più importanti congressi mondiali le presentazioni dei dati preliminari di attività di inibitori di EGFR di terza generazione, che hanno subito attirato l’attenzione della comunità scientifica per l’elevata attività anche in pazienti ampiamente pretrattati.

Tra queste molecole, spiccano AZD9291 e rociletinib (CO-1686). Qualche giorno fa, il New England Journal of Medicine ha pubblicato risultati molto interessanti con entrambi i farmaci.

AZD92919

• Lo studio condotto con AZD9291 prevedeva la somministrazione del farmaco in pazienti in progressione con un altro inibitore di EGFR. Lo studio prevedeva una fase di identificazione della dose massima tollerata (con dosi da 20 a 240 mg in singola somministrazione quotidiana) e varie “expansion cohort”, nelle quali sono stati trattati sia casi con mutazione T790M sia casi negativi per tale mutazione.

Rociletinib

• Lo studio di fase 1-2 con rociletinib prevedeva la somministrazione del farmaco in pazienti in progressione con un altro inibitore di EGFR. Lo studio prevedeva una “expansion cohort”, nella quale i pazienti, selezionati per la presenza di T790M, hanno ricevuto il rociletinib alla dose di 500, 625 o 750 mg due volte al giorno.

AZD9291

• Lo studio di AZD9291 ha inserito complessivamente 253 pazienti (di cui 31 inseriti nella dose escalation e 222 inseriti nelle coorti di espansione).

• Gli eventi avversi più comunemente riportati sono stati diarrea, rash cutaneo, nausea e perdita di appetito. La diarrea appare comunque meno severa di quella che a volte si presenta con gli inibitori di precedente generazione.

• L’analisi dei pazienti valutabili per l’attività ha documentato un’elevata proporzione di risposte obiettive (61% nei casi positivi per la presenza di T790M, e 21% nei casi negativi per T790M).

Rociletinib

• Lo studio di rociletinib ha visto l'inserimento di complessivi 130 pazienti.

• Non è stata identificata una dose massima tollerata.

• L’unica tossicità comune è risultata l’iperglicemia (grado 3 nel 22% dei pazienti): le altre tossicità sono state complessivamente lievi-moderate e gestibili.

• L’analisi dei pazienti valutabili per l’attività ha documentato un’elevata proporzione di risposte obiettive (59% nei casi positivi per la presenza di T790M, e 29% nei casi negativi per T790M).

I risultati pubblicati sul NEJM sono molto interessanti, perché lasciano intravedere quelle che, probabilmente tra non molto tempo, saranno opzioni terapeutiche disponibili per i pazienti nella pratica clinica.

L’elevata attività documentata da entrambe le molecole (AZD9291 e rociletinib) nei casi con mutazione T790M, che erano andati in progressione con il precedente trattamento con un inibitore di EGFR, potrà essere sfruttata per garantire un’ulteriore linea di terapia, e probabilmente un prolungamento significativo della storia clinica, a tali pazienti.

Purtroppo la lotta tra farmaci e tumore nella malattia metastatica appare sempre “impari”, nel senso che anche alle risposte più brillanti segue invariabilmente la comparsa di resistenza.

D’altra parte, i risultati che oggi vediamo pubblicati sono la prova che l’aumento delle conoscenze molecolari si può tradurre in un concreto avanzamento terapeutico.