Patologia polmonare
Venerdì, 11 Aprile 2014

TKI o chemioterapia nei casi di NSCLC avanzato EGFR wild-type? Una metanalisi su JAMA alimenta il dibattito

A cura di Massimo Di Maio

Nel trattamento di prima linea dei pazienti con NSCLC avanzato, è ormai assodato che i TKI sono da riservare ai casi selezionati per la mutazione di EGFR. Al contrario, rimane controverso l'impiego di TKI o chemioterapia come seconda linea.

Lo studio TAILOR, pubblicato lo scorso anno, evidenziava un vantaggio per docetaxel rispetto ad erlotinib. Una metanalisi per dati estratti, pubblicata il 9 aprile da un gruppo di autori coreani sull'autorevole rivista JAMA, alimenta il dibattito.

Lee J, et al. Epidermal Growth Factor Receptor Tyrosine Kinase Inhibitors vs Conventional Chemotherapy in Non–Small Cell Lung Cancer Harboring Wild-Type Epidermal Growth Factor Receptor: A Meta-analysis. JAMA. 2014;311(14):1430-1437.

Numerosi studi randomizzati pubblicati negli ultimi anni, di confronto tra TKI di prima generazione (erlotinib o gefitinib) e chemioterapia, hanno chiarito che il miglior trattamento di prima linea nei pazienti con NSCLC avanzato è rappresentato da un TKI nei casi con mutazione di EGFR e dalla chemioterapia nei casi EGFR wild-type. L'evidenza è meno chiara per i pazienti wild-type pre-trattati, setting in cui la pubblicazione dello studio italiano TAILOR ha evidenziato un risultato favorevole alla chemioterapia con docetaxel rispetto a erlotinib, in seconda linea.

Gli autori coreani hanno effettuato una revisione sistematica degli studi randomizzati di confronto tra TKI e chemioterapia, selezionando gli studi dedicati ai pazienti wild-type o per i quali fosse disponibile il dato di confronto nel sottogruppo di pazienti wild-type.

Endpoint primario dell'analisi era la sopravvivenza libera da progressione, endpoint secondari la sopravvivenza globale e la percentuale di risposte obiettive.

Gli autori hanno estratto i dati relativi a 11 studi randomizzati (4 condotti in prima linea, gli altri in seconda linea +/- linee successive), per un totale di 1605 pazienti EGFR wild-type. Si tratta naturalmente di un sottogruppo limitato, in quanto lo stato mutazionale non era noto in una significativa proporzione dei pazienti inseriti negli studi.

La metanalisi evidenzia un vantaggio in PFS a favore della chemioterapia (Hazard Ratio 1.41, intervallo di confidenza al 95% 1.10 – 1.81), senza interazione significativa con la linea di trattamento, tipo di TKI, etnia principale dei pazienti o metodo di analisi dello stato mutazionale. Il vantaggio a favore della chemioterapia risulta significativo anche considerando i soli studi di seconda linea e successive (Hazard Ratio 1.34, intervallo di confidenza al 95% 1.09 – 1.65).

Vantaggio significativo per la chemioterapia anche in termini di risposte obiettive. Assenza di differenze statisticamente significative, invece, per la sopravvivenza globale (Hazard Ratio 1.08, intervallo di confidenza al 95% 0.96 – 1.22).

La metanalisi pubblicata su JAMA ha il pregio di sintetizzare tutta l'evidenza disponibile relativa al confronto TKI vs chemioterapia nei pazienti EGFR wild-type. Il vantaggio è chiaro (a favore della chemioterapia) per la PFS, ma non si traduce in differenze significative di sopravvivenza globale. Gli autori sottolineano che quest'ultimo risultato può essere influenzato dall'elevata percentuale di cross-over (chemioterapia ricevuta, dopo progressione, nel braccio assegnato a TKI).

Le principali linee guida nazionali ed internazionali considerano la chemioterapia o un TKI entrambe terapie possibili come seconda linea. Sarà interessante vedere i commenti della comunità scientifica ai risultati di questa metanalisi, che presenta ovviamente dei limiti (dati estratti dalle pubblicazioni, in molti casi riferiti a sottogruppi di pazienti) ma sicuramente alimenta il dibattito.