Patologia polmonare
Sabato, 25 Novembre 2017

Tumore del polmone EGFR mutato: la battaglia si combatte in prima linea?

A cura di Massimo Di Maio

Osimertinib rappresenta un’eccellente chance terapeutica per i pazienti EGFR mutati in progressione dopo prima linea, con mutazione T790M. Lo studio FLAURA, condotto in prima linea, ne ha ora dimostrato la superiorità rispetto a gefitinib o erlotinib.

Soria JC, Ohe Y, Vansteenkiste J, Reungwetwattana T, Chewaskulyong B, Lee KH, Dechaphunkul A, Imamura F, Nogami N, Kurata T, Okamoto I, Zhou C, Cho BC, Cheng Y, Cho EK, Voon PJ, Planchard D, Su WC, Gray JE, Lee SM, Hodge R, Marotti M, Rukazenkov Y, Ramalingam SS; FLAURA Investigators. Osimertinib in Untreated EGFR-Mutated Advanced Non-Small-Cell Lung Cancer. N Engl J Med. 2017 Nov 18. doi: 10.1056/NEJMoa1713137. [Epub ahead of print] PubMed PMID: 29151359.

Osimertinib, inibitore di tirosino-chinasi dell’Epidermal Growth Factor Receptor (EGFR), è stato recentemente approvato per il trattamento dei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule (NSCLC) avanzato, con mutazione di EGFR, dopo fallimento di una precedente terapia con gefitinib o erlotinib o afatinib, in caso di positività per la mutazione “di resistenza” T790M.

Lo studio FLAURA ha valutato l’impiego dell’osimertinib come trattamento di prima linea in pazienti con NSCLC avanzato, caratterizzato dalla presenza di mutazione di EGFR.

FLAURA è uno studio randomizzato di fase III, condotto in doppio cieco, e ha visto l’inclusione di pazienti con NSCLC avanzato, positivi per la delezione dell’esone 19 o per la L858R dell’esone 21.

I pazienti sono stati randomizzati in rapporto 1:1.

  • I pazienti assegnati al braccio sperimentale hanno ricevuto osimertinib (alla dose di 80 mg una volta al giorno);
  • i pazienti assegnati al braccio di controllo hanno ricevuto gefitinib (alla dose standard di 250 mg una volta al giorno) o erlotinib (alla dose standard di 150 mg una volta al giorno).

Endpoint primario dello studio era la sopravvivenza libera da progressione (progression-free survival, PFS), basata sulla valutazione degli sperimentatori.

Lo studio era dimensionato per avere il 90% di potenza, con errore alfa pari a 0.05, nel documentare un'hazard ratio di 0.71 a favore del trattamento sperimentale. Tale ipotesi richiedeva 359 eventi (progressioni o decessi in asenza di progressione), e ha comportato la randomizzazione di 530 pazienti.

Su un totale di 994 pazienti screenati per l’inserimento nello studio, nel periodo compreso tra dicembre 2014 e marzo 2016, sono stati complessivamente randomizzati 556 pazienti: 279 sono stati assegnati a osimertinib, e 277 sono stati assegnati al braccio di controllo, con gefitinib o erlotinib. Le caratteristiche basali dei 2 gruppi erano bilanciate.

La sopravvivenza libera da progressione è risultata significativamente migliore per i pazienti assegnati al braccio sperimentale con osimertinib, rispetto ai pazienti assegnati al braccio sperimentale. Nel dettaglio, la PFS mediana è risultata rispettivamente pari a 18.9 mesi e 10.2 mesi (hazard ratio per progressione o morte 0.46; intervallo di confidenza al 95% 0.37 - 0.57; p<0.001).

La proporzione di risposte obiettive è risultata simile nei due bracci dello studio: 80% nel braccio assegnato al trattamento sperimentale con osimertinib, e 76% nel braccio di controllo trattato con gefitinib o erlotinib (odds ratio, 1.27; intervallo di confidenza al 95% 0.85 - 1.90; p=0.24).

La durata mediana della risposta è risultata pari a 17.2 mesi (intervallo di confidenza al 95%, 13.8 – 22.0) con osimertinib, e pari a 8.5 mesi (intervallo di confidenza al 95%, 7.3 – 9.8) con gli inibitori standard.

Al momento dell’analisi presentata nella pubblicazione, i dati di sopravvivenza globale sono ancora immaturi. A 18 mesi dalla randomizzazione, la probabilità di sopravvivenza è risultata pari all’83% nel braccio sperimentale trattato con osimertinib (intervallo di confidenza al 95%, 78 – 87%) e pari al 71% con gli inibitori standard (intervallo di confidenza al 95%, 65 – 76%), per un’hazard ratio di morte pari a 0.63 (intervallo di confidenza al 95% 0.45 – 0.88, p=0.007). Tale risultato non è formalmente statisticamente significativo, in quanto il limite di significatività, trattandosi di un’analisi ad interim, era conservativamente posto a un valore di p più stringente.

La proporzione di pazienti con eventi avversi di grado 3 o superiore è risultata inferiore nel braccio sperimentale trattato con osimertinib (34%) rispetto al braccio di controllo (45%).

I risultati dello studio FLAURA, presentati all’ESMO di Madrid e ora pubblicati sulle pagine del New England Journal of Medicine, rappresentano l’ennesima tappa dei notevoli progressi ottenuti negli ultimi anni nel trattamento dei pazienti con NSCLC avanzato caratterizzato dalla presenza di mutazione attivante di EGFR. I due farmaci impiegati nel braccio di controllo, gefitinib ed erlotinib, rappresentano da qualche anno (come l’afatinib) il trattamento standard di questi pazienti, avendo dimostrato un inequivocabile beneficio rispetto alla chemioterapia.

Recentemente è stata dimostrata l’efficacia di osimertinib come trattamento di seconda linea, nei pazienti che, al momento della progressione in corso di un inibitore di prima generazione, siano caratterizzati dalla presenza, documentata alla biopsia liquida o sul tessuto tumorale, della mutazione di resistenza T790M. Tale mutazione, come noto, viene riscontrata in una percentuale rilevante dei casi, ma nei casi negativi il trattamento standard rimane ad oggi la chemioterapia.

Lo studio FLAURA, impiegando l’osimertinib in prima linea in alternativa agli inibitori di precedente generazione, ha documentato un netto vantaggio in sopravvivenza libera da progressione, e i risultati preliminari di sopravvivenza globale, pur non essendo ancora maturi, sono molto promettenti a favore del braccio sperimentale. Tali risultati sanciscono che la capacità di osimertinib di essere attivo in presenza di meccanismi di nota resistenza agli altri inibitori può comportare un significativo prolungamento del controllo di malattia.

L’interpretazione pratica del risultato di questo studio comporta la discussione della rilevanza della differenza in PFS (rispetto alla possibilità attuale di impiegare i trattamenti in sequenza, almeno per i pazienti che al momento della progressione dopo la prima linea risultano positivi per la mutazione T790M): nella popolazione trattata in prima linea, la PFS risulta praticamente raddoppiata, e il vantaggio appare quindi clinicamente rilevante non solo in termini relativi ma anche in termini assoluti.

Peraltro, l’impiego di osimertinib come trattamento di prima linea, sulla base dei risultati di questo studio randomizzato, porrà l’importante problema delle possibilità terapeutiche al momento della progressione di malattia, in quanto le evidenze in tale setting sono oggi molto limitate.