Immunoterapia
Sabato, 07 Ottobre 2017

AntiPD-1 o antiPD-L1: tossicità diversa?

A cura di Massimo Di Maio

In assenza di confronti diretti, una revisione sistematica degli studi condotti nel tumore del polmone descrive le tossicità osservate con le due classi “cugine” di checkpoint inhibitors. Il meccanismo d’azione è in parte diverso, ma la tossicità riportata è molto simile.

Pillai RN, Behera M, Owonikoko TK, Kamphorst AO, Pakkala S, Belani CP, Khuri FR, Ahmed R, Ramalingam SS. Comparison of the toxicity profile of PD-1 versus PD-L1 inhibitors in non-small cell lung cancer: A systematic analysis of the literature. Cancer. 2017 Sep 28. doi: 10.1002/cncr.31043. [Epub ahead of print] PubMed PMID: 28960263.

Al pari di altri tumori solidi, anche nel tumore del polmone a piccole cellule (non-small cell lung cancer, NSCLC) sono stati recentemente sperimentati vari immune checkpoint inhibitors, sia anticorpi monoclonali diretti contro PD-1 (come il nivolumab e il pembrolizumab), sia anticorpi monoclonali diretti contro il PD-L1 (come atezolizumab, durvalumab o avelumab).

Non esistono studi che abbiano confrontato direttamente tali farmaci tra loro, e quindi il confronto di efficacia e di tossicità è necessariamente basato sul confronto indiretto dei dati prodotti nei rispettivi studi.

Pillai e colleghi hanno realizzato una revisione sistematica degli studi condotti con i suddetti farmaci (sia antiPD-1 che antiPD-L1) nel NSCLC, allo scopo di confrontare i dati di attività (misurata come risposta obiettiva) e di tossicità.

La revisione sistematica è stata eseguita basandosi sui database MEDLINE, Excerpta Medica dataBASE [EMBASE], e Cochrane, oltre che sui proceedings dei principali congressi internazionali.

L’analisi statistica è stata realizzata con il software Comprehensive Meta-Analysis.

In totale, gli autori hanno identificato 23 studi, pubblicati tra il 2013 ed il 2016, per un totale di 5744 pazienti. Nel dettaglio, 3284 pazienti sono stati trattati con antiPD-1 e 2460 sono stati trattati con antiPD-L1.

I due gruppi di trattamento presentavano caratteristiche simili, con una proporzione di pazienti con tumore squamoso leggermente superiore nel gruppo trattato con antiPD-L1 (32% vs 25%)

Per quanto riguarda la risposta obiettiva, non è stata riscontrata alcuna differenza significativa tra antiPD-1 (19%) e antiPD-L1 (18.6%).

L’incidenza complessiva di eventi avversi è risultata simile tra antiPD-1 (64%, intervallo di confidenza al 95% 63%-66%) e antiPD-L1 (66%, intervallo di confidenza al 95% 65%-69%).

L’evento avverso più frequente, con entrambe le classi di farmaci, è risultato la fatigue.

L’incidenza complessiva di eventi avversi immuno-correlati è risultata leggermente maggiore con i farmaci antiPD-1 (16%, intervallo di confidenza al 95% 14%-17%) rispetto ai farmaci antiPD-L1 (11%, intervallo di confidenza al 95% 10%-13%), anche se tale differenza non raggiunge la significatività statistica (p=0.07).

Analogamente, l’incidenza complessiva di polmonite è risultata leggermente maggiore con i farmaci antiPD-1 (4%, intervallo di confidenza al 95% 3%-5%) rispetto ai farmaci antiPD-L1 (2%, intervallo di confidenza al 95% 1%-3%) (p=0.01).

Gli autori commentano i risultati ottenuti sottolineando che, in questa revisione sistematica, la tossicità e l’attività (misurata come proporzione di risposte obiettive) dei farmaci antiPD-1 e antiPD-L1 nei pazienti con NSCLC avanzato sono risultate sostanzialmente simili. In verità, a fronte di un’incidenza di eventi avversi simile tra i due gruppi, l’incidenza di tossicità autoimmuni e di polmonite è risultata lievemente maggiore con i farmaci antiPD-1.

Come tutti i confronti indiretti, il confronto della tossicità descritto da Pillai e colleghi risente dell’eventuale eterogeneità tra gli studi considerati (durata del trattamento, durata del follow-up), ma rappresenta un’importante informazione di sintesi della notevole mole di studi condotti e pubblicati negli ultimi anni con gli immune checkpoint inhibitors.

A nostro avviso, come regola generale, quando ci siano più farmaci disponibili nella pratica clinica per la medesima indicazione, in presenza di confronti indiretti che non documentino sostanziali differenze in termini di efficacia, a fronte di una tossicità praticamente sovrapponibile, appare ragionevole che la decisione di impiegare un farmaco piuttosto che un altro sia basata sulla convenienza del costo.