Immunoterapia
Giovedì, 30 Giugno 2022

Durvalumab migliora l'esito della chemioterapia nelle neoplasie delle vie biliari

A cura di Giuseppe Aprile

Un importante passo avanti dopo oltre un decennio. L'immunoterapia combinata al trattamento antiblastico standard migliora l'eficacia della chemioterapia nei pazienti con neoplasia biliare avanzata: pubblicati sulla nuova rivista NEJM Group i risultati del trial TOPAZ-1, proprio oggi aggiornati al'ESMO WCGIC 2022 di Barcellona.

Do-Youn Oh, et al. Durvalumab plus Gemcitabine and Cisplatin in Advanced Biliary Tract Cancer. N Engl J Med Evidence 2022. Published online June 1st, 2022. DOI:10.1056/EVIDoa2200015

Da oltre un decennio (trial ABC-02, Valle J, N Engl J Med 2010) nessuna sostanziale novità nel trattamento del tumore delle vie biliari, una malattia poco frequente ma con una prognosi infausta che si caratteriza per una OS mediana inferiore ai 12 mesi nella fase avanzata, con una chanche di sopravvivenza a 2 anni inferiore al 20%. Poi due grossi filoni di ricerca hanno rivoluzionato il panorama: da un lato la profilazione molecolare della malattia - ora raccomandata anche da uno statement ESMO - che permette di individuare target definiti druggable (mutazioni di BRAF, mutazioni di IDH1/2, mutazioni di BRAF, amplificazioni di HER2, fusioni di FGFR2,....), dall'altro la combinazione del trattamento antiblastico con i checkpoint inibitori.

In questo secondo gruppo si colloca lo studio TOPAZ-1, un trial di fase III randomizzato in doppio cieco, internazionale, nel quale pazienti con neoplasia avanzata o metastatica delle vie biliari erano selezionati per ricevere terapia standard (cisplatino e gemcitabina) con placebo ovvero durvalumab alla dose di 1500 mg ev ogni 3 settimane. La terapia, dopo i primi 8 cicli, proseguiva con il solo durvalumab di mantenimento in caso di risposta o SD. Endpoint primario dello studio era sopravvivenza overall; erano previsti una seri di endpoint secondari tra i  quali PFS con RECIST 1.1 stabilita dall'investigatore; ORR e durata della risposta, qualità della vita misurata con questionari validati EORTC QLQ-C30 e EORTC QLQ-BIL21, PFS e OS in base alla espressione di PD-L1, concentrazione sierica di durvalumab.

Il trial ha iniziato l'accrual nel 2019 per concluderlo nel 2021 ed è stato recentemente pubblicato su una nuova rivista digitale del gruppo NEJM (N Engl J Med Evidence), attenta alla ricerca globale che può cambiare la pratica clinica in patologie di nicchia.

Al momento del data cut-off si erano verificati il 58% di eventi nel braccio sperimentale vs il 66% in quello standard di sola chemioterapia.

L'endpoint primario dello studio è stato raggiunto pienamente: la sopravvivenza overall era significativamente prolungata nel braccio con durvalumab (median OS 12.8 mesi vs 11.5 mesi, HR 0.80, 95%CI 0.66-0.97, p=0.021). Interessanmte notare che la stima della differenza assoluta in termini di tasso di sopravvicvenza si amplificava nel tempo: 54% vs 48% a 12 mesi, 35.1% vs 25.6% a 18 mesi, 25% vs 10.5% a 2 anni.

In modo coerente - con alta coerenza interna dello studio - nel braccio sperimentale era anche migliore la PFS (HR 0.75) con un aumento assoluto di quasi 10% nel tasso di risposta (27% vs 18%). Inoltre, la qualità di vita dei pazienti non sembra impattata dal trattamento di combinazione e non si sono segnalati eventi di tossicità inattesa.

L'aggiornamento presentato ad ESMO WCGIC 2022 conferma i dati noti dalla prima analisi e dimostra che il beneficio non si modifica in dipendenza dalla localizzazione della neoplasia primitiva (intraepatico vs extraepatico vs colecisti).

Considerati i risultati del trial randomizzato TOPAZ-1 (oltre 680 pazienti) che ha dimostrato un vantaggio in OS, PFS e risposte per il trattamento sperimentale, lo studio propone la combinazione di durvalumab e chemioterapia come un possibile nuovo standard di trattamento. La company produttrice ha rapidamente avviato un programma per la fornitura del farmaco in attesa della presentazione del dossier con il possibile label delle Agenzie regolatorie. 

La combinazione di durvalumab e chemioterapia ha permesso un passo avanti dopo 10 anni di stallo nel trattamento dei pazienti (in particolare per quelli che non sono selezionabili per trattamenti target, circa il 60%) e sembra dare risoultato indipendentemente dalla localizzazione della malattia primitiva e dall'espressione del marcatore PD-L1.

Mentre si aspettano dati più maturi, interessante notare che, come spesso accade nei trial che hanno un braccio con immunoterapia, si vede una maggiore separazione delle curve: qualcuno direbbe che "the tail tells the tale". Sono anche in corso i trial Immunocheck e Keynote 966. Il secondo studio, un randomizzato che mira ad arruolare oltre 1.000 pazienti, mira a confermare se la combinazione tra immunoterapia (pembrolizumab) e chemioterapia standard sia migliore in efficacia.