Immunoterapia
Giovedì, 01 Febbraio 2018

Immunoterapia nei tumori del colon: l'evidenza aumenta

A cura di Giuseppe Aprile

Pubblicata la seconda parte dello studio CheckMate-142 in cui pazienti con neoplasia colorettale avanzata e pretrattata con instabilità dei microsatelliti ricevono immunoterapia. Nivolumab e ipilimumab, nello specifico. La promessa è mantenuta: attività notevole, poche tossicità, ma costi non trascurabili.

Overman MJ, et al. Durable clinical benefit with nivolumab plus ipilimumab in DNA Mismatch Repair-Deficient/Microsatellite Instability-High metastatic colorectal cancer. J Clin Oncol 2018, epub Jan 20

Ha ormai un paio di anni l'evidenza che l'immunoterapia sia un trattamento attivo e di beneficio in una selezionata categoria di pazienti con neoplasia gastrointestinale: i pazienti con instabilità dei microsatelliti (MSI-H) legata a un difetto nella riparazione dei danni al DNA (dMMR). Nei tumori del colon avanzati, queste neoplasie rappresentano il 5% circa, e sono usualmente caratterizzate da un alto infiltrato linfocitico, presentano molti antigeni tumorali e hanno una upregolazione dell'espressione di PD-1 e PD-L1.

Lo stuidio Checkmate-142, un trial di fase 2 non randomizzato con obiettivo primario il tasso di risposta determinato dagli investigatori, prevedeva l'inclusione di pazienti con adenocarcinoma colorettale metastatico pretrattato con almeno una linea di chemioterapia sistemica e MSI-H e il trattamento con nivolumab single-agent (3 mg/Kg ogni due settimane) ovvero nivolumab alla stessa dose combinato a ipilimumab (1 mg/Kg ogni 3 settimane). Il razionale della combinazione affonda solide radici negli studi di preclinica e nei risultati degli studi clinici condotti nel melanoma.

I dati della prima coorte dei pazienti inclusi nel trial ed esposti a solo ipilimumab sono già stati pubblicati (Overman MJ, et al. Nivolumab in patients with metastatic DNA mismatch repair-deficient or microsatellite instability-high colorectal cancer: an open-label, multicentre, phase 2 study. Lancet Oncol 2017) e naturalmente presentati su Oncotwitting.

I dati della seconda parte dello studio sono stati recentemente pubblicati sul Journal of Clinical Oncology.

La coorte sottoposta alla terapia di combinazione ha incluso 119 pazienti, con range di età compreso tra 21 e 88 anni, età mediana di 58 anni e ECOG PS 0-1. la metà dei pazienti circa erano metastatici alla diagnosi e nel 55% dei casi la localizzazione della neoplasia primitiva era il colon destro.

Interessante sottolineare che sebbene tra i criteri di inclusione fosse previsto aver ricevuto (e fallito) almeno una line adi terapia sistemica, il 76% dei pazienti avevano ricevuto almeno due linee di trattamento e il 40% almeno tre, testimoniando l'arruolamento di una popolazione molto pretrattata. Inoltre, la proporzione di pazienti BRAF mutati era prevedibilmente alta (25% circa): sappiamo infatti che un paziente BRAF mutato ogni 3 ha instabilità dei microsatelliti e, parallelamente, un paziente con MSI-H ogni tre risulta avere una neoplasia con mutazione di BRAF all'analisi molecolare.

La risposta obiettiva misurata dall'investigatore (endpoint primario della sperimentazione) è stata del 54.6% (95%CI 45.2-63.8), con un 3.4% di risposte complete; il dato è stato di poco ridimensionato dalla revisione centralizzata indipendente (ORR 49%).

Il controllo della malattia per almeno 3 mesi è stato raggiunto nell'80% dei pazienti trattati.

Il tasso di sopravvivenza overall a 12 mesi era del 85%, quello di sopravvivenza senza progressione allo stesso timepoint era del 70%.

La tossicità di grado 3-4 è stata nel complesso limitata, sebbene il 50% dei pazienti abbiano riferito effetti collaterali gastrointestinali lievi o moderati e il 20% dei pazienti astenia.

La combinazione di nivolumab e ipilimumab si conferma  essere un trattamento di provata attività (e asuspicabilmente efficacia) in questa popolazione selezionata di pazienti con neoplasia colorettale avanzata e instabilità microsatellitare (3-5% del totale), indipendenetemente dall'espressione di PD-L1 (tasso di risposta del 54% se PD-L1 >1% vs 52% se PD-L1 <1%); si rimane in attesa dei risultati dell'immunoterapia in pazienti non pretrattati.

Sebbene non sia possibile un confronto diretto a causa della assenza di randomizazzione, gli outcome della combinazione di immunoterapia sembrano essere superiori a quelli del trattamento con solo nivolumab.