Immunoterapia
Sabato, 21 Marzo 2020

La qualità di vita dei pazienti a distanza di anni dall’immunoterapia

A cura di Massimo Di Maio

Un’interessante analisi descrive la qualità di vita di pazienti con melanoma avanzato a distanza di tempo dalla fine del trattamento immunoterapico: nel complesso buona qualità di vita, ma attenzione a non trascurare i sintomi e le tossicità residue.

Mamoor M, Postow MA, Lavery JA, et al Quality of life in long-term survivors of advanced melanoma treated with checkpoint inhibitors. Journal for ImmunoTherapy of Cancer 2020;8:e000260. doi: 10.1136/jitc-2019-000260

Il trattamento del melanoma avanzato è stato letteralmente rivoluzionato, negli ultimi anni, dalla disponibilità di farmaci a bersaglio molecolare e di farmaci immunoterapici di nuova generazione.

Questi ultimi hanno evidenziato, nel melanoma prima ancora che nelle altre patologie oncologiche in cui sono efficaci, la possibilità di controllare a lungo la malattia, almeno in una minoranza di pazienti, consentendo di descrivere sopravvivenze a lungo termine (anni dalla diagnosi di malattia metastatica), che erano impensabili fino a qualche anno fa.

Tale risultato è sicuramente di elevato valore in sé, ma è anche interessante descrivere, oltre al prolungamento della sopravvivenza, anche la qualità di vita dei pazienti che, grazie al trattamento immunoterapico, sono vivi a distanza di tempo dall’inizio della terapia.

Negli studi clinici, la qualità di vita non è sempre descritta e, quando lo è, le analisi sono spesso concentrate sul periodo iniziale di trattamento, in cui viene fotografato il bilancio iniziale tra il controllo dei sintomi di malattia e l’eventuale impatto negativo delle tossicità. E’ altrettanto interessante, peraltro, descrivere la qualità di vita a lungo termine, in particolare in una popolazione trattata al di fuori delle sperimentazioni cliniche, vale a dire in un setting in cui, rispetto alla popolazione selezionata degli studi, le tossicità potrebbero essere maggiori e la qualità di vita più compromessa.

Gli autori dell’analisi recentemente pubblicata dal Journal for Immunotherapy of Cancer hanno descritto la qualità di vita a lungo termine, misurata mediante patient-reported outcomes, in una serie di pazienti con melanoma avanzato precedentemente sottoposti a terapia con inibitori di checkpoint immunitario, e off treatment al momento della compilazione dei questionari.

L’analisi è stata condotta tra febbraio ed agosto 2018, presso il Memorial Sloan Kettering Cancer Center, selezionando i pazienti che, nell’ambito di expanded access o della pratica clinica, avessero ricevuto un trattamento immunoterapico iniziato oltre 1 anno prima e già interrotto al momento dell’analisi.

I pazienti selezionati sono stati contattati e invitati a compilare, al telefono, o al computer o durante la visita in ospedale, alcuni questionari.

Gli strumenti impiegati erano:

  • EORTC C30 (European Organization for Research and Treatment of Cancer Quality of Life Questionnaire-Core 30);
  • EuroQOL;
  • Alcuni items estratti da PRO-CTCAE (Patient-Reported Outcomes version of the Common Terminology Criteria for Adverse Events)
  • Fatigue Severity Scale.
  • COST (Comprehensive Scale for Financial Toxicity): I dati di quest’ultimo questionario non sono presentati nella pubblicazione.

L’analisi ha incluso 90 pazienti, in trattamento da oltre 1 anno. Di 274 pazienti eleggibili, 107 avevano accettato di partecipare, e 90 erano eleggibili per l’analisi in quanto erano off-treatment (gli altri erano ancora in corso di trattamento).

Nel 53% dei casi, i pazienti erano stati trattati con ipilimumab + nivolumab, nel 41% dei casi erano stati invece trattati con pembrolizumab. Nella maggior parte dei casi (71%), si trattava di pazienti trattati con immunoterapia nella pratica clinica, al di fuori di sperimentazioni.

Il tempo mediano dall’inizio del trattamento con immunoterapia era pari a 40 mesi, e il tempo mediano dall’ultima dose ricevuta era pari a 28 mesi.
Il 28% dei pazienti ha riportato un certo grado di fatigue, più marcata nelle donne che negli uomini. L’incidenza di fatigue è risultata maggiore nei pazienti che, in corso di trattamento, avessero riportato tossicità endocrina (es. tiroidite). Il 12% dei pazienti ha riportato difficoltà nel sonno.

Percentuali non trascurabili di pazienti hanno riportato dolori articolari (17%) e dolori muscolari (12%).

Nel complesso, le scale funzionali hanno documentato un buon livello di funzione fisica, con buona o ottima qualità di vita globale, sebbene il 40% dei rispondenti abbia riportato qualche problema di ansia o depressione, e il 31% abbia riportato qualche grado di dolore o malessere.

I pazienti rispondenti al trattamento immunoterapico, a distanza di tempo dall’inizio del trattamento presentano una buona qualità di vita complessiva, per quanto la percentuale di pazienti che riporta qualche sintomo non sia del tutto trascurabile.

Va segnalata in particolare, come noto e come descritto anche in altri setting, la persistenza di fatigue in una percentuale rilevante di casi: tale sintomo, dalla genesi complessa e multifattoriale, può sicuramente compromettere la qualità di vita di chi ne soffre di più.

L’impiego di patient-reported outcomes si dimostra, anche in questo setting, un prezioso strumento per catturare i sintomi e la qualità di vita dei pazienti. Nel complesso i dati consentono agli autori di concludere che, in questo setting, l’impiego dell’immunoterapia ha consentito a molti pazienti non solo di vivere più a lungo ma anche di vivere con una buona qualità di vita. Peraltro, le tossicità e i sintomi a lungo termine sicuramente esistono e non vanno trascurate.