Immunoterapia
Venerdì, 28 Aprile 2017
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Tumore del fegato: verso una nuova era

A cura di Giuseppe Aprile

Dopo un decennio di delusioni, pubblicati i dati dell'immunoterapia nell'epatocarcinoma avanzato (studio CheckMate 040): una nuova strada verso il contenimento della malattia o una brillante speranza di lungosopravvivenza?

El-Khoueiry AB, et al. Nivolumab in patients with advanced hepatocellular carcinoma (CheckMate 040): an open-label, non-comparative, phase 1/2 dose escalation and expansion trial. Lancet 2017; Apr 20th, epub ahead of print

L'epatocarcinoma rappresenta la quinta neoplasia più frequente a livello planetario e la terza causa di morte tumore-relata; in Italia, ogni anno, si contano circa 14.000 nuovi casi, la maggior parte dei quali ad insorgenza su una precedente patologia cronica.

Dopo un decennio di cocenti sconfitte e delusioni nel trattamento della malattia avanzata, la ricerca ha fatto dei passi avanti con l'evidenza dell'efficacia di regorafenib (in pazienti che hanno fallito il trattamento di prima linea con sorafenib) e con lenvatinib (come alternativa al trattamento di prima linea).

Gli autori presentano sulle pagine di Lancet i risultati del programma CheckMate40, uno studio di fase I/II open-label non comparativo, con dose-escalation e coorti di espansione di nivolumab, inibitore di PD-1.

Il trial ha arruolato pazienti con epatocarcinoma avanzato e classe di Child-Pugh A (nella fase di dose escalation era ammessa anche la classe B se con 7 punti). In caso di concomitante infezione da virus HBV era prevista la terapia antivirale ed era ammessa precedente linea terapeutica con sorafenib (sia sospesa per progressione di malattia che per intolleranza). Il primary endpoint della fase di dose escalation erano safety e tollerabilità del trattamento; quello della fase di espansione era il tasso di risposte obiettive secondo criteri RECIST.

Lo studio prevedeva anche la compilazione di questionari validati per la valutazione della QOL.

In totale, sono stati trattati 262 pazienti (48 nella prima fase della sperimentazione clinica e altri 214 nella seconda fase).

Il trattamento con nivolumab si è confermato ben tollerato e con un profilo di sicurezza accettabile, la dose scelta come standard per la fase di espansione è stata di 3 mg/Kg.

Nella fase di espansione si è registrato un tasso di risposte obiettive del 20% con un controllo di malattia nel 65% dei casi (il tasso di controllo di malattia a sei mesi sfiorava il 40%, con una PFS mediana di 4 mesi circa). Pur senza pretesa di comparazione, va sottolineato che negli studi randomizzati di prima linea con sorafenib o di seconda linea con regorafenib, i tassi di rispsota obiettiva erano rispettivamente del 3% e del 7%.

Il tasso di sopravvivenza a 9 mesi era di circa il 75%, con une mediana di sopravvivenza non raggiunta al momento dell'analisi.

Interessante notare (anche a livello grafico) come si siano osservate delle ripsoste prolungate in tutti i sottogruppi di pazienti analizzati (pazienti pretrattati con sorafenib senza epatite virale; pazienti con epatopatia HBV-relata; pazienti con epatopatia HCV-relata).

I risultati dello studio CheckMate040 dimostrano come l'mmunoterapia sia diventata una strada percorribile anche nel carcinoma epatocellulare.

Mentre si attendono i risultati dei trial che confrontano in prima linea nivolumab vs sorafenib e in linea successiva pembrolizumab vs sola terapia di supporto, si prevedono importanti sviluppi futuri con nuove combinazioni e il potenziale utilizzo dei checkpoint inibitori anche in pazienti con funzione epatica maggiormente compromessa (per i quali è precluso l'utilizzo degli inibitori multitarget).