Immunoterapia
Sabato, 08 Giugno 2019

Primum, non nocere!

A cura di Massimo Di Maio

Uno degli aspetti più difficili della gestione dei pazienti in trattamento immunoterapico è la decisione di riprendere o meno la terapia dopo un evento avverso immuno-relato. Un’analisi francese ne suggerisce la fattibilità della ripresa, ma la cautela è d’obbligo

Simonaggio A, Michot JM, Voisin AL, et al. Evaluation of Readministration of Immune Checkpoint Inhibitors After Immune-Related Adverse Events in Patients With Cancer. JAMA Oncol. Published online June 06, 2019. doi:10.1001/jamaoncol.2019.1022

Negli ultimi anni, a seguito delle numerose indicazioni che i farmaci immunoterapici hanno ricevuto nel trattamento di vari tipi di tumori solidi, la maggior parte degli oncologi ha imparato a gestire gli immune checkpoint inhibitors nella pratica clinica.

Come noto, le tossicità immuno-relate riguardano solamente una minoranza dei pazienti trattati, ma il loro verificarsi può porre problemi nella gestione clinica. Uno dei dubbi riguarda l'opportunità di riprendere o meno un trattamento immunoterapico, una volta che l'evento avverso si sia risolto.

Gli autori francesi della pubblicazione di JAMA Oncology hanno preso retrospettivamente in considerazione 93 casi consecutivi di tossicità immuno-relata discussi in un board dedicato, il cosiddetto “Immunotox assessment board”, presso l'istituto Gustave Roussy di Parigi, tra il 2015 e il 2017.

Sono stati presi in considerazione i casi di pazienti che avessero avuto un evento avverso immuno-relato di grado 2 o superiore, allo scopo di descrivere l'incidenza di recidiva dell'evento avverso dopo rechallenge con il trattamento immunoterapico.

I pazienti sono stati divisi, retrospettivamente, in 2 gruppi:

  • il gruppo “rechallenge”, nel quale si era deciso di riprendere il trattamento precedentemente sospeso a causa della tossicità immuno-relata;
  • il gruppo “non-rechallenge”, nel quale si era deciso di NON riprendere il trattamento precedentemente sospeso a causa della tossicità immuno-relata.

I due gruppi sono stati confrontati per le principali caratteristiche e per l’outcome. Nel gruppo di pazienti sottoposti a rechallenge, è stata descritta la chance di sviluppare nuovo episodio di tossicità immuno-relata.

Nel complesso, avendo escluso i pazienti discussi nel board ma seguiti presso altri centri, oppure discussi prima dell’inizio del trattamento immunoterapico al solo scopo di valutare eventuali controindicazioni al trattamento, e avendo escluso anche i pazienti persi al follow-up, sono stati descritti 93 pazienti.

I pazienti erano stati discussi successivamente all’occorrenza di eventi avversi di grado 2 (46%), di grado 3 (39%) o di grado 4 (15%), eterogenei per tipologia: le tossicità più comuni erano la tossicità epatica, la tossicità cutanea, la polmonite, la colite o la tossicità articolare.

Naturalmente, la scelta di riprendere o meno il trattamento immunoterapico non era randomizzata, ma basata sulla decisione del board: 40 pazienti sono stati sottoposti a rechallenge, e 53 pazienti hanno invece interrotto definitivamente il trattamento.

I pazienti nei quali si era deciso di riproporre l'immunoterapia non erano significativamente differenti, rispetto ai pazienti nei quali il trattamento era stato definitivamente sospeso, né in termini di età, né di tempo alla comparsa dell'evento avverso rispetto all'inizio del trattamento, né in termini di severità dell'evento avverso, né in termini di uso di steroidi.

In particolare, il tempo mediano dall’inizio del trattamento alla comparsa dell’evento avverso era pari a 12 settimane nel gruppo di pazienti sottoposti a rechallenge e pari a 9.6 settimane nel gruppo di pazienti non sottoposti a rechallenge.

Gli eventi avversi erano stati di grado 2 e di grado 3-4, rispettivamente, in circa la metà dei casi, sia nel gruppo di pazienti sottoposti a rechallenge che nel gruppo di pazienti non sottoposti a rechallenge.

Dopo un follow-up mediano di 14 mesi, un evento avverso immuno-relato (uguale a quello iniziale oppure di altro tipo) è stato registrato in 22 pazienti (pari al 55% del totale dei pazienti ritrattati).
Mediamente, un tempo più precoce di insorgenza dell'evento avverso è risultato associato a un rischio maggiore di ricomparsa della tossicità dopo rechallenge.

Sulla base dei dati retrospettivi presentati nel lavoro, gli autori francesi aprono alla possibilità di riprendere il trattamento immunoterapico alla risoluzione della tossicità immuno-relata che ne aveva determinato la sospensione.

Va detto, naturalmente, che si tratta di un'analisi retrospettiva, non randomizzata, e quindi rappresenta un’evidenza di basso livello. In letteratura, negli anni recenti, si sono accumulate numerose segnalazioni di pazienti che, pur avendo interrotto il trattamento immunoterapico a causa della tossicità, hanno mantenuto un lungo controllo di malattia. Naturalmente la durata della risposta non è garantita, ma la possibilità che il controllo di malattia persista anche senza ulteriori infusioni di farmaco dovrebbe essere tenuto in considerazione, a fronte dei possibili rischi, quando si valutano i pro e i contro della ripresa del trattamento.

Nel lavoro francese, gli autori tentano un’analisi dell’outcome confrontando la sopravvivenza libera da progressione e la sopravvivenza globale del gruppo sottoposto a rechallenge rispetto al gruppo non sottoposto a rechallenge, ma i risultati sono poco utili, sia per l’esiguità della casistica, che per la natura retrospettiva, che per l’immaturità del follow-up.

Nel complesso, i risultati vanno interpretati (e soprattutto applicati) con estrema cautela. Gli autori stessi sottolineano che la tipologia di evento, oltre alla sua severità, deve necessariamente condizionare la possibilità di riprendere il trattamento: tossicità cardiache o neurologiche rappresentano, ovviamente, controindicazioni assolute alla ripresa, mentre una tossicità articolare, o cutanea, o comunque non pericolosa per la vita, può essere discussa caso per caso.

Prima regola, non nuocere!