Immunoterapia
Sabato, 11 Giugno 2022

L’immunoterapia e... le questioni di cuore

A cura di Massimo Di Maio

Un’analisi retrospettiva, condotta su migliaia di pazienti trattati con immunoterapia nell’ambito di sperimentazioni cliniche, definisce l’incidenza di eventi avversi cardiaci: si tratta di eventi rari, ma che meritano la giusta attenzione clinica ai fini di una diagnosi e un trattamento tempestivi.

Naqash AR, Moey MYY, Cherie Tan XW, Laharwal M, Hill V, Moka N, Finnigan S, Murray J, Johnson DB, Moslehi JJ, Sharon E. Major Adverse Cardiac Events With Immune Checkpoint Inhibitors: A Pooled Analysis of Trials Sponsored by the National Cancer Institute-Cancer Therapy Evaluation Program. J Clin Oncol. 2022 Jun 4:JCO2200369. doi: 10.1200/JCO.22.00369. Epub ahead of print. PMID: 35658474.

Nell’ampio spettro di tossicità potenzialmente associate all’impiego dell’immunoterapia, va ricordata la possiiblità di eventi avversi cardiaci, a volte anche severi.

Tali tossicità possono manifestarsi in forma di miocardite, di sindrome coronarica, di insufficienza cardiaca, di problemi pericardici, di aritmie, di arresto cardiaco, e possono essere di severità variabile.

L’esperienza accumulata in questi anni recenti di impiego dell’immunoterapia ci dice che questi eventi non sono frequenti, ma che l’attribuzione del nesso causale con il trattamento immunoterapico può essere difficile.

L’analisi pubblicata dal Journal of Clinical Oncology è stata condotta con lo scopo di descrivere l’incidenza di eventi avversi cardiaci in una serie di pazienti trattati con immunoterapia.

Si tratta di un’analisi retrospettiva, condotta analizzando il database degli studi clinici condotti, nel periodo compreso tra il giugno 2015 e il dicembre 2019, sotto la sponsorizzazione del National Cancer Institute statunitense.

Sono stati inclusi:

  • Pazienti trattati con farmaci antiPD1 o antiPDL1 in monoterapia
  • Pazienti trattati con farmaci antiPD1 o antiPDL1 in combinazione con farmaci antiCTLA4
  • Pazienti trattati con farmaci antiPD1 o antiPDL1 in combinazione con farmaci a bersaglio molecolare (inibitori di tirosino chinasi o antiVEGF).
  • Pazienti trattati con farmaci antiPD1 o antiPDL1 in combinazione con chemioterapia
  • Pazienti trattati con farmaci antiPD1 o antiPDL1 in combinazione con altri farmaci non appartenenti alle suddette categorie. 

L’analisi è stata condotta sui dati di 6925 pazienti complessivi, tutti trattati con un farmaco antiPD1 o antiPDL1, da solo o in combinazione. Di questi, 3354 (pari al 48%) aveva ricevuto tali farmaci come agenti singoli, mentre i rimanenti pazienti li avevano ricevuti in combinazione con un farmaco antiCTLA4 o con un farmaco a bersaglio molecolare.

In totale, sono stati registrati 40 casi di eventi avversi cardiaci maggiori, considerati correlati al trattamento, per una percentuale dello 0.6%. Di questi 40 casi, 31 (pari al 77.5%) erano di grado severo (maggiore o uguale a 3).

Quasi la metà di tali casi (18 su 40, pari al 45%) erano casi di miocardite.

In 26 casi su 40 (65%) l’evento cardiaco si è accompagnato a un interessamento immuno-relato di altri organi, e la percentuale di presenza concomitante di tossicità a carico di altri organi è risultata pari all’83% nei casi di miocardite (15 casi su 18).

Pur non raggiungendo la significatività statistica, l’incidenza di eventi avversi cardiaci maggiori è risultata più elevata nei pazienti che avevano ricevuto il farmaco immunoterapico in combinazione con un farmaco a bersaglio molecolare, rispetto ai pazienti che avevano ricevuto la combinazione di anti-PD1 e anti-CTLA4 (2.1% vs 0.9%, p=0.08).

L’incidenza di miocardite è risultata complessivamente maggiore nei pazienti trattati con una combinazione rispetto ai pazienti trattati con un agente singolo (0.36% rispetto a 0.15%, p=0.08).

4 dei 18 casi di miocardite sono risultati letali, e tutti i pazienti che erano deceduti per la miocardite avevano presentato una concomitante miosite.

Gli autori, commentando I dati sopra sintetizzati, sottolineano che la potenziale tossicità cardiaca del trattamento immunoterapico, pur essendo rara in termini assoluti, non va trascurata.

In particolare, I numeri dell’analisi suggeriscono che I problemi cardiaci possano essere più comuni nei pazienti che ricevono combinazioni di un farmaco immunoterapico con un farmaco a bersaglio molecolare.

Naturalmente i dati di tossicità vanno inquadrati nel contesto del rapporto beneficio / rischio di un trattamento. I rischi, numericamente contenuti, di sviluppare una tossicità cardiaca naturalmente non inficiano il valore complessivo dell’impiego dell’immunoterapia nelle indicazioni nelle quali ha dimostrato efficacia, ma è importante saper riconoscere l’eventuale insorgenza di un evento tossico cardiaco (sia che capiti “isolato” sia che risulti associato ad altre manifestazioni di tossicità immuno-mediata), allo scopo di garantire una gestione clinica tempestiva ed efficace.

Se l’evento tossico compare in pazienti caratterizzati da patologie concomitanti o comunque nell’ambito di un quadro clinico complesso, a volte può non essere facile e scontato riconoscere l’origine immuno-mediata. In alcuni casi l’evento a carico del cuore (sia esso una miocardite o altra manifestazione) si manifesta da solo, ma spesso si manifesta in combinazione con altre tossicità, che possono rendere più facile l’interpretazione della causalità.

L'analisi pubblicata su JCO ha i limiti di un'analisi retrospettiva, ma si basa su un database di molte migliaia di pazienti. L'attribuzione del nesso causale in alcuni casi è necessariamente discutibile.

Porre l'accento sulle tossicità di una terapia non vuol dire ridurne la considerazione dell'efficacia, ma fornire a chi deve impiegarla nella pratica clinica tutti gli strumenti necessari per una gestione più attenta e consapevole. 

Il dato rassicurante è che l'incidenza di tossicità cardiache severe si conferma rara, ma a maggior ragione bisogna saperla riconoscere.