Immunoterapia
Venerdì, 24 Settembre 2021

Melanoma uveale: un nuovo farmaco attiva la risposta immunitaria e impatta sulla sopravvivenza

A cura di Giuseppe Aprile

Tebentafusp. Questo è il nome di una proteina di fusione bispecifica mirata contro gp100 che stimola la risposta immunitaria tramite un dominio di legame per T-cell receptor ad alta affinità e un dominio per anti-CD3. Il risultato dello studio di fase III cambia la pratica clinica nel trattamento di una difficile patologia.

Nathan P, et al for the IMCgp100-202 Investigators. Overall Survival Benefit with Tebentafusp in Metastatic Uveal Melanoma. N Engl J Med. 2021 Sep 23;385(13):1196-1206

Il melanoma uveale, che rappresenta una piccola frazione di tutti i melanomi (5% circa), si distingue dal più classico melanoma cutaneo per avere differenti driver molecolari, un diverso microenvironment peritumorale e una scarsa risposta ai trattamenti sistemici. Anche l'immunoterapia - che ha riservato grandi successi nel trattamento del melanoma cutaneo, diventando uno standard di riferimento sia per il setting avanzato che nella terapia adiuvante - si è dimostrato poco utile nella terapia del melanoma uveale. In questa patologia, infatti, la mediana di sopravvivenza nella fase metastatica (il 50% dei pazienti sviluppano precocemente metastasi epatiche) rimane limitata a meno di un anno.

La ricerca ha portato al disegno e allo sviluppo di nuove proteine bispecifiche in grado di reindirizzare le cellule effettrici della risposta immunitaria a un target specifico, con una filosofia di base analoga a quella che ha sostenuto lo sviluppo delle CAR-T e delle CIK. Queste proteine hanno un T-cell receptor ad alta affinità che può ancorarsi ad ogni proteina, incluso gli antigeni intracellulari, che sia presentata come un complesso peptide-HLA sulla superficie cellulare. Le proteine di fusione con queste proprietà sono chiamate ImmTAC: immune-mobilizing monoclonal T-cell receptor against cancer.

Nel caso specifico, è stata sviluppata una proteina di fusione bispecifica che da un lato si lega ad alta affinità con il complesso HLA-A*02:01 TCR specifico per gp100 (antigene del melanoma) e dall'altro determina recruitment e attivazione di cellule T tramite il legame con CD3.

Il trial randomizato di fase III IMCgp100-202 confronta il trattamento sperimentale (tebentafusp) con una monoterapia a discrezione dell'investigatore (pembrolizumab, ipilimumab o dacarbazina). Era prevista tandom 2:1 e stratificazione per valore basale di LDH. Endpoint primario dello studio era la sopravvivenza overall.

Nel braccio sperimentale sono stati arruolati 252 pazienti, nel braccio standard 126 pazienti. la metà dei pazienti inclusi aveva lesioni a distanza limitate al fegato, un terzo circa un valore di LDH elevato al basale.

Nella popolazione ITT, la sopravvivenza overall a 12 mesi è stata del 73% nel braccio sperimentale vs 59% in quello standard (HR 0.51, 95%CI 0.37-0.71, p<0.001); in accordo a questo dato anche la probabilità di sopravvivenza senza progressione a sei mesi era aumentata per i pazienti che ricevevano tebentafusp (31% vs 19%, HR 0.73, 95%CI 0.58-0.94).

Gli effetti collaterali del trattamento sperimentale - relati al proprio meccabnismo di azione - includevano nei primi cicli di terapia eventi citochino mediati (a causa della attivazione di cellule effettrici T) ed eventi cutanei (motivati dalla presenza di melanociti gp100 positivi), con rash (83%), iperpiressia (75%) e prurito cutaneo (70%). In ogni caso, l'abbandono del trattamentoa  causa degli effetti avversi era infrequente (2%) e non si sono registrate morti tossiche.

I risultati del trial clinico determinano la superiorità della terapia innovativa vs un trattamento tradizionale (mortalità a 12 mesi rdotta del 50%), definendo una nuova frontiera di trattamento per il melanoma dell'uvea con metastasi a distanza.

Non essendoci uno standard di trattamento, è stato corretto confrontare tebentafusp con una terapia a scelta dell'investigatore.

Buona anche la tolleranza, con effetti collaterali frequenti ma complessivamente di intensità moderata ed effetto temporale limitato ai primi cicli di trattamento.

Con la tecnologia ImmTAC, l'utilizzo di una proteina di fusione bispecifica che dia il boost alla risposta immunitaria si presta all'applicazione anche ad altre neoplasie.