Immunoterapia
Sabato, 27 Novembre 2021

Qual è il miglior trattamento per il tumore del rene sarcomatoide?

A cura di Massimo Di Maio

In assenza di confronti testa a testa, una metanalisi “network” ha confrontato l’efficacia delle diverse combinazioni basate sull’impiego di immunoterapia nei pazienti con carcinoma del rene avanzato con componente sarcomatoide. Un’altra occasione per discutere i pregi e i limiti delle metanalisi network.

Buti S, Bersanelli M, Mazzaschi G, Cattrini C, Brunelli M, Di Maio M. Can we identify a preferred first-line strategy for sarcomatoid renal cell carcinoma? A network meta-analysis. Immunotherapy. 2021 Nov 22. doi: 10.2217/imt-2021-0157. Epub ahead of print. PMID: 34806404.

Negli ultimi anni, numerose combinazioni basate sull’impiego di immune checkpoint inhibitors hanno dimostrato efficacia come trattamento di prima linea dei pazienti affetti da tumore del rene avanzato. Ciascuna di queste combinazioni (pembrolizumab + axitinib, nivolumab + ipilimumab, avelumab + axitinib, atezolizumab + bevacizumab, nivolumab + cabozantinib) si è dimostrata superiore al sunitinib, che in quanto precedente standard è stato scelto come trattamento del braccio di controllo di tutti gli studi randomizzati, ma non esistono confronti testa a testa.

I tumori con componente sarcomatoide sono un sottogruppo caratterizzato mediamente da un comportamento biologico e clinico particolarmente aggressivo. Qual è il trattamento migliore per questi pazienti?Esistono differenze di efficacia tra le varie combinazioni che si propongono tutte come alternative efficaci in prima linea e che, almeno nei pazienti con tumore del rene avanzato a rischio intermedio e alto, hanno sicuramente preso il posto della monoterapia con inibitori di tirosino chinasi?

Allo scopo di rispondere a questo quesito, in assenza di confonti diretti, sono stati presi in considerazione i dati del sottogruppo di casi con componente sarcomatoide inseriti nei suddetti studi randomizzati.

Il braccio di controllo comune (sunitinib) consente di confrontare indirettamente le varie combinazioni con la metodologia della network meta-analysis.

Endpoint dell’analisi erano:

  • la sopravvivenza globale;
  • la sopravvivenza libera da progressione;
  • la risposta obiettiva.

Sono stati inclusi nell’analisi 5 studi randomizzati, per un totale di 569 casi con componente sarcomatoide (su un totale di 4409 pazienti con tumore del rene metastatico complessivamente inseriti nei 5 studi).

Per quanto riguarda la sopravvivenza globale, alcune combinazioni hanno dimostrato una superiorità significativa rispetto al sunitinib, specificamente nel sottogruppo di casi con componente sarcomatoide: nel dettaglio, nivolumab-cabozantinib (Hazard Ratio 0.36, intervallo di confidenza 0.17-0.78) e nivolumab-ipilimumab (Hazard Ratio 0.55, 95%CI, 0.33-0.91). Le altre combinazioni hanno comunque mostrato un beneficio rispetto al suntinib, senza raggiungere la significatività statistica: atezolizumab-bevacizumab (Hazard Ratio 0.64, 95%CI 0.41-1.00), pembrolizumab-axitinib (Hazard Ratio 0.58, 95%CI 0.21-1.60) e avelumab-axitinib (Hazard Ratio 0.78, 95%CI 0.35-1.73.

Nessuno dei confronti indiretti delle varie combinazioni tra di loro ha evidenziato una differenza statisticamente significativa. Peraltro, sulla base del P-Score (che consente una “classifica” dei trattamenti sulla base dei risultati osservati e dell’ampiezza dell’intervallo di confidenza), la combinazione di nivolumab e cabozantinib risulta quella associata con il punteggio migliore (P-Score 0.88) in termini di sopravvivenza globale, seguita da nivolumab-ipilimumab (P-Score 0.63), pembrolizumab-axitinib (P-Score 0.56), atezolizumab-bevacizumab (P-Score 0.50), e avelumab-axitinib (P-Score 0.34).

Per quanto riguarda la sopravvivenza libera da progressione, varie combinazioni hanno dimostrato un beneficio statisticamente significativo rispetto a sunitinib: nivolumab-cabozantinib (HR 0.42, 95%CI 0.23-0.75), atezolizumab-bevacizumab (HR 0.52, 95%CI 0.34-0.79), e nivolumab-ipilimumab (HR 0.61, 95%CI, 0.38-0.97). Anche pembrolizumab-axitinib (HR 0.54, 95%CI, 0.29-1.00) e avelumab-axitinib (HR 0.57, 95%CI, 0.32-1.01) hanno evidenziato una miglior PFS, pur non raggiungendo la significatività.

Il trattamento migliore in termini di P-Score per la PFS è risultato, come per la sopravvivenza globale, nivolumab-cabozantinib (0.81), seguito da atezolizumab-bevacizumab (0.62), pembrolizumab-axitinib (0.58), avelumab-axitinib (0.52), e nivolumab-ipilimumab (0.45). In ogni caso, nessuno dei confronti indiretti delle varie combinazioni tra di loro ha evidenziato una differenza statisticamente significativa.

Per quanto riguarda la proporzione di risposte obiettive, tutte le combinazioni hanno dimostrato superiorità, nei casi con componente sarcomatoide, rispetto al sunitinib, senza differenze significative nei confronti indiretti testa a testa. Nella classifica basata sul P-score, la miglior combinazione in termini di risposte èp risultata atezolizumab-bevacizumab (P-Score 0.80), seguita da nivolumab-ipilimumab (0.72), nivolumab-cabozantinib (0.63), avelumab-axitinib (0.44), e pembrolizumab-axitinib (0.41).

La metanalisi network consente di fare un confronto indiretto e anche una sorta di “classifica” dei trattamenti (un “ranking”), stimando quello che ha la maggior probabilità di essere il migliore. Questo - è bene ribadirlo - non corrisponde alla certezza di una sicura superiorità, ma ci suggerisce quale scegliere, in assenza di altri elementi decisivi nella scelta. In quest’ottica, la combinazione di nivolumab e cabozantinib “vince” la classifica, sia per il beneficio in sopravvivenza libera da progressione sia in sopravvivenza globale.

Non è la prima volta che su Oncotwitting commentiamo i risultati di una metanalisi network. Non è un caso, perché negli ultimi anni il numero di queste analisi è molto aumentato, e spesso (in assenza di confronti diretti tra vari trattamenti innovativi, tutti confrontati con il precedente standard ma non fra di loro) tali analisi rappresentano l’unica possibilità di formalizzare (anche in termini quantitativi) un confronto tra le diverse opzioni.

Che livello di evidenza offre un’analisi di questo tipo?
Qualche anno fa, nel documento prodotto sulle alternative per la medesima indicazione terapeutica, pubblicato anche su ESMO Open (https://www.aiom.it/considerazioni-sullequivalenza-terapeutica/), AIOM aveva espresso un giudizio prudente sulle metanalisi network:
"Le metanalisi “network”, a differenza delle metanalisi tradizionali, non si limitano a combinare i risultati di studi che abbiano confrontato direttamente un trattamento A vs. un trattamento B, ma confrontano risultati di due o più trattamenti, combinando studi che abbiano un braccio di trattamento comune. Dal punto di vista metodologico, tali metanalisi rappresentano uno strumento potenzialmente pericoloso, in quanto la loro conduzione (e la relativa pubblicazione) rischia di “rivestire” di oggettività e scientificità
confronti che in realtà restano molto deboli e scientificamente “grossolani”. In particolare, se una “network meta-analysis” combina Hazard Ratio (HR) da studi diversi, tali HR saranno fortemente condizionati dalla durata dell’arruolamento e del follow-up, ma anche dal meccanismo d’azione di un trattamento rispetto all’altro. In generale, quindi, è raccomandabile che i confronti indiretti, pur utili per generare ipotesi, non siano ricondotti a meri e strumentalizzabili esercizi meccanici, corretti sul piano “formale” ma di scarsa sostanza culturale.
I confronti indiretti devono rappresentare un esercizio di livello scientificamente più elevato, che integra competenze statistiche e cliniche, cercando di esaminare la distribuzione degli effetti dei vari trattamenti. Quindi, la differenza nella sopravvivenza mediana, la percentuale di soggetti vivi a un tempo specifico, l’Hazard Ratio possono essere insufficienti, specialmente se prese singolarmente, mentre sono necessarie valutazioni complessive. In generale, le metanalisi “network” dovrebbero servire come supporto, e non come strumento decisionale per sancire la superiorità di un trattamento piuttosto che un altro."

I suddetti limiti sono ancora maggiori in un caso come quello della metanalisi discussa oggi, dove il dato preso in considerazione è quello di un sottogruppo (quello dei casi con componente sarcomatoide), percentualmente limitato nei singoli studi analizzati.

Peraltro, in molte delle situazioni considerate è realistico prevedere che confronti diretti tra le alternative terapeutiche non saranno disponibili, almeno non nell’immediato. In tale situazione, pur dovendolo prendere con la dovuta cautela (non a caso gli autori hanno enfatizzato i limiti del metodo anche nelle conclusioni del lavoro), il risultato di una metanalisi network aiuta a orientarsi nelle scelte terapeutiche.