Immunoterapia
Sabato, 31 Marzo 2018

Rimanere a lungo in coda? E’ una fortuna!

A cura di Massimo Di Maio

Pubblicati i risultati ottenuti con nivolumab nel tumore del polmone avanzato con un lungo follow-up: la “coda” della curva di sopravvivenza ci conferma che essere vivi dopo 5 anni è una possibilità più concreta rispetto al passato, ma la strada è ancora lunga.

Gettinger S, Horn L, Jackman D, Spigel D, Antonia S, Hellmann M, Powderly J, Heist R, Sequist LV, Smith DC, Leming P, Geese WJ, Yoon D, Li A, Brahmer J. Five-Year Follow-Up of Nivolumab in Previously Treated Advanced Non-Small-Cell Lung Cancer: Results From the CA209-003 Study. J Clin Oncol. 2018 Mar 23:JCO2017770412. doi: 10.1200/JCO.2017.77.0412. [Epub ahead of print]

Sulla base di 2 studi randomizzati di fase III, che prevedevano il confronto tra nivolumab e docetaxel in pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule (non-small cell lung cancer, NSCLC) avanzato, rispettivamente nei pazienti con tumore squamoso e nei casi con tumore non squamoso, il nivolumab, anticorpo monoclonale anti-PD1, è oggi approvato per l’impiego nella pratica clinica, in pazienti che abbiano fallito un precedente trattamento con platino, indipendentemente dal livello di espressione di PDL1 a livello del tessuto tumorale.

L’analisi delle curve di sopravvivenza dei pazienti trattati con immunoterapia, non solo in questo contesto clinico ma anche in altri tumori avanzati, ha evidenziato una concreta probabilità di sopravvivenza a distanza di anni dall’inizio del trattamento, in una minoranza di pazienti. Tale probabilità, nel caso del tumore del polmone non a piccole cellule trattato con chemioterapia, era veramente molto bassa (tipicamente non superiore al 5%).

A distanza di anni dall’inizio della conduzione degli studi con nivolumab nel NSCLC avanzato, è ora possibile descrivere i dati con un follow-up di 5 anni. La recente pubblicazione sul Journal of Clinical Oncology descrive appunto il follow-up a 5 anni dello studio di fase 1 con nivolumab nel NSCLC avanzato, concentrandosi sulla descrizione dei casi lungo-sopravviventi.

Nello studio di fase 1, i pazienti ,affetti da NSCLC avanzato e pretrattato, avevano ricevuto nivolumab, alla dose di 1 oppure 3 oppure 10 mg/kg ogni 2 settimane, per un massimo di 96 settimane.

La sopravvivenza globale è stata calcolata con il metodo di Kaplan Meier, a partire dalla data della prima somministrazione di nivolumab.

L’analisi è stata condotta su un totale di 129 pazienti. La curva di Kaplan Meier descrive una sopravvivenza mediana sull’intera casistica pari a circa 10 mesi, con una probabilità di sopravvivenza a 5 anni pari al 16%, con una percentuale simile nei pazienti affetti da tumore squamoso (16%) e nei pazienti affetti da tumore non squamoso (15%).

La maggior parte dei 16 pazienti vivi a 5 anni (88%) erano fumatori oppure ex-fumatori. In 10 dei 16 casi era nota l’informazione relativa all’espressione di PDL1 a livello del tessuto tumorale: 7 casi su 10 (pari al 70%) avevano un’espressione di PDL1 pari o superiore all’1%.

12 dei 16 casi (pari al 75%) avevano ottenuto una risposta obiettiva, secondo i criteri RECIST, al trattamento con nivolumab. Dei rimanenti 4, 2 avevano ottenuto una stabilizzazione di malattia, e 2 una progressione di malattia.

Tra i 16 casi sopravvissuti a 5 anni, 9 avevano completato le 96 settimane previste per il trattamento con nivolumab. Altri 4 pazienti su 16 avevano interrotto il nivolumab prima del completamento delle 96 settimane, a causa dell’insorgenza di eventi avversi, e i rimanenti 3 avevano interrotto il nivolumab prima delle 96 settimane a causa di progressione di malattia.

Al momento dell’analisi, 12 pazienti sopravviventi a 5 anni su 16 (pari al 75%) erano ancora liberi da progressione di malattia dopo l’interruzione di nivolumab, e non avevano ricevuto ulteriori terapie antitumorali.

Sulla base dei risultati presentati, gli autori concludono che il nivolumab è associato , quando impiegato in pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule avanzato, ad una probabilità clinicamente non trascurabile (16%) di sopravvivenza a 5 anni.

Tale percentuale è sicuramente maggiore di quanto ci si aspettava, in questo setting, con i trattamenti precedentemente disponibili. In particolare, la chance di lungo-sopravvivenza con la chemioterapia era aneddotica, e non superiore al 5%. Questo ha portato alcuni commentatori a definire “quadruplicata” la chance di lungo-sopravvivenza grazie all’impiego dell’immunoterapia.

Peraltro, va sottolineato che la probabilità di sopravvivenza a distanza di anni rimane abbastanza modesta. Molto ci si aspetta dalla sperimentazione di nuove combinazioni, ed è probabile che, nel prossimo futuro, insieme con altri endpoint, la descrizione della chance di sopravvivenza a lungo termine possa diventare un dato sempre più impiegato nella discussione, con i pazienti, del risultato ottenibile con l’immunoterapia.

I dati appena pubblicati sul Journal of Clinical Oncology, che erano stati presentati nel 2017 al meeting AACR, sottolineano che non disponiamo ancora di fattori predittivi ottimali nella selezione dei pazienti per il trattamento con immunoterapia, per quanto il dato relativo all’espressione di PDL1 si riferisca ad un numero esiguo di casi.

Altro aspetto importante è il tema della durata del trattamento: nello studio di fase 1, il trattamento con nivolumab era interrotto dopo circa 2 anni, anche nei pazienti in risposta. I risultati dimostrano che, anche interrompendo il trattamento, molti pazienti rimanevano in risposta a lungo, a distanza di anni dopo l’interruzione, e questo pone il quesito della durata ottimale della terapia. Come affermato da Julie Brahmer, è ragionevole affermare che la durata del trattamento potrebbe essere ridotta in molti pazienti, anche se non siamo ancora in grado di identificare i pazienti che, avendo sviluppato un’adeguata memoria immunitaria, non hanno bisogno di proseguire indefinitamente il trattamento.