Immunoterapia
Martedì, 22 Maggio 2018

Immunoterapia antitumorale: quanto contano sesso e genere?

A cura di Fabio Puglisi

Sebbene siano riconosciute differenze tra i sessi in termini di risposta immunitaria, non è noto se esistano difformità riguardo al beneficio antitumorale da inibitori dei checkpoint immunologici. Una metanalisi ha messo insieme gli studi disponibili per rispondere al quesito.

Conforti F, et al. Cancer immunotherapy efficacy and patients' sex: a systematic review and meta-analysis. Lancet Oncol 2018 [Epub ahead of print]

Le differenze biologiche tra maschi e femmine (sesso) e le differenze comportamentali dell’essere maschio o femmina (genere) certamente includono anche variabili che interferiscono con la risposta immunitaria verso il self o il non-self.

In media, nel sesso femminile si osserva una maggiore risposta innata e adattiva rispetto a quanto si verifica negli uomini. Questo produce effetti favorevoli e sfavorevoli:

  • più rapida eliminazione di agenti patogeni (es. infezioni meno gravi e meno frequenti)
  • migliore risposta alle vaccinazioni
  • l'80% dei casi mondiali di malattie autoimmuni coinvolge il sesso femminile

Tali differenze verosimilmente riconoscono cause genetiche, ormonali, ambientali e inerenti la composizione del microbioma commensale.

Nell’analizzare la relazione tra patologia tumorale e sistema immune, si osservano differenze tra i sessi: il rischio di morte per tutte le cause oncologiche è circa due volte più elevato nei maschi rispetto alle femmine. Tali evidenze sono maggiori per patologie quali il melanoma e i carcinomi polmonari, laringei, esofagei e vescicali.
È lecito quindi ipotizzare una diversa risposta agli agenti antitumorali immunoterapici in base al sesso.
Una metanalisi ha messo insieme gli studi disponibili per rispondere al quesito.

Disegno dello studio: Revisione sistematica e metanalisi interrogando i seguenti database scientifici: PubMed, MEDLINE, Embase, e Scopus; aggiornamento della ricerca: novembre 2017.

Oggetto della ricerca: trial clinici randomizzati controllati su inibitori dei checkpoint immunologici (inibitori di PD-1, CTLA-4, o entrambi) che riportano i risultati in termini di hazard ratios (HRs) per morte e distinti per sesso del paziente.

Endpoint primario: valutare la differenza in efficacia degli inibitori dei checkpoint immunologici tra maschi e femmine, misurata come differenza riguardo all’overall survival log(HR) secondo quanto riportato nei maschi e nelle femmine delle popolazioni in studio.
È stato calcolato un HR pooled per overall survival e il 95% CI nei maschi e nelle femmine utilizzando un modello random-effects, valutando l’eterogeneità tra le due stime mediante test di interazione.

Fra i 7133 studi identificati, 20 sono risultati eleggibili riportando i risultati sugli inibitori di checkpoint immunologici (ipilimumab, tremelimumab, nivolumab, pembrolizumab) secondo i requisiti predefiniti.

In totale, 11351 pazienti con diagnosi di carcinoma avanzato o metastatico (7646 [67%] maschi e 3705 [33%] femmine) sono stato oggetto dell’analisi; i tumori più rappresentati erano il melanoma (3632 [32%]) e il carcinoma polmonare non a piccole cellule (3482 [31%]).

L’HR pooled per overall survival è risultato pari a 0.72 (95% CI 0.65–0.79) nei pazienti maschi trattati con inibitori dei checkpoint immunologici rispetto ai relativi controlli.
Fra i pazienti di sesso femminile, l’HR pooled per overall survival HR (trattate vs. controlli) è risultato pari a 0.86 (95% CI 0.79–0.93).

La differenza in efficacia tra maschi e femmine trattate con inibitori dei checkpoint immunologici è risultata statisticamente significativa (p=0.0019).

Lo studio fornisce la prima evidenza scientifica di una differenza tra maschi e femmine nel beneficio antitumorale da inibitori dei checkpoint immunologici.

L’entità del beneficio in termini di overall survival è maggiore nei maschi rispetto a quanto osservato per i pazienti di sesso femminile.
La differenza di efficacia tra i due sessi è indipendente da istotipo, linea di trattamento e tipo di farmaco somministrato.

Le implicazioni della metanalisi sono duplici, sia cliniche che di ricerca.

  • Nella valutazione del rapporto beneficio/rischio quale determinante delle scelte terapeutiche, il sesso dovrebbe essere tenuto in considerazione per la stima dell’efficacia relativa del trattamento.
  • Lo studio, inoltre, fornisce spunti per la ricerca che deve focalizzarsi sull’analisi delle differenze tra i sessi, incentivando una maggiore partecipazione delle donne ai trial clinici di immunoterapia.
    Stante il riscontro di tali diversità nell’efficacia, l’arruolamento negli studi di immunoterapia richiede una correzione per sesso al fine di ottenere un’evidenza non gravata da bias sia in termini di efficacia che di tossicità.