Immunoterapia
Lunedì, 13 Ottobre 2025

Sono utili i probiotici per i pazienti che ricevono immunoterapia?

A cura di Massimo Di Maio

Un’analisi dei dati individuali dei pazienti inclusi negli studi randomizzati che hanno testato l’efficacia di atezolizumab ha provato a valutare l’associazione tra l’esposizione ai probiotici e l’outcome, sia in chi riceveva antibiotici che in chi non li riceveva. Ovviamente, dato che l’impiego dei probiotici non era randomizzato ed era limitato a una minoranza dei casi, l’analisi ha degli importanti limiti metodologici.

Takada, Kazuki et al. Probiotic supplement exposure and outcomes of patients with non-small cell lung cancer treated with first-line atezolizumab therapy: Pooled analysis of individual patient data from five randomized control trials. Lung Cancer, 108787, October 10, 2025

Negli ultimi anni, la composizione del microbiota intestinale nei pazienti oncologici è stata sempre più oggetto di interesse e di attenzione per la sua potenziale rilevanza nell'efficacia dell’immunoterapia, con numerosi studi che hanno evidenziato l'associazione tra la prognosi dei pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule (non-small cell lung cancer, NSCLC) sottoposti a terapia con inibitori dei checkpoint immunitari (immune checkpoint inhibitors, ICI) e l'uso di farmaci che possono indurre cambiamenti qualitativi e quantitativi nel microbiota intestinale.

In questo scenario, i probiotici hanno ricevuto particolare attenzione, per il loro presunto ruolo nel migliorare il contesto delle comunità microbiche intestinali e diversi studi hanno suggerito un’associazione tra il loro uso e un miglior outcome.

In uno studio clinico prospettico, la somministrazione di un integratore batterico vivo è risultata associata a un miglioramento della sopravvivenza libera da progressione (progression-free survival, PFS) nei pazienti con carcinoma renale metastatico trattati con nivolumab più ipilimumab. Inoltre, alcuni studi osservazionali avevano dimostrato che, tra i pazienti con NSCLC avanzato trattati con monoterapia con anticorpi anti-PD-1, gli utilizzatori di probiotici avevano una prognosi migliore rispetto ai non utilizzatori. I probiotici possono contrastare l'impatto negativo degli antibiotici sulla risposta e sulla sopravvivenza dei pazienti.

Dati i risultati contrastanti degli studi, gli autori della metanalisi appena pubblicata da Lung Cancer hanno valutato se i probiotici esercitino realmente un effetto antibiotico-dipendente nei pazienti trattati con ICI come terapia di prima linea.

Nel dettaglio, hanno condotto un'analisi basata sui dati individuali dei pazienti di 5 studi (IMpower110, IMpower130, IMpower131, IMpower132 e IMpower150), vale a dire cinque studi clinici randomizzati controllati che hanno valutato l'efficacia della terapia di prima linea con atezolizumab nel NSCLC avanzato. L’analisi mirava a convalidare l'impatto prognostico differenziale dei probiotici nei pazienti con e senza esposizione agli antibiotici all'interno di questa popolazione.

Gli autori hanno valutato se l'esposizione all'integrazione probiotica influisse sulla PFS e sulla sopravvivenza globale (overall survival, OS) sia nei gruppi di pazienti trattati con atezolizumab che in quelli non trattati con atezolizumab. Le analisi sono state eseguite sulla popolazione complessiva e stratificate in base all'uso di antibiotici, con l'obiettivo di convalidare il ruolo prognostico differenziale dell'integrazione probiotica nei pazienti con e senza esposizione ad antibiotici, emerso da precedenti studi osservazionali.

È stato esaminato l'uso di integratori probiotici e antibiotici entro 42 giorni prima e dopo l'inizio del trattamento. Per evitare l’immortal time bias, i pazienti con un follow-up di sopravvivenza ≤42 giorni sono stati esclusi.

Su un totale di 3.600 pazienti, il 2,2% (80/3.600) è stato esposto a integratori probiotici, mentre il 30,2% (1.086/3.600) è stato esposto ad antibiotici.

L'uso di integratori probiotici non è risultato associato a differenze significative nella PFS o nella OS né nel gruppo trattato con atezolizumab né in quello non trattato con atezolizumab, né nella popolazione complessiva né nei sottogruppi stratificati in base all'esposizione agli antibiotici.

Inoltre, non è stata evidenziata un’interazione statisticamente significativa tra l'uso di integratori probiotici e la modalità di trattamento (atezolizumab vs. gruppo non trattato con immunoterapia), sia nei pazienti con esposizione agli antibiotici che nei pazienti che non li avevano ricevuti.

Sulla base dei risultati sopra sintetizzati, gli autori sottolineano che questo studio non è riuscito a evidenziare un'associazione significativa tra l'uso di integratori probiotici e l'outcome dell'immunoterapia antitumorale nei pazienti con e senza esposizione agli antibiotici.

Sebbene i risultati si basino su un'analisi integrata di cinque RCT, è opportuno evidenziare diverse limitazioni nell'interpretazione di questi risultati. In particolare, solo 80 partecipanti (il 2,2% della popolazione totale) utilizzavano integratori probiotici, inoltre circa il 70% di loro ha iniziato l'assunzione di integratori probiotici dopo l'inizio del trattamento e i tipi di probiotici utilizzati variavano ampiamente.

Come ricordato dagli autori in discussione, a differenza dei farmaci che richiedono obbligo di prescrizione, i probiotici sono spesso disponibili senza ricetta e possono essere auto-somministrati e, pertanto, anche nel contesto dei dati degli studi clinici, non si può presumere che tutti i pazienti ne segnalino costantemente e correttamente l'utilizzo.

Gli autori sottolineano quindi che, dato che solo il 2% dei pazienti aveva utilizzato integratori probiotici e che è stata riscontrata una notevole variabilità nei tipi di probiotici utilizzati, trattandosi di un'analisi post-hoc con una potenza statistica insufficiente, non è possibile trarre conclusioni definitive.

In conclusione, pur non essendo stata osservata in questo studio un'associazione significativa tra l'esposizione agli integratori probiotici e gli esiti dei pazienti in trattamento immunoterapico, gli autori suggeriscono che sono necessarie ulteriori indagini su un numero maggiore di casi esposti ai probiotici.