Immunoterapia
Giovedì, 19 Novembre 2020

Tumore gastrico: lancio del giavellotto o corsa a ostacoli?

A cura di Giuseppe Aprile

Pubblicati i risultati del JAVELIN Gastric 100. Trial randomizzato in cui si confronta il mantenimento con avelumab vs la prosecuzione della chemioterapia nei pazienti che ottenevano controllo di malattia dopo tre mesi di chemioterapia di induzione. 

Moehler M, et al. Phase III Trial of Avelumab Maintenance After First-Line Induction Chemotherapy Versus Continuation of Chemotherapy in Patients With Gastric Cancers: Results From JAVELIN Gastric 100. J Clin Oncol. 2020 Nov 16:JCO2000892. doi: 10.1200/JCO.20.00892. Epub ahead of print. 

La terapia ad oggi standard per il trattamento upfront di pazienti con neoplasia gastrica avanzata è la chemioterapia (si discute se doppietta o tripletta), eventualmente associata all'inibitore di HER2 in caso di HER2 positività.
 
Recenti dati suggeriscono un importante ruolo per l'utilizzo dell'immunoterapia in pazienti con carcinoma gastrico avanzato (Bonotto M, et al. Expert Rev Clin Pharmacol 2017).
Queste evidenze, studiate sia in terapia di linea successiva per pazienti molto pretrattati (ATTRACTION-02, KEYNOTE-012, KEYNOTE-059, KEYNOTE-061) che in terapia di prima linea (KEYNOTE-062, CHECKMATE 649, ATTRACTION-4), non hanno dato risultati sempre convincenti, anche per la difficoltà nel selezionare tramite biomarcatori i pazienti con maggiore chance di risposta. 
 
Nel 2018 è stato pubblicato il primo studio JAVELIN condotto nella patologia gastrica (Bang YJ, et al. Phase III, randomised trial of avelumab versus physician's choice of chemotherapy as third-line treatment of patients with advanced gastric or gastro-oesophageal junction cancer: primary analysis of JAVELIN Gastric 300 Ann Oncol 2018). In questo trial si confrontava in linea successiva un trattamento a scelta dell'investigatore /paclitaxel 80 mg/m2 settimanale; irinotecan 150 mg/m2 ogni due settimane ovvero BSC per chi non fosse candidato alla chemioterapia) vs avelumab, somministrato alla dose di 10 mg/kg ogni due settimane. Sebbene il PD-1 inibitore dimostrasse un buon profilo di safety, in questi pazienti non si è dimostrato più efficace della chemioterapia, con una simile sopravvivenza overall (4.6 vs 5 mesi, HR 1.1) e un egualmente basso tasso di risposte (2% vs 4%).
 
Certamente rimaneva lo spazio per testare il farmaco in una fase maggiormente precoce, dove il mantenimento con una nuova terapia potrebbe prendere spazio nella finestra terapeutica di trattamento dopo alcuni mesi di terapia di induzione. Seguendo la filosofia dell maintenance, gli autori hanno disegnato il JAVELIN Gastric 100, un trial di fase III globale che ha arruolato pazienti con neoplasia gastrica o della giunzione avanzata, HER2 negativa, con PS 0-1 secondo ECOG, randomizzando dopo 12 settimane di chemioterapia di prima linea standard (con platino e fluoropirimidina) a proseguire la chemioterapia vs passare a mantenimento con avelumab in caso di non progressione. Endpoint primario dello studio era la sopravvivenza overall, misurata dal momento della random sia nell'intera popolazione randomizzata che nei pazienti con malattia PD-L1 positiva (assay Dako 73-10, con positività di espressione superiore a 1% sulle cellule tumorali). Unico fattore di stratificazione era la provenienza geografica (Asiatico vs non). Il disegno statistico prevedeva un vantaggio in OS nell'intera popolazione randomizzata (di circa 4.5 mesi a favore del trattamento sperimentale), ma in corso d'opera è stato emendato ipotizzando una superiorità o nella ITT population o nella popolazione con PD-L1 positivo: PFS era invece endpoint secondario.
Dopo un iniziale assessment di quasi 1.300 pazienti, 805 sono stati inclusi nella fase di induzione ricevendo 12 settimane di chemioterapia. Al termine della fase di induzione, 500 pazienti - ben bilanciati tra i due bracci della sperimentazione - sono stati randomizzati ad avelumab vs prosecuzione della chemioterapia e i dati sono stati pubblicati con un follow-up mediano di circa due anni.
Da segnalare che l'espressione di PD-L1 era positiva in circa il 10% dei pazienti; il CPS score (22C3 assay) era positivo nel 30% circa dei pazienti. Il tasso di pazienti con instabilità microsatellitare nota, come atteso nel setting avanzato, era inferiore al 3% in entrambi i bracci di trattamento.
 
Nella popolazione generale, la sopravvivenza mediana è stata di 10.4 mesi nel braccio standard vs 10.9 mesi in quello sperimentale (HR 0.91, 95%CI 0.74-1.11) senza sostanziali differenze nel tasso di sopravvivenza a due anni (22% vs 15.5%) nè in quello delle risposte radiologiche iniziali (49% vs 51%) o in quelle valutate dopo il periodo di induzione (13% vs 14%), che consideravano una risposta addizionale o più profonda in chi aveva avuto RP o SD dopo l'induzione.
Anche nella popolazione con malattia PD-L1 positiva non si sono registrate differenze in OS mediana (HR 1.13, 95%CI 0.57-2.23). Nella analisi pre-pianificata per sottogruppi non si è riscontrato nessun gruppo in cui il trattamento sperimentale fosse superiore, generando ipotesi per un secondo studio più specificatamente focalizzato.

Quando trattiamo in prima linea pazienti con adenocarcinoma gastrico avanzato è necessario stabilire una strategia terapeutica, per sfruttare al meglio le opzioni terapeutiche disponibili.

Dopo 3-4 mesi di trattamento antiblastico, rimane affascinante la possibilità di sfruttare una finestra terapeutica in cui testare nuove molecole. Purtroppo, proprio in questo setting, lo studio JAVELIN Gastric 100 non ha raggiunto il suo endpoint primario e deve essere considerato un trial negativo. Il mantenimento con avelumab, quindi, non è superiore in efficacia alla prosecuzione della terapia né nella popolazione globale né in quella selezionata per espressione di PD-L1, sebbene la limitata prevalenza di pazienti con tumore PD-L1 positivo (circa 12%) riduca la potenza dell'analisi per OS in questo sottogruppo.

Certamente lo studio offre interessanti informazioni per il futuro dei trial che testano il mantenimento (si attendono i dati del trial ARMANI che propone una switch maintenance con paclitaxel e ramucirumab dopo tre mesi di terapia di prima linea con platino e fluoropirimidina), ma molti quesiti rimangono aperti: conviene proseguire la terapia avviata upfront, passare al mantenimento o anticipare una seconda linea? come selezionare i pazienti che possono beneficiare maggiormente dell'immunoterapia nella fase di mantenimento? come definire lo score migliore?