Immunoterapia
Sabato, 20 Aprile 2019

Tutto a tutti, e subito: chemioterapia + immunoterapia nel tumore del polmone.

A cura di Massimo Di Maio

Una metanalisi fa il punto sull’efficacia della combinazione di chemioterapia a base di platino e immune checkpoint inhibitors nel trattamento di prima linea del tumore del polmone NSCLC

Addeo A., Banna G.L., Metro G., Di Maio M. Chemotherapy in Combination With Immune Checkpoint Inhibitors for the First-Line Treatment of Patients With Advanced Non-small Cell Lung Cancer: A Systematic Review and Literature-Based Meta-Analysis . Frontiers in Oncology 2019; 9: 264. https://doi.org/10.3389/fonc.2019.00264

Da qualche anno, il trattamento di prima linea dei pazienti affetti da tumore del polmone non a piccole cellule (NSCLC) avanzato, in assenza di mutazioni che predispongano all’impiego di farmaci a bersaglio molecolare, viene scelto sulla base del livello di espressione di PDL1. Infatti, il pembrolizumab, in monoterapia, ha dimostrato superiorità rispetto alla chemioterapia a base di platino nei casi con PDL1 superiore al 50%. Negli altri casi, la chemioterapia rimane l’attuale standard di trattamento.

Basandosi sulla filosofia della combinazione invece che dell’alternativa, recentemente, numerosi studi hanno confrontato la chemioterapia a base di platino alla combinazione della medesima chemioterapia con un farmaco immune checkpoint inhibitor. L’ipotesi alla base di tali studi è che la combinazione possa migliorare l’efficacia rispetto alla chemioterapia da sola, non solo nei pazienti con elevata espressione di PDL1 ma in tutti i pazienti, anche quelli con livelli bassi di espressione.

In poco tempo, sono stati presentati a congressi internazionali e pubblicati su rivista numerosi studi dal disegno simile, differenti per la selezione dei pazienti (tutte le istologie, solo casi ad istologia squamosa, solo casi ad istologia non squamosa), per il farmaco immune checkpoint inhibitor impiegato, per lo schema di chemioterapia a base di platino impiegato.

Allo scopo di sintetizzare l’evidenza disponibile, è stata realizzata una metanalisi basata sui dati di letteratura. A tal fine, sono stati selezionati in PubMed tutti gli articoli pubblicati entro ottobre 2018, e sono stati anche inclusi gli studi presentati ai principali meeting internazionali.

Endpoint presi in considerazione sono stati:

  • la sopravvivenza globale (OS), espressa come hazard ratio e relativo intervallo di confidenza al 95%;
  • la sopravvivenza libera da progressione (PFS), espressa come hazard ratio e relativo intervallo di confidenza al 95%.

Analisi di sottogruppo, con valutazione dell’eterogeneità, sono state realizzate:

  • sulla base del tipo di farmaco immune checkpoint inhibitor impiegato;
  • sulla base del livello di espressione di PDL1 (assente, compreso tra 1 e 49%, uguale o superiore al 50%).

Complessivamente, sono stati identificati, ed inclusi nella metanalisi, 8 studi randomizzati, per un totale di 4646 pazienti affetti da tumore del polmone non a piccolo cellule avanzato. Nel dettaglio, 3314 pazienti (pari al 71% della popolazione complessiva) aveva un tumore ad istologia non squamosa, e 1332 (pari al 29% della popolazione complessiva) aveva un tumore ad istologia squamosa.

Gli studi eleggibili erano condotti con diversi immune checkpoint inhibitors: nel dettaglio, 4 con atezolizumab, 3 con pembrolizumab e 1 con nivolumab, rispettivamente corrispondenti a 2985 pazienti (64% della popolazione complessiva), 1298 pazienti (28%) e 363 pazienti (8%).

2978 pazienti sono stati inclusi nell’analisi relativa alla sopravvivenza globale, e 1740 pazienti sono stati inclusi nell’analisi relativa alla sopravvivenza libera da progressione.

Nella popolazione complessiva in studio, analizzata secondo il principio dell’intention to treat, l’analisi di sopravvivenza globale (basata su 4 studi per atezolizumab e 3 per pembrolizumab) ha documentato un prolungamento significativo con l’aggiunta dell’immunoterapia alla chemioterapia (hazard ratio 0.74, intervallo di confidenza al 85% 0.64 – 0.87, p= 0.0002). E’ stata documentata una significativa eterogeneità tra gli studi inclusi (I2 = 66%, p=0.005).

Nel dettaglio, sia l’aggiunta di atezolizumab che di pembrolizumab, considerati singolarmente, ha evidenziato un beneficio significativo in sopravvivenza globale:

  • per atezolizumab, hazard ratio 0.85, intervallo di confidenza al 95% 0.76 – 0.94;
  • per pembrolizumab, hazard ratio 0.56, intervallo di confidenza al 95% 0.46 – 0.67;

con un’eterogeneità statisticamente significativa tra i 2 farmaci.

Nei vari sottogruppi di pazienti sulla base dell’espressione di PDL1, l’aggiunta dell’immunoterapia ha determinato, in sopravvivenza globale:

  • un vantaggio statisticamente significativo nei casi con PDL1 assente, hazard ratio 0.78 (intervallo di confidenza al 95% 0.67 – 0.90), con hazard ratio pari a 0.83 per atezolizumab e 0.60 per pembrolizumab;
  • un vantaggio quantitativamente simile, ma non raggiungendo la significatività statistica, nei casi con PDL1 compreso tra 1% e 49%: hazard ratio 0.77 (intervallo di confidenza 0.55 – 1.07), con hazard ratio pari a 0.92 per atezolizumab e 0.56 per pembrolizumab;
  • un vantaggio statisticamente significativo nei casi con PDL1 maggiore del 50%: hazard ratio 0.61 (intervallo di confidenza 0.48 – 0.78), con hazard ratio pari a 0.70 per atezolizumab e 0.51 per pembrolizumab.

In termini di sopravvivenza libera da progressione, l’aggiunta dell’immunoterapia alla chemioterapia ha evidenziato un prolungamento statisticamente significativo sia nella popolazione complessiva che nei vari sottogruppi sulla base dell’espressione del PDL1:

  • nella popolazione complessiva, hazard ratio 0.61 (intervallo di confidenza al 95% 0.56–0.66), con hazard ratio pari a 0.64 per atezolizumab e 0.54 per pembrolizumab;

  • nei casi con PDL1 assente, hazard ratio 0.73 (intervallo di confidenza al 95% 0.66–0.82), con hazard ratio pari a 0.75 per atezolizumab, 0.63 per pembrolizumab, 0.74 per nivolumab);

  • nei casi con PDL1 compreso tra 1 e 49%, hazard ratio 0.63 (intervallo di confidenza al 95% 0.55–0.72), con hazard ratio pari a 0.66 per atezolizumab e 0.56 per pembrolizumab;

  • nei casi con PDL1 50% o maggiore, hazard ratio 0.43 (intervallo di confidenza al 95% 0.37–0.51), con hazard ratio pari a 0.45 per atezolizumab e 0.42 per pembrolizumab.

La metanalisi ha preso in considerazione tutti gli studi randomizzati che in questi ultimi anni si sono rapidamente susseguiti, modificando lo scenario delle evidenze relative al trattamento di prima linea dei pazienti con tumore del polmone NSCLC avanzato.

Come tutte le metanalisi di letteratura, il lavoro ha il limite di non aver considerato i dati individuali dei pazienti inseriti negli studi, limitandosi a lavorare sui dati disponibili per la popolazione generale e per i sottogruppi identificati sulla base dell’espressione di PDL1.

Nel sottogruppo di pazienti con PDL1 superiore al 50%, la combinazione di chemioterapia e immunoterapia si dimostra certamente più efficace rispetto alla chemioterapia da sola, ma va sottolineato che in tale gruppo di pazienti lo standard attuale è rappresentato dalla monoterapia con pembrolizumab, che pure si era dimostrata superiore alla chemioterapia (in alternativa, e non in aggiunta). Non esiste, ad oggi, un confronto diretto tra pembrolizumab in monoterapia e la combinazione di chemioterapia e immunoterapia.

Nei pazienti con PDL1 inferiore al 50%, i dati della metanalisi ribadiscono che la combinazione è associata a un beneficio significativo rispetto alla chemioterapia da sola, candidando tale strategia a rappresentare nel prossimo futuro un’opzione terapeutica per la maggior parte dei pazienti. L’evidenza di eterogeneità significativa tra gli studi va interpretata, naturalmente, con molta cautela, in quanto al momento non esiste alcuna prova di una differenza tra i vari farmaci antiPD-1 e antiPD-L1 in termini di efficacia. I vari studi differiscono per la maturità del followu-up, nonché per il tipo di test utilizzato per la valutazione del PD-L1, e questi fattori possono potenzialmente condizionare l’interpretazione del risultato.

L’edizione più recente delle linee guida AIOM relative al trattamento del tumore del polmone (2018) elenca i risultati ottenuti con gli studi randomizzati presi in considerazione in questa metanalisi, ma ricorda che, al momento, nei casi non oncogene-addicted, il trattamento standard rimane il pembrolizumab nei casi con espressione di PDL1 superiore al 50% e la chemioterapia negli altri casi.

Sulla base della dimostrazione di vantaggio in sopravvivenza globale e sopravvivenza libera da progressione, altre linee guida internazionali hanno già incorporato la combinazione di chemioterapia e immunoterapia nelle opzioni possibili per il trattamento di prima linea, ma è doveroso ricordare che tale inserimento crea, al momento, una dicotomia tra la raccomandazione e la fattibilità nella pratica clinica.