Miscellanea
Sabato, 25 Luglio 2015

3 + 3: l’operazione sembra facile, ma il risultato può essere sbagliato…

A cura di Massimo Di Maio

Gli studi di fase I sono tradizionalmente condotti con le classiche “triplette” di pazienti a dosi di farmaco crescenti. Ma tale disegno ha molti difetti: una review su Annals of Oncology ne analizza le lacune e prospetta un nuovo approccio metodologico.

Paoletti X, Ezzalfani M, Le Tourneau C. Statistical controversies in clinical research: requiem for the 3 + 3 design for phase I trials. Ann Oncol. 2015 Jun 18. pii: mdv266. [Epub ahead of print]

Gli studi di fase I hanno tradizionalmente lo scopo di identificare la dose raccomandata per i successivi studi con un farmaco o una combinazione. Nella maggior parte dei casi, la dose massima tollerata viene identificata con il cosiddetto disegno “3+3”, vale a dire trattando triplette di pazienti a dosi crescenti, finché il numero di pazienti con tossicità inaccettabile non impedisce un ulteriore incremento della dose.

In una review recentemente pubblicata su Annals of Oncology, Xavier Paoletti e colleghi passano in rassegna i limiti di questo approccio, ponendolo a confronto con il cosiddetto “continual reassessment method” (CRM), che prevede, in maniera più dinamica, l’assegnazione della dose al paziente successivo in base alla tossicità osservata fino a quel momento, allo scopo di identificare con maggior precisione, e possibilmente con un minor numero di pazienti, la dose ottimale.

L’accusa principale mossa da Paoletti e colleghi al classico disegno “3+3” è che tale metodologia non è sufficientemente flessibile per rispondere adeguatamente alle esigenze degli studi di fase I nell’era dei nuovi farmaci antitumorali.

I più importanti difetti del classico disegno 3+3 sono:

  • Troppi pazienti tendono a ricevere dosi troppo basse e probabilmente inefficaci;
  • L’incremento di dose può rivelarsi troppo lento, con un numero a volte non necessario di livelli di dose intermedi;
  • Il numero di pazienti trattati ad una dose vicina alla dose massima tollerata sono tendenzialmente pochi, e questo aumenta l’imprecisione nella definizione della tollerabilità.

Il metodo CRM (“continual reassessment method”) consiste nello stimare la probabilità di tossicità dose-limitante per ciascuna dose, e prevede sostanzialmente vari passaggi:

  • Il primo paziente (o il primo gruppetto) è trattato alla dose più bassa;
  • Si registra l’esito in termini di tossicità;
  • I dati vengono usati per creare un modello di relazione dose – tossicità;
  • Tale modello viene aggiornato con i dati di ciascun paziente successivo, fino al raggiungimento del criterio di interruzione.

Alcuni dei setting in cui è particolarmente problematica la conduzione degli studi di fase I secondo il classico schema sono:

  • Studi di combinazione tra chemioterapia e radioterapia: il periodo in cui possono verificarsi effetti collaterali dose-limitanti è nettamente più lungo rispetto al classico periodo di osservazione di 1 ciclo.
  • Farmaci con tossicità cumulativa: se un farmaco determina necessità di riduzione di dose, dopo pochi cicli, in una elevata percentuale di casi, la dose identificata basandosi sulla sola tossicità del ciclo 1 sarà sbagliata.
  • Studi di combinazione: i classici disegni di fase I consentono di testare solo un numero limitato (e predefinito in maniera arbitraria) di combinazioni di dosi.

Con i nuovi farmaci antitumorali, l’assunzione che “di più è meglio” non è necessariamente valida, e questo comporta l’inadeguatezza del classico disegno degli studi di fase I.

Gli studi di fase I "moderni" dovrebbero garantire, secondo Paoletti e colleghi, una più generale valutazione del rapporto tra rischi e benefici.

Il classico disegno “3 + 3” ha dimostrato di funzionare bene con i classici farmaci chemioterapici, dall’indice terapeutico molto limitato. Le metodologie “model-based” sono più flessibili rispetto al disegno classico.

Statistici e sperimentatori clinici, concludono gli autori, devono lavorare affiancati per condurre studi di successo.