Miscellanea
Giovedì, 29 Luglio 2021

Accesso venoso per pazienti oncologici: qual è la scelta migliore?

A cura di Giuseppe Aprile

Dopo la valutazione infermieristica del patrimonio venoso, spesso ci si trova di fronte alla scelta di posizionare un catetere centrale o periferico per pazienti con indicazione a ricevere un trattamento antiblastico sistemico. Quale tra le possibili opzioni è la migliore?

Moss JG, Wu O, Bodenham AR, Agarwal R, Menne TF, Jones BL, Heggie R, Hill S, Dixon-Hughes J, Soulis E, Germeni E, Dillon S, McCartney E; CAVA trial group. Central venous access devices for the delivery of systemic anticancer therapy (CAVA): a randomised controlled trial. Lancet 2021, Jul 20th.

Sebbene esistano svariate opzioni di trattamento somministrabili per via orale, spesso, nel corso della storia della malattia, i pazienti oncologici ricevono una terapia sistemica endovenosa o un trattamento parenterale di supporto. esistono varie indicazioni e flowchart decisionali riguardo alla scelta del più opportuno presidio, che generalmente considerano sia valutata la necessità di un accesso vascolare, definita la potenzialità del trattamento e stimata la durata della terapia. Molti ospedali italiani hanno dato importanza a questo argomento, costituendo dei veri e propri team dedicati in cui medici e personale infermieristico esperto nelò posizionamento di questi presidi assumono il controllo della situazione.

Ogni presidio ha dei vantaggi e degli svantaggi potenziali.

I cateteri venosi centrali a inserzione periferica (PICC) hanno guadagnato spazione negli ultimi anni e sono la formula prevalentemente utilizzata in Europa e negli USA, sono facilmente inseribili ed estraibili da un team infermieristico addestrato, possono essere posizionati per tempi di cura anche brevi, evitano il possibile rischio di pneumotorace e hanno costi ridotti. I cateteri venosi centrali tunnellizzati (es: Power o Multi-Lumen Hickman) richiedono una inserzione sottocutanea fino all'ingresso vascolare e sono di norma scelti per terapie di più lunga durata. I presidi impiantabili (IAP, PORT di varia dimensione e portata) sono più indaginosi nel posizionamento, hanno un costo maggiore, e sono scelti per terapie di lunga durata. Richiedo però una attenta manutenzione. La pandemia, limtando l'accesso dei pazienti in ospedale ha interferito anche in questo ambito, cioè nella necessità di scegliere la più opportuna modalità di manutenzione del presidio scelto. Una nota dell'AIOM suggerisce possibile il differire il lavaggio di manutenzione del PORT a 8-12 settimane.

Lo studio CAVA (Cancer and Venous Access) ha nel tipo di disegno il classico pragmatismo anglosassone. Si ttratta di un trial randomizzato open che compara i tre tipi di presidio (PICC, Hickman e PORT) con quattro differenti tipi di randomizzazione che potevano essere alla fine ricondotti a tre confronti: PORT vs PICC (confronto di superiorità con margine di superiorità 15%), PICC vs Hickman (confronto di non inferiorità con margine di non inferiorità 10%), PORT vs Hickman (confronto di superiorità con margine di superiorità 15%).

L'endpoint primario era il tasso di complicazioni (incluse infezioni - sospette o documentate microbiologicamente -, trombosi venose o embolia polmonare, necessità di rimozione del presidio, impossibilità di aspirazione, o problemi di tipo meccanico) che è stato monitorato fino alla rimozione o ad un anno di follow-up ed analizzato con una regressione logistica. Fattori di stratificazione erano il centro, il BMI del paziente, il tipo di neoplasia e di trattamento.

 

Lo studio, condotto in circa 5 anni, ha screenato quasi 3.000 soggetti e ne sono stati randomizzati oltre 1.000.

La maggior parte dei pazienti erano di origine caucasica (95%), con età mediana di circa 60 anni, equa distribuzione tra uomini e donne, e con un BMI compreso tra 20 e 30 nel 65% della casistica.

Riassumendo, i risultati, in termini di tasso di complicazioni, sono stati i seguenti:

PICC vs Hickman: 52% vs 49%; sebbene la differenza fosse inferire al 10% la non inferiorità non è stata statisticamente dimostrata (OR 1.15, 95%CI 0.78-1.71); nessuna differenza in QOL o preferenza.

PORT vs Hickman: 29% vs 43% (OR 0.54, 95%CI 0.37-0.77)

PORT vs PICC: 32% vs 47% (OR 0.52, 95%CI 0.33-0.83)

I pazienti per i quali è stato scelto il PORT riferivano di preferirlo, ancjhe per una migliore QoL.

Da notare che l'operatore principale differiva a seconda del confronto: la componente infermieristica era spesso coinvolta nel posizionamento dei PICC (70% circa dei casi), quella medica nel posizionamento dei PORT (85% dei casi).

Lo studio CAVA - pubblicato su pagine prestigiose di una rivista con altissimo IF - ha incluso 1.060 pazienti con neoplasia solida (circa il 90% dei soggetti) o ematologica, in oltre i due terzi dei casi con malattia metastatica.

I risultati del trial dimostrano che per pazienti candidati a terapia sistemica andrebbe scelto in prima istanza il presidio impiantabile con camera (PORT), che rispetto agli altri presidi dimezza il tasso di complicazione, impatta meno sulla qualità di vita del paziente, e con un costo normalizzato per settimana di utilizzo è anche meno dispendioso.

I risultati quindi, possono essere immediatamente trasferibili nella pratica clinica.