Miscellanea
Sabato, 20 Maggio 2023

Chi controlla il braccio di controllo?

A cura di Massimo Di Maio

Una percentuale limitata ma non trascurabile degli studi randomizzati di fase III recentemente pubblicati in ambito oncologico ha un braccio di controllo “problematico”, perché subottimale (sin dall’inizio dello studio o durante la sua conduzione). Questo aspetto non va trascurato nella lettura critica dei risultati.

Alessandro Rossi, Giacomo Aimar, Marco Audisio, Maristella Bungaro, Andrea Caglio, Raimondo Di Liello, Teresa Gamba, Piera Gargiulo, Eleonora Ghisoni, Pasquale Lombardi, Laura Marandino, Annapaola Mariniello, Chiara Paratore, Maria Lucia Reale, Federica Trastu, Valentina Tuninetti, Fabio Turco, Alessandra Fabi, Francesco Perrone and Massimo Di Maio. Analysis of the adequacy of control arms in oncology randomized clinical trials published between 2017 and 2021: a meta-research study, European Journal of Cancer, (2023) doi:https://doi.org/10.1016/j.ejca.2023.05.008

Gli studi randomizzati sono una fonte preziosa di evidenza. Lo studio randomizzato consente di stimare l’efficacia del trattamento sperimentale, confrontandolo con lo standard. E’ evidente che i pazienti assegnati dalla randomizzazione al braccio di controllo devono ricevere il miglior trattamento disponibile, allo scopo di definire il valore relativo del nuovo trattamento rispetto a quanto già esistente.

Se il braccio di controllo di uno studio randomizzato non prevede il miglior trattamento per quella specifica categoria di pazienti, questo da una parte rappresenta un problema dal punto di vista etico (in quanto configura un trattamento subottimale dei pazienti partecipanti allo studio e assegnati a quel braccio), e comporta anche un problema dal punto di vista metodologico (dal momento che rende difficile stimare il reale valore aggiunto del trattamento sperimentale e la sua collocazione nell’algoritmo terapeutico esistente.

In linea di principio, il braccio di controllo di uno studio può essere ritenuto subottimale sin dal principio della conduzione dello studio. Ad esempio, se uno studio randomizzato iniziasse oggi, volendo testare l’efficacia di un nuovo farmaco come trattamento di seconda linea per i pazienti affetti da un certo tipo di tumore, i pazienti assegnati al braccio di controllo possono essere trattati con placebo (o sola terapia di supporto) solo se non esiste alcun trattamento efficace per quella condizione. Se il trattamento esiste, ovviamente l’impiego del placebo rappresenterebbe un problema etico e metodologico.

In altri casi, può capitare che lo studio venga disegnato con un braccio di controllo corretto ma che, durante la conduzione dello studio, siano disponibili i risultati di efficacia di un altro trattamento che si dimostra superiore al precedente standard, di fatto rendendo problematica l’interpretazione dei risultati dello studio.

Con l’obiettivo di descrivere la frequenza di studi clinici randomizzati nei quali il braccio di controllo può essere considerato subottimale, è stata realizzata una revisione degli studi di fase III pubblicati in ambito oncologico nell’arco di 5 anni tra il 2017 ed il 2021. A questo scopo, è stato impiegato il database di studi impiegati per una precedente analisi, vale a dire studi che testassero trattamenti antitumorali attivi in pazienti con tumori solidi, pubblicati su una serie di 11 riviste selezionate.

L’adeguatezza del braccio di controllo è stata analizzata impiegando le linee guida internazionali e l’evidenza scientifica pubblicata sia al momento dell’inizio dello studio sia al momento del completamento dell’accrual.

Gli studi sono stati classificati in 3 categorie:

  • Studi con un braccio di controllo ottimale
  • Studi con un braccio di controllo subottimale dall’inizio (tipo 1)
  • Studi con un braccio di controllo ottimale all’inizio dell’accrual ma “sorpassato” in corso di svolgimento (tipo 2).

Nel complesso, sono stati inclusi nell’analisi 387 studi.

La proporzione di studi con un braccio di controllo subottimale è risultata pari a 11.1% (43 studi su 387). Nel dettaglio, 24 studi (6.2%) sono stati giudicati subottimali dall’inizio (tipo 1) e 19 studi (4.9%) sono stati giudicati subottimali in corso di svolgimento.

La proporzione di studi con braccio di controllo subottimale è risultata più elevata negli studi promossi dall’industria farmaceutica rispetto agli studi accademici. Nel dettaglio, la proporzione di studi con braccio di controllo subottimale dall’inizio è risultata pari al 9.3% vs 1.9% (p=0.003) e la proporzione di studi con braccio di controllo sorpassato in corso di svolgimento è risultata pari al 7.9% vs 0.6% (p= 0.001).

La presenza di un braccio di controllo giudicato subottimale è più elevata negli studi con un risultato positivo rispetto agli studi con una conclusione negativa. Nel dettaglio, la proporzione di studi con braccio di controllo subottimale dall’inizio è risultata pari a 8.1% vs 4.0% (p=0.09) e la proporzione di studi con braccio di controllo sorpassato in corso di svolgimento è risultata pari al 7.6% vs 1.7% (p=0.007).

Sulla base dei risultati sopra sintetizzati, gli autori sottolineano che il braccio di controllo degli studi randomizzati pubblicati in ambito oncologico è subottimale in una percentuale limitata ma non trascurabile dei casi.

Molti degli studi giudicati subottimali sono stati pubblicati su riviste con elevato impact factor e corrispondono a trattamenti successivamente approvati per l’impiego in pratica clinica e raccomandati dalle linee guida.

Naturalmente, il fatto che il braccio di controllo sia stato giudicato subottimale non vuol dire necessariamente mettere in dubbio l’efficacia del trattamento sperimentale, ma la stima di tale efficacia diventa problematica.

Alcune volte, la presenza di un braccio di controllo subottimale è favorita dal fatto che un eventuale altro trattamento dimostrato efficace in quel setting, pur avendo prodotto risultati noti alla comunità scientifica perché comunicati a congresso o già pubblicati, non è ancora disponibile nella pratica clinica in attesa dell’autorizzazione da parte delle autorità regolatorie. Questo è stato, ad esempio, il commento fatto a proposito della scelta di usare il placebo come braccio di controllo nello studio che testava il pazopanib come trattamento di prima linea dei pazienti con carcinoma renale, pur essendo già nota l’efficacia del sunitinib in quel setting. Di fatto, il sunitinib non era ancora disponibile nei paesi in cui lo studio venne condotto. Tuttavia, questa giustificazione non risolve i problemi metodologici: l’interpretazione dello studio diventa complicata, non essendoci il confronto diretto con il nuovo standard. Questa situazione si presenta spesso, specialmente nei setting in cui sono stati sviluppati, in contemporanea o a breve distanza di tempo, più farmaci per la medesima indicazione (es. diversi farmaci immunoterapici o diversi inibitori di tirosino-chinasi). Quasi sempre, ciascuno dei farmaci in questione produce risultati di confronto con il precedente standard, e mancano confronti diretti.

Altre volte, il braccio di controllo è subottimale alla luce dei trattamenti precedenti fatti o non fatti dai pazienti randomizzati nello studio. Tipico l’esempio degli studi condotti nel setting del carcinoma della prostata resistente alla castrazione: se pazienti che abbiano già ricevuto un farmaco ormonale di nuova generazione vengono randomizzati a un braccio di controllo con un altro farmaco ormonale (che avrà un’attività modesta), pur essendo eleggibili potenzialmente per una chemioterapia, è chiaro che il trattamento sperimentale si sia confrontato con un controllo meno efficace della miglior terapia disponibile.

Naturalmente, la definizione di subottimalità in qualche caso è discutibile, ma gli autori hanno provato a risolvere i casi dubbi interpellando esperti esterni su ciascuna specifica patologia. 

L’analisi pubblicata da European Journal of Cancer vuole far riflettere la comunità scientifica sull’importanza dell'adeguatezza del braccio di controllo degli studi randomizzati, per motivi etici e scientifici. Da una parte, il fatto che molti bracci di controllo siano “sorpassati” in corso di studio è un “effetto collaterale” del progresso e dell’innovazione che si sta verificando, per fortuna, in molti setting di malattia. D’altra parte, è indubbio che gli aspetti etici e metodologici che rendono problematica l’interpretazione di studi dal possibile impatto sulle decisioni regolatorie, sulle linee guida e sulla pratica clinica debbano essere discussi e tenuti in considerazione.