Miscellanea
Giovedì, 17 Marzo 2016

Dall'ASCO al fiasco: il 40% della ricerca oncologica non viene pubblicata

A cura di Giuseppe Aprile

Un'impietosa analisi nordamericana indaga sulla sorte degli abstract presentati al più importante congresso mondiale di oncologia (ASCO Annual Meeting). A 5 anni dalla presentazione dei dati, il 25% dei trial randomizzati rimangono unpublished. E la percentuale sale a quasi il 50% per quelli non randomizzati. La denuncia di Tito Fojo ricorda un documentario di Michael Moore.

Massey PR, et al. Assessing the Eventual Publication of Clinical Trial Abstracts Submitted to a Large Annual Oncology Meeting. Oncologist. 2016 Mar;21(3):261-8

E' noto vi sia un underreporting dei risultati dei trial clinici (Jones CW, et al. BMJ 2013), soprattutto se i risultati dello studio non sono positivi o se non vi è un supporto della azienda (Krzyzanowska MK, et al. JAMA 2003). Nonostante il gruppo di Ian Tannock avesse fornito delle indicazioni su come  migliorare il reporting dei trial clinici all'ASCO (Krzyzanowska MK, et al. J Clin Oncol 2004), dieci anni dopo non pare ci sia stato un significativo improvement.

Il gruppo indipendente nordamericano analizza quale sia la sorte degli abstract relativi a trial clinici randomizzati e non randomizzati presentati nel triennio 2009-2011 alla più importante e popolata kermesse di oncologia del pianeta (da 30 a 40.000 iscritti per anno) e verifica quanti di questi lavori siano stati pubblicati in extenso dopo 5 anni.

Con una ricerca ripetuta in Pubmed sia per autore che per tematica con opportune parole chiave, l'obiettivo primario dell'analisi era determinare il publication rate, quello secondario stabilire quali fossero le caratteristiche dei trial randomizzati e non randomizzati che favorivano la pubblicazione.

Sono stati valutati 1.075 abstract (378 relativi a trial randomizzati e 697 riguardanti studi clinici senza randomizzazione).

Publication rate a 5 anni dalla presentazione dei dati: 75% per i trial randomizzati; 54% per i trial non randomizzati (overall publication rate 61%).

I fattori che predicevano la futura pubblicazione per i trial randomizzati erano il numero elevato di soggetti inclusi (OR 1.23 [1.11-1.36], p<0.01] e una coauthorship dell'industria (OR 2.37, p=0.013) o di un gruppo cooperativo (OR 2.21, p=0.01).

I fattori che aumentavano la chance di pubblicazione per i trial non randomizzati erano ancora una volta la numerosità del sample-size (OR 1.64 [1.15-2.34], p=0.006) e il disegno di fase II (vs fase I).

Non vi era una differenza nella chance di pubblicazione per patologia né per area geografica.

Curioso il fatto che includere nel braccio sperimentale un agente sperimentale innovativo non aumentava la probabilità di pubblicazione né per gli studi randomizzati né per quelli non randomizzati.

 

Nonostante la dichiarazione di Helsinki espliciti sia un dovere etico riportare i risultati di un trial clinico, via sia una consapevolezza della comunità scientifica dell'importanza di conoscere i dati negativi (Unger JM, et al. JAMA Oncology 2016) e siano stati creati degli osservatori indipendenti per la registrazione dei trials (clinicaltrials.gov; https://eudract.ema.europa.eu/), il rate di publicazione in extenso rimane insoddisfacente.

La ricerca non è utile a nessuno se teniamo i risultati chiusi in un cassetto. Pubblicate, gente, pubblicate.