Miscellanea
Sabato, 23 Ottobre 2021

Diciamo no alla vita sedentaria, sì all’attività fisica!

A cura di Massimo Di Maio

Un discreto numero di tumori potrebbe essere evitato riducendo la sedentarietà e aumentando l’attività fisica. Un lavoro statunitense ci ricorda l’importanza dell’argomento, e le statistiche riportate nella nuova edizione de I numeri del cancro sottolineano che anche in Italia c’è ancora tanto da migliorare.

Adair K. Minihan, Alpa V. Patel, W. Dana Flanders, Ann Goding Sauer, Ahmedin Jemal, Farhad Islami. Proportion of Cancer Cases Attributable to Physical Inactivity by US State, 2013-2016. Medicine & Science in Sports & Exercise, 2021; Publish Ahead of Print DOI: 10.1249/MSS.0000000000002801

E’ noto che esiste una associazione tra inattività fisica ed aumentato rischio di sviluppare tumori. Tale associazione è stata dimostrata, a livello epidemiologico, in molti contesti geografici.

In questo scenario, gli autori dell’American Cancer Society hanno provato a stimare la frazione di tumori attribuibili all’inattività fisica, nell’intera popolazione statunitense e in ciascuno degli stati federati. In particolare, obiettivo dell’analisi pubblicata pochi giorni fa su Medicine & Science in Sports and Exercise, e ripresa dal popolare sito di divulgazione scientifica www.sciencedaily.com (https://www.sciencedaily.com/releases/2021/10/211014102027.htm), era il calcolo della frazione di tumori attribuibili all’inattività fisica tra i cittadini statunitensi di età superiore a 30 anni, nel periodo compreso tra il 2013 ed il 2016.

Oltre al dato complessivo, gli autori hanno calcolato il dato stato per stato, e per ciascun tipo di tumore primitivo.

L’informazione relative all’attività fisica auto-riferita dai cittadini è stata desunta da dati nazionali e per singolo stato, corretti per età, sesso e etnia (Behavioral Risk Factor Surveillance System a livello dei singoli stati, National Health and Nutrition Examination Survey a livello nazionale).

Di contro, l’informazione relativa all’incidenza di tumori specifica per età, per sesso e per singolo stato è stata ottenuta dall’US Cancer Statistics database.
Gli autori hanno quindi calcolato le stime di prevalenza di 8 categorie di attività fisica (espresse in termini di MET, metabolic equivalent task, a settimana), aggiustate per sesso, età e per ciascuno stato.

Basandosi sui rischi relativi di cancro, per ciascuna delle categorie di attività fisica, ricavati da una precedente pooled analysis internazionale, gli autori hanno quindi calcolato la frazione di tumori attribuibile all’inattività fisica, per il tumore dello stomaco, del rene, dell’esofago, del colon-retto, della vescica, della mammella e dell’utero.

Assumendo come soglia per l’attività fisica ottimale almeno 5 ore a settimana di attività moderata / intensa, equivalenti ad almeno 15 ore MET (metabolic equivalent task) a settimana, il 3.0% (intervallo di confidenza al 95% 2.9% - 3.0%) di tutti i nuovi casi di tumore, esclusi i tumori della pelle diversi dal melanoma, risultano attribuibili all’inattività fisica. In termini assoluti, questa percentuale corrisponde a 46356 casi attribuibili per anno, negli Stati Uniti.

In particolare, i casi prevenibili sarebbero numericamente di più nelle donne (numero stimato di casi evitabili negli USA 32089 all’anno) rispetto agli uomini (numero stimato di casi evitabili negli USA 14277 all’anno).

Analizzando i dati separatamente nei diversi stati americani, la frazione di tumori attribuibili all’inattività fisica andava dal 2.3% (95% CI 2.2%-2.5%) nello Utah al 3.7% (95% CI 3.4%-3.9%) nel Kentucky.

Analizzando i dati separatamente per tipo di tumore, la frazione di tumori attribuibili all’inattività fisica andava dal 3.9% (95% CI 3.6%-4.2%) per il tumore della vescica al 16.9% (95% CI 16.1%-17.7%) per il tumore dello stomaco. Nel dettaglio, potrebbe essere evitato il 16.9% dei tumori gastrici, l’11.9% dei tumori dell’endometrio, l’11.0% dei tumori del rene, il 9.3% dei tumori del colon, l’8.1% dei tumori dell’esofago, il 6.5% dei tumori della mammella femminile e il 3.9% dei tumori della vescica.

Gli autori sottolineano che la promozione dell’attività fisica, attraverso campagne di sensibilizzazione, potrebbe teoricamente prevenire molti casi di tumore. Nei soli Stati Uniti, più di 46000 casi ogni anno potrebbero essere evitati con un’attività fisica che rispettasse la soglia suggerita dalle raccomandazioni (5 ore a settimana di attività moderata-intensa).

Gli autori hanno provato a stimare le differenze tra diversi stati, evidenziando che la proporzione di casi potenzialmente evitabili con maggiore attività fisica è più elevata in alcuni stati (mediamente del Sud) e minore in altri. Evidentemente su queste differenze nei “margini” di guadagno in termini di casi evitabili pesano le diverse abitudini della popolazione in termini di sedentarietà e di attività fisica.

La ricerca, molto interessante, è stata guidata da Adair Minihan dell’American Cancer Society.

Naturalmente c’è da domandarsi quali siano le barriere all’attività fisica ottimale in tutta la popolazione. Tra esse, possiamo sicuramente annoverare, oltre all’eventuale pigrizia: la mancanza di tempo, dovuta a lunghi orari di lavoro, il costo dell’iscrizione in palestra (per coloro che preferiscono l’attività al chiuso e non all’aperto) nonché il costo dell’abbigliamento e attrezzatura necessari, l’assenza di spazi facilmente accessibili (per coloro che preferiscono l’attività all’aperto). Giustamente, gli autori sottolineano che alcune di queste barriere possono riguardare in particolare alcuni gruppi di popolazione più sfortunati dal punto di vista socio-economico.

Si tratta di un problema solo americano? Assolutamente no. Qualche giorno fa, il 20 ottobre 2021, è stata presentata a Roma la nuova edizione de I numeri del cancro in Italia (https://www.youtube.com/watch?v=NsuBbL8bZnI ).

Tra i numerosi dati contenuti nel volume, ci sono anche i dati, a cura di PASSI – Istituto Superiore di Sanità, relativi ad alcuni stili di vita della popolazione italiana, tra cui i dati relativi alla sedentarietà e all’esercizio fisico.

Secondo la definizione basata sulle attuali indicazioni dell’OMS, nella popolazione adulta residente in Italia il 48% può essere considerato “fisicamente attivo”, il 22.8% “parzialmente attivo”, ovvero svolge qualche attività fisica senza raggiungere i livelli raccomandati, e quasi una persona su tre (il 29.2%) è completamente “sedentario”. La sedentarietà è più frequente dopo i 50 anni (34,3%, IC95%: 33,8-34,8), ma prima di questa età coinvolge comunque 1 persona su 4; è più frequente fra le donne (32,7%; IC95%: 32,2-33,1%) rispetto agli uomini (25,6%, IC95%: 25,2-26,0%) e fra le persone con uno status socioeconomico più svantaggiato, per difficoltà economiche o basso livello di istruzione: è pari al 42,0% (IC95%: 40,9-43,0%) fra le persone che riferiscono di avere molte difficoltà economiche (vs 23,1%, IC95%: 22,7-23,5% di chi riferisce di non averne) e raggiunge il 49.0% (IC95%: 47,4-50,5) fra chi ha al più conseguito la licenza elementare mentre è del 24,8% fra i laureati (IC95%: 24,0-25,5%). Anche il gradiente geografico è molto chiaro e a sfavore delle regioni meridionali, dove la quota di sedentari raggiunge il 41% mentre coinvolge il 17% nelle regioni settentrionali.

Dal 2008 la sedentarietà nella popolazione adulta è andata aumentando, ovunque nel Paese ma in particolare nel Sud Italia, dove è passata da valori che sfioravano il 35% nel 2008 a valori che raggiungono quasi il 45% nel 2019. Anche nel resto del Paese si registra un aumento, meno rilevante ma statisticamente significativo, e, nelle regioni settentrionali che sembrano aver raggiunto una certa stabilità, la quota di sedentari è comunque la metà di quella che si osserva fra i residenti nel Sud Italia.

Gli autori dell’articolo americano commentano: " I nostri risultati sottolineano la necessità di incoraggiare l'attività fisica come mezzo di prevenzione del cancro e implementare interventi a livello individuale e comunitario, che affrontino le varie barriere comportamentali e socioeconomiche all'attività fisica ricreativa. Comprendere e ridurre le barriere comportamentali e socioeconomiche all'attività fisica è essenziale per ottimizzare le strategie di intervento rivolte ai gruppi a rischio in tutto il paese".