Miscellanea
Martedì, 26 Agosto 2014

Disintegrata l'anti-integrina.

A cura di Giuseppe Aprile

Più che uno scioglilingua iconoclasta, è il verdetto di uno studio randomizzato di fase III condotto per testare il beneficio della cilengitide, inibitore selettivo dell'integrina αvβ3 e αvβ5, in pazienti con glioblastoma MGMT metilato. 

Stupp R, et al. Cilengitide combined with standard treatment for patients with newly diagnosed glioblastoma with methylated MGMT promoter (CENTRIC EORTC 26071-22072 study): a multicentre, randomised, open-label, phase 3 trial. Lancet Oncol 2014, epub ahead of print Aug 20

Il trattamento standard del glioblastoma, il più aggressivo tra i tumori cerebrali, prevede l'opzione neurochirurgica seguita da radiochemioterapia concomitante a temozolomide ed un successivo trattamento con solo temozolomide. 

Le integrine comprendono un grande numero di molecole che mediano i segnali tra cellule normali (o neoplastiche) e la componente stromale. In particolare, le integrine αvβ3 e αvβ5 sono coinvolte nel processo di angiogenesi ed ancoraggio cellulare e risultano iperespresse nelle neoplasie cerebrali, mammarie, ovariche e pancreatiche.

Studi di fase I/II hanno dato segnali di attività e buona tolleranza per l'utilizzo della cilegitide, un inibitore selettivo dell'integrina αvβ3 e αvβ5 somministrato per via endovenosa, in pazienti con glioblastoma.

Con queste premesse, una collaborazione tra industria (Merck) ed Accademia (EORTC e consorzio canadese per i tumori cerebrali) ha disegnato e condotto lo studio CENTRIC, un trial di fase III randomizzato in meno di 3 anni 545 pazienti con glioblastoma con metilazione del promotore di MGMT a terapia standard +/- cilengitide somministrata alla dose di 2000 mg ev due volte a settimana. Il trattamento con il farmaco sperimentale era avviato una settimana prima dell'inizio della radioterapia e mantenuto sino al termine del trattamento adiuvante con sola temozolomide, in caso di tossicità la dose poteva essere ridotta fino a 500 mg.

Endpoint primario dello studio era la overall survical con una analisi ITT.

 

Dopo aver screenato quasi 3500 pazienti, 545 sono stati randomizzati a ricevere la terapia standard (273) o quella sperimentale (272). Il diagramma consort ha chiarito che la maggior parte dei pazienti esclusi dalla randomizzazione (2134) non avevano metilazione di MGMT o lo stato di metilazione non era stato determinato.

Evidenze di imaging metabolico supportavano il fatto che la cilengitide avesse raggiunto il bersaglio.

Sebbene il trattamento sperimentale fosse stato molto ben tollerato (nessuna tossicità aggiuntiva), la sopravvvivenza overall mediana non differiva nei due bracci di trattamento: 26.3 mesi nel braccio con cilegitide (95%CI 23.8-28.8) e 26.2 mesi nel braccio standard (23.9-34.7), HR 1.02, 95%CI 0.81-1.29, p=0.86.

Nella analisi con i forest plot prepianificata, nessun sottogruppo traeva beneficio dalla aggiunta della cilegitide.

Il risultato dello studio è chiaro: non vi è alcun beneficio dall'utilizzo di un inibitore dell'integrina nei tumori cerebrali.

Rimane da chiarire se questo flop in efficacia possa essere ascritto ad un insufficiente potere inibitorio del farmaco sperimentale considerata la complessità strutturale delle integrine, ad una insufficiente azione antiangiogenica quando venga utilizzato un dosaggio ridotto della cilengitide o piuttosto ad un problema farmacocinetico legato alla breve vita media del farmaco. 

Nelle more di ottenere maggiori dati a supporto dell'utilizzo degli antiangiogenici front-line in questa drammatica patologia, il capitolo sullo studio delle anti-integrine sembra definitivamente chiuso.