Miscellanea
Giovedì, 10 Dicembre 2015

Dolore oncologico moderato: oppioidi deboli o morfina a basse dosi?

A cura di Giuseppe Aprile

I tre gradini della scala WHO (1986) suggeriscono di utilizzare analgesici non oppioidi per il dolore di intensità lieve, oppioidi deboli per il dolore lieve-moderato, oppioidi forti per quello moderato-severo. E se provassimo a eliminare il piolo intermedio? 

Bandieri E, et al. Randomized Trial of Low-Dose Morphine Versus Weak Opioids in Moderate Cancer Pain. J Clin Oncol 2015, epub Dec 7th

Il dolore oncologico rimane un nodo irrisolto, sebbene l’attenzione internazionale a questo sintomo sia iniziata oltre 30 anni fa. Nonostante le linee guida WHO promulgate nel 1986 abbiano avuto l’enorme merito di sensibilizzare la comunità al punto specifico e di offrire una semplice indicazione operativa per il controllo antalgico nella pratica clinica quotidiana, la gestione ottimale del dolore oncologico rimane a oggi inadatta. Il dolore, infatti, è un sintomo sperimentato da oltre il 90% dei pazienti oncologici durante la traiettoria della malattia ed è ancora non adeguatamente trattato in circa la metà dei casi.

La scala antalgica proposta dall’OMS suggerisce di utilizzare nel caso di dolore moderato (NRS 4-6) una terapia con oppioidi minori, come codeina o tramadolo, eventualmente associati a un antidolorifico non oppioide, come il paracetamolo o i FANS. Alcuni studi hanno suggerito la possibilità di utilizzare direttamente un oppioide maggiore già in questa fase, ma il valore di studi è ridotto da bias di selezione e dalla debole consistenza interna.

Lo studio recentemente pubblicato ha randomizzato 240 pazienti con malattia avanzata (90% dei pazienti aveva neoplasia solida), KPS di almeno 60, aspettativa di vita di almeno 3 mesi, intensità del dolore NRS 4-6 di tipo viscerale, somatico o neuropatico, al braccio standard (oppiode debole) ovvero a quello sperimentale (morfina orale a basse dosi, con titration a 3 giorni). I pazienti erano monitorati settimanalmente nel mese successivo alla randomizzazione per seguire l’evoluzione dell’intensità algica (NRS), la presenza di sintomi correlati (con Edmonton Symptom Assessment System), le variazioni nel performance status (con scala KPS), la prosecuzione con la terapia assegnata ovvero lo switch, la modifica della dose del trattamento antalgico e gli eventuali effetti collaterali.

Endpoint primario dello studio era il numero di pazienti rispondenti al trattamento, dove un responder era definito il paziente con una riduzione di almeno il 20% nell’intensità del dolore misurata con scala numerica. L’analisi statistica avrebbe definito il trial positivo qualora il trattamento con morfina a basse dosi avesse prodotto un incremento assoluto della percentuale dei responders del 30% rispetto all’atteso (da 45% ad almeno il 75%).

I 118 pazienti randomizzati al braccio con oppioide maggiore a basse dosi hanno certamente avuto un miglior controllo antalgico rispetto ai 122 pazienti trattati con oppiode minore.

La percentuale dei pazienti con controllo antalgico soddisfacente a 28 giorni è stata 88.2% vs 57.7% (+30.5%, OR 6.18, 95%CI 3.12-12.24, p<0.001), ma il dato era evidente già dopo la prima settimana di trattamento (80.9% vs 43.6%).

Inoltre, l’utilizzo di morfina a basse dosi ha più frequentemente permesso di ottenere un controllo definito clinicamente rilevante (riduzione dell’intensità del dolore di almeno il 30%) o molto rilevante (riduzione del sintomo di almeno il 50%) (p<0.001) e la modifica terapeutica a causa di un inefficace controllo antalgico si è registrata più frequentemente nei pazienti trattati con oppioide debole. Entrambi i trattamenti antalgici sono stati ben tollerati: gli effetti collaterali hanno costretto all’interruzione del trattamento solo in 5 pazienti (3 vs 2).

Un plauso agli autori italiani, coadiuvati nella pubblicazione dall’oriundo Eduardo Bruera.

Lo studio, dimostrando il vantaggio in termini di controllo antalgico e un impatto positivo sul benessere psicofisico dell’anticipazione terapeutica con oppioidi maggiori, da un’evidenza scientifica a quanto gli oncologi già fanno nella pratica clinica, iniziando precocemente un trattamento con morfina a basse dosi nel paziente con neoplasia avanzata e dolore di intensità moderata.

Non è tuttavia chiaro se il vantaggio in controllo antalgico sia in parte attribuibile a una migliore titolazione farmacologica nel braccio sperimentale e rimane ora da stabilire quale sia il miglior oppiode forte da utilizzare e a quali dosi minime, considerata la vasta scelta a disposizione (morfina, ossicodone, fentanile, buprenorfina, metadone)