Miscellanea
Sabato, 23 Maggio 2020

Emesi e qualità di vita nei pazienti oncologici: ancora dati a sostegno dell’olanzapina.

A cura di Massimo Di Maio

L’olanzapina ha già dimostrato efficacia nella profilassi dell’emesi indotta da chemioterapia. Uno studio pilota suggerisce che sia efficace, nei pazienti oncologici, anche nel trattare la nausea e il vomito legati ad altre cause.

Navari RM, Pywell CM, Le-Rademacher JG, et al. Olanzapine for the Treatment of Advanced Cancer–Related Chronic Nausea and/or Vomiting: A Randomized Pilot Trial. JAMA Oncol. Published online May 07, 2020. doi:10.1001/jamaoncol.2020.1052

La nausea e il vomito sono tra i sintomi che, nei pazienti oncologici, possono compromettere maggiormente la qualità di vita. In molti casi, nausea e vomito sono indotti dalla chemioterapia, e la maggior parte degli studi sull’argomento hanno valutato i trattamenti farmacologici ottimali come profilassi dell’emesi indotta da chemioterapia. Peraltro, in qualche caso, le cause scatenanti l’emesi sono diverse.

L'olanzapina è un farmaco antipsicotico normalmente utilizzato nel trattamento della schizofrenia, ed è stato studiato da vari anni per le sue proprietà antiemetiche. Vari studi, anche randomizzati, hanno già documentato una buona efficacia nel ridurre il rischio di emesi da chemioterapia, ma l’impiego del farmaco, alla dose inizialmente testata di 10 mg, è risultato caratterizzato da un’incidenza non trascurabile di sedazione. La dose di 5 mg si è rivelata molto meglio tollerata.

Evidenze molto più scarse esistono sul trattamento dell’emesi quando non è un effetto collaterale della chemioterapia. Lo studio pilota pubblicato su JAMA Oncology, condotto per valutare l’efficacia dell’olanzapina nel trattare la nausea e il vomito persistenti, non associati alla chemioterapia, era disegnato come studio randomizzato, controllato con placebo.

Lo studio prevedeva l’inclusione di pazienti oncologici, con nausea e vomito persistente nonostante non avessero ricevuto chemioterapia o radioterapia nei precedenti 14 giorni. In particolare, la nausea doveva essere cronica, persistente per almeno 1 settimana, con il peggior punteggio riportato in ciascun giorno pari ad almeno 3 su 10.

I pazienti assegnati al braccio sperimentale hanno ricevuto olanzapina, 1 volta al giorno, alla dose di 5 mg, per 7 giorni. I pazienti assegnati al braccio di controllo hanno ricevuto placebo per 7 giorni.

Lo studio prevedeva la raccolta di patient-reported outcomes al basale e quotidianamente per sette giorni.

L’endpoint primario era il cambiamento nel punteggio di nausea al giorno 7 rispetto al basale.

Lo studio ha visto la randomizzazione di 30 pazienti, 15 per braccio: 16 erano donne e 14 uomini, con un’età media di 63 anni (range compreso tra 39 e 79).

Al momento della randomizzazione, I pazienti soffrivano di elevati livelli di nausea, con un punteggio basale mediano di 9 su 10 (range compreso tra 8 e 10).

Dopo 1 giorno, il punteggio mediano relativo alla nausea era pari a 9 su 10 (range compreso tra 8 e 10) nel gruppo di pazienti assegnati al placebo, rispetto a un punteggio mediano relativo alla nausea pari a 2 su 10 (range compreso tra 2 e 3) nel gruppo di pazienti assegnati all’olanzapina.

Dopo 1 settimana, il punteggio mediano relativo alla nausea era pari a 9 su 10 (range compreso tra 8 e 10) nel gruppo di pazienti assegnati al placebo, rispetto a un punteggio mediano relativo alla nausea pari a 1 su 10 (range compreso tra 0 e 3) nel gruppo di pazienti assegnati all’olanzapina.

Tale differenza corrisponde a una riduzione nel gruppo di pazienti assegnati all’olanzapina maggiore di 8 punti (intervallo di confidenza al 95%, 7-8) rispetto al placebo. Questa differenza è statisticamente significativa (p value <0.001).

Il braccio sperimentale ha riportato anche un numero di episodi di vomito significativamente migliore rispetto al braccio di controllo.

L’analisi dei patient-reported outcomes ha evidenziato minore impiego di farmaci antiemetici, miglior appetito e miglior benessere nei pazienti assegnati al braccio di trattamento con olanzapina. Il trattamento è stato complessivamente ben tollerato, senza eccesso di sedazione nel gruppo di pazienti trattato con olanzapina.

Sulla base dei risultati sopra riportati, gli autori concludono che l’olanzapina, alla dose di 5 mg al giorno, si dimostra efficace nel controllare la nausea e il vomito dei pazienti oncologici, migliorando la loro qualità di vita.

Lo studio è stato condotto su un piccolo numero di pazienti, solamente 15 per braccio. Peraltro, l’ipotesi era che l’olanzapina potesse essere associata a un beneficio molto rilevante nel controllo dell’emesi, e quindi il dimensionamento del campione era piccolo, coerentemente con questa ipotesi. Gli autori riconoscono comunque il piccolo numero di pazienti randomizzati come uno dei limiti della sperimentazione.

Le attuali linee guida raccomandano l’olanzapina come possibile opzione nella profilassi dell’emesi da farmaci chemioterapici ad elevato potenziale emetogeno, nonché come terapia di salvataggio nei pazienti che soffrano di nausea e vomito nonostante la profilassi ottimale. Lo studio di Navari e colleghi aggiunge un’evidenza a sostegno dell’impiego del farmaco, alla dose “ben tollerata” di 5 mg al giorno, anche nella gestione dell’emesi da cause diverse.

Il protocollo era disegnato per testare l’efficacia dell’olanzapina nei 7 giorni successivi all’inizio del trattamento, ma alla fine del periodo oggetto di studio l’assegnazione a olanzapina o placebo veniva rivelata, lasciando la possibilità ai pazienti nel braccio sperimentale di continuare con olanzapina, e ai pazienti assegnati al placebo la possibilità di assumere il farmaco sperimentale. I pazienti del braccio sperimentale hanno quindi continuato ad assumere olanzapina e, anche se i risultati non sono dettagliati nel lavoro, hanno mantenuto un buon controllo dell’emesi senza rilevanti effetti collaterali.